Pubblicato il 26/11/2018
CULTURA
ph. Il Sette e Mezzo

“Le più fortunate” di J. Pachico: la Colombia come un puzzle - VIDEO



Il libro, edito dalla SUR, è stato presentato dall’autrice sabato 24 novembre presso la Libreria Dovilio di Caltagirone, nell’ambito della Rassegna “Scrittori strettamente sorvegliati”. Si conferma l’alto livello della proposta culturale della Rassegna, che non è nuova a incursioni nel panorama letterario internazionale, ed è molto apprezzata dal pubblico dei lettori, a cui si offre, senza inseguire le mode del momento, un piatto di prima scelta, mai banale né scontato.

di Giacomo Belvedere

Non è propriamente un romanzo e nemmeno una raccolta di racconti, piuttosto un romanzo- puzzle che ti spiazza e ti intriga. Parliamo di Le più fortunateil romanzo d’esordio di Julianne Pachico, giovane autrice colombiana, nata a Cambridge, in Inghilterra, ma cresciuta a Cali, in Colombia.  Il libro, edito dalla SUR, è stato presentato dall’autrice sabato 24 novembre presso la Libreria Dovilio di Caltagirone, nell’ambito della Rassegna “Scrittori strettamente sorvegliati”. Si conferma l’alto livello della proposta culturale della Rassegna, che non è nuova a incursioni nel panorama letterario internazionale, ed è molto apprezzata dal pubblico dei lettori, a cui si offre, senza inseguire le mode del momento, un piatto di prima scelta, mai banale né scontato.

Ha conversato con l’autrice Martina Testa, editor e traduttrice, che ha al suo attivo quasi cinquanta libri dall’inglese all’italiano, con una predilezione per la letteratura nordamericana contemporanea: si tratta di David Foster Wallace, Cormac McCarthy, Jonathan Lethem, Jennifer Egan, Kurt Vonnegut, nomi da far tremare le vene e i polsi a qualunque traduttore. Ha fatto da interprete Anna Lo Mastro.


UN ROMANZO PUZZLE - Un romanzo sui generis, s’è detto, che lega a sé il lettore, chiamato a intervenire attivamente per ricostruire i pezzi del puzzle. Non è un romanzo, in quanto ogni capitolo costituisce un racconto, che potrebbe anche essere letto a sé; ma non è nemmeno una raccolta di 11 racconti, come il lettore sarebbe portato a credere inizialmente. Proseguendo nella lettura, si comprende che il meccanismo narrativo è costruito ad incastro: in ogni racconto appaiono personaggi dei racconti precedenti o si hanno informazioni su di loro, che illuminano la lettura dei capitoli già letti e ne danno una chiave interpretativa ulteriore. Pertanto i racconti vanno letti necessariamente nella sequenza decisa dall’autrice. Una sequenza che tuttavia non è affatto cronologica, pur avendo una sua ferrea e logica sintassi narrativa.


UN CALEIDOSCOPIO DI VOCI NARRANTI - Va aggiunto, inoltre, che in ogni racconto muta la voce narrante, a volte esterna, altre interna, e il punto di vista dei personaggi, non sempre umani, come nel racconto Coniglio tossico, in cui il narratore autiodiegetico è un coniglio cocainomane, che tenta di sopravvivere in una comunità che si cannibalizza per crisi  di astinenza e in cui gli umani sono solo il ricordo nostalgico di un tempo che fu.  Non vi è dunque un personaggio chiave che accentra su di sé la narrazione. Non lo sono, in assoluto, nemmeno le “più fortunate”, il gruppo di ragazze delle classi agiate che frequentano la stessa scuola elementare, attorno alle  cui vicende ruota la maggior parte dei filoni narrativi, che sono l’io narrante collettivo nel racconto Il parco delle tigri siberiane. Sono Penelope, Stephanie, Katrina, la Flaca, Betsy, Mariela. Più fortunate, ma non per questo al riparo dalla violenza che imperversa dintorno. Penelope morirà per lo scoppio di una bomba piazzata sull’aereo su cui sta volando; di altre si perderà ogni traccia: spazzate via dal turbine che devasta e insanguina la Colombia, vivranno solo nei ricordi delle sopravissute. Le ragazzine non hanno piena contezza della realtà politica, confondono guerriglia e gruppi paramilitari, tutti "comunisti". Hanno insegnato loro a chiamare la guerra “instabilità; a dire “trattenuto con forza” invece di rapito. Ma è un'illusione anche la loro vita dorata, fragile riparo, mentre il Nemico sta in agguato pronto a ghermirle.  Sono vittime inconsapevoli di una realtà più grande di loro, in cui “assassinati” appare quasi sinonimo di “morti”, per via dei giornali e della Tv. E tuttavia non sono affatto vittime innocenti, come dimostra l’episodio di crudele bullismo del racconto M + M.


IL TRIBUTO A MARQUEZ - In questo gioco poliedrico di specchi, di punti di vista, di voci narranti, di racconti che si rincorrono e nei quali la realtà si sfrangia, si inabissa, per poi ricomporsi più il là, come un fiume carsico, il lettore si perde e si ritrova, chiamato continuamente a riannodare i fili della fabula, come in un’eccitante caccia al tesoro.

Ad accrescere questo apparente caos narrativo, c’è il continuo slittare del racconto dal piano temporale del presente a quello del passato; dalla percezione della realtà effettuale all’immaginazione di una realtà parallela; dalla veglia al sogno ad occhi aperti. Realtà ed apparenza in cui tuttavia ad essere più allucinata è piuttosto la realtà, che si mostra spesso in tutta sua assurdità incoerente.  Come in Torta al limone, in cui il protagonista, il prof. B., rapito dalla guerriglia, sopravvive ai cinque anni di dura reclusione, costruendosi una realtà parallela e insegnando Shakespeare alla sua classe di foglie, sassi, legnetti. L’autrice ha confessato il suo debito nei confronti del realismo magico di Gabriel García Márquez, tributo che tuttavia Julianne Pachico paga fino in fondo, raggiungendo una sua inconfondibile voce, senza rifare il verso al maestro.


METAFORA DELLA COLOMBIA - Un romanzo-puzzle frammentato, si è detto, metafora dolente della Colombia, lacerata da mezzo secolo di guerra civile, tra esercito, guerriglia, gruppi paramilitari, narcotrafficanti, con oltre 200 mila morti, 180 mila sequestri, duecentomila sparizioni. Un paese in cui anche le divisioni fra classi sociali sono stridenti, ma che aspira tuttavia a ricomporre il puzzle in unità.

Si ricompone il puzzle? Forse. Oltre la torta, ultimo racconto, allude a un “oltre”, che sembra promettere una riconciliazione. Siamo nel 2013. L’anno prima sono iniziati a l’Avana i negoziati tra il Governo e la guerriglia delle Farc. Si intravede la possibilità della pace. Betsy, una delle ragazze superstiti, decide di ritornare, col suo compagno Eduardo, sui luoghi della sua infanzia. Un nostos impossibile? Eduardo le legge l’articolo che sta scrivendo sulla situazione politica colombiana. Per Betsy “È la storia più bella che le abbia mai raccontato, quella che lei attende da anni senza neanche saperlo, così piena di verità e di fantasia che è difficile stabilire cosa è meglio”. E gli ordina: “Non cambiare una virgola”.    


L'AUTRICE

Julianne Pachico è nata nel 1985 a Cambridge, in Inghilterra. È cresciuta a Cali, in Colombia, dove i genitori lavoravano nell’ambito della cooperazione internazionale. Nel 2004 si è trasferita negli Stati Uniti, continuando gli studi, e nel 2012 è tornata in Gran Bretagna, dove vive tuttora. È l’unica autrice che finora sia mai comparsa con due racconti nella stessa edizione dell’antologia Best British Short Stories (nel 2015), e per Le più fortunate, il suo libro di esordio, è stata finalista allo Young Writer of the Year Award, il premio del Sunday Times per i migliori scrittori britannici under 35.

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