Nei primi mesi del 1994 arrivano al Santuario del Soccorso a Caltagirone i Frati Minori del Cuore Immacolato di Maria, un ordine religioso fondato in Colombia da un cappuccino siciliano, originario di Corleone. Vanno via in fretta e in furia il 31 maggio 1998. Chi o cosa li ha messi in allarme? Ricostruiamo uno degli episodi più inquietanti, e non ancora del tutto chiarito, della storia recente della città della ceramica.
di Giacomo Belvedere
Il Santuario del SS.mo Crocifisso del Soccorso, posto in fondo alla valle ad ovest di Caltagirone, sull’antica strada per Gela, invita naturalmente al silenzio e alla preghiera ed è molto caro alla devozione popolare dei caltagironesi. Nei venerdì successivi alla Solennità dell’Assunzione (che a Caltagirone celebra anche il ricordo della prima apparizione della Madonna del Ponte nella omonima Fonte nel 1572), i fedeli vi si recano in pellegrinaggio notturno per venerare l’effigie del SS. Crocifisso del Soccorso.
Narra la tradizione che il 1° gennaio 1708 un povero agricoltore, Antonio Centorbi, si sentì interpellato in sogno da una voce che lo invitava a cercare tra le rovine dell’antico sito e a dissotterrare la sacra effigie. tra i ruderi dell’antica Chiesetta della Madonna del Soccorso. Sul luogo del ritrovamento, alla fine del Settecento, fu costruita una piccola chiesa progettata da Natale Bonajuto, con annesso convento.
UNA FUGA IMPROVVISA? - Questa
oasi di pace fu, nella seconda metà degli anni novanta, teatro di
una vicenda inquietante, che tuttora ha molte zone d'ombra non
chiarite. È il 31 maggio 1998, quando il Santuario viene abbandonato
dai Frati Minori del Cuore Immacolato di Maria (abbr. O.F.M. CORIM),
per lo più giovanissimi e originari della Colombia. I frati vi si
erano stabiliti nel 1994, fondandovi una comunità di vita religiosa
maschile, a cui si era unita presto, a Grammichele, una comunità
femminile.
“Sono andati via, silenziosamente, così come sono arrivati quattro anni addietro”. Così il quotidiano «La Sicilia» commenta laconicamente la notizia dell'improvvisa partenza dei frati e delle suore dalla diocesi di Caltagirone, dovuta ad “alcune difficoltà incontrate durante la permanenza dei frati al Soccorso”: questa la spiegazione ufficiale data dalla Curia calatina. Sempre fonti della Curia aggiungono che la decisione è stata comunicata al vescovo di Caltagirone, Vincenzo Manzella, dal superiore generale, fra Filippo Maria del SS. Rosario ed è stata “presa liberamente”. Si precisa, inoltre, che si tratta di una “associazione di fedeli pubblica clericale, di diritto diocesano, osservante la regola di S. Francesco, che aspira a diventare istituto religioso”, costituita a Ibarra con il consenso di quella diocesi.
Una precisazione, che sa di excusatio non petita, e che stride con una notizia clamorosa: proprio nel 1998, infatti, il vescovo di Ibarra sospende il frate francescano, fra Adolfo Filippi, un cappuccino siciliano originario di Corleone, fondatore della comunità, “per essere stato ordinato vescovo in maniera irregolare ed invalida”. Fra Adolfo Filippi, più conosciuto come fray Felipe
del Santísimo Rosario, nome con cui ama farsi chiamare, è, con tutta evidenza, la stessa persona che rassicura il vescovo Manzella sull'ortodossia dei frati e sul fatto che la decisione dell'abbandono della diocesi sia stata “presa liberamente”. Quanto, dunque, ci si possa fidare della sua parola non è il caso di commentare.
E forti dubbi suscita anche la “libera” partenza dei frati e delle suore, che ha tutta l'aria, invece, di una fuga
precipitosa: lasciano le loro case in disordine, con i letti disfatti
e la tavola ancora apparecchiata, come chi ha urgente bisogno di
scomparire. Perché andare via in fretta e furia? Chi o cosa li ha
messi in allarme?
DALLA COLOMBIA ALLA SICILIA - Appena
arrivati, tra i frati colombiani e la città della ceramica fu
innamoramento a prima vista. Certo avrebbe dovuto far pensare il
fatto che, nei primi mesi del 1994, giungano
sullo slargo della Chiesa di San Francesco d’Assisi all’Immacolata
due frati, che dicono di
ispirarsi alla regola francescana di semplicità e povertà, accompagnati da una vistosa signora bionda in Mercedes, per
interloquire con l’allora vescovo della diocesi mons. Vincenzo
Manzella e chiedere ospitalità. Ma tant’è.
L'ordine fondato nel 1975 da fra Adolfo Filippi, un cappuccino siciliano originario di Corleone, ha la Casa Madre in Colombia, nell'eremo di Santa Magdalena di Arboleda-Berruecos, nel distretto di Nariño (sud-ovest Colombia). L'entusiasmo suscitato da quei giovani frati stranieri è impressionante. Attorno ai frati e alle suore si crea un fermento di iniziative, si inziano lavori di ristrutturazione del convento e vengono coinvolti molti giovani e diverse coppie, associate al Terz’Ordine francescano dei Frati Minori del Cuore Immacolato di Maria. Il ramo maschile dell’ordine si stabilisce nel Santuario del SS. Crocifisso del Soccorso a Caltagirone mentre a Grammichele si insedia la Custodia Generale d’Italia e il ramo femminile.
ARRIVANO LE SUORE - È
il 12 luglio dello stesso anno quando il vescovo Manzella, nomina fra
Joan Carlos Mejio, noto come fra Davide di Dio, rettore del Santuario
del Soccorso. Il religioso, che sarà poi nominato anche Custode
generale d’Italia dell'ordine, rientrato negli anni successivi in
Colombia, lascerà inspiegabilmente l’ordine. Ma allora nulla
lascia presagire le nubi oscure che stanno per addensarsi sull'ordine
e nulla si sa delle dure condanne ecclesiastiche che, a partire dal
1995, in Colombia e Equador, a più riprese si abbattono sui
fondatori dell'ordine. L'America latina è lontana.
Il
29 giugno 1994 il vescovo calatino, durante una celebrazione in
cattedrale, e successivamente il 13 luglio a Grammichele nella
parrocchia Matrice, presenta ufficialmente il ramo femminile
dell’ordine, le “Sorelle Minori del Sacro Cuore di Gesù”. Il
monastero di Grammichele prende il nome di “Santa Rosa da Lima”.
Le suore sono otto: tre colombiane, tre ecuadoregne, una peruviana e
un’italiana. I loro nomi: la priora suor Giacinta, giovanissima,
suor Rosa da Lima, suor Pacifica, suor Betania, suor Francesca, Suor
Rosaria, suor Susanna e l’aspirante italiana suor Sonia. Sono salutate con calore ed entusiasmo dal mons. Manzella: “vengono a noi dono della provvidenza per vie inaspettate”, “segno
visibile del regno di Dio, il segno della santità di Dio, il segno,
in questo mondo, della trascendenza di Dio”. Ma il sogno del vescovo
calatino di avere in diocesi un monastero di clausura, purtroppo,
impatterà violentemente con atteggiamenti del tutto estranei alla
regola della clausura.
UN'ORDINAZIONE A TEMPO DI RECORD - Per l’ordine maschile a Caltagirone arriva anche un’ordinazione. Il 28 luglio 1994 mons. Manzella annuncia l’ordinazione sacerdotale del diacono fra Leutikyele della Passione. La celebrazione d’ordinazione non tarderà e il 14 settembre presso il Santuario del Soccorso il giovane diacono sarà ordinato sacerdote dal vescovo calatino. Conosciuto “da poco, anzi da pochissimo“: così confessa il vescovo durante l'omelia, riferendosi al tempo trascorso dall’arrivo in diocesi all’ordinazione di fra Leutikyele, tempo comunque ritenuto da mons. Manzella valido e soddisfacente per procedere al rito sacro.
Sino
al 31 marzo 1996 al Santuario del Soccorso risultano presenti cinque
frati: fra Davide di Dio, rettore del santuario e superiore, fra
Leonardo di Santa Elisabetta di Ungheria, fra Giovanni della Croce,
fra Ilario della Regina della Pace, fra Salatiel di Maria. Nella
Custodia Generale d’Italia vi sono tre frati: fra Bonaventura del
Carmelo, Custode dell’ordine, fra Enrico di S. Basilio m., fra
Ezechiele Moreno del Sacro Cuore. Nel monastero femminile si trovano
12 suore, sotto la guida della priora suor Pacifica di Assisi.
FRATE CHE VA, FRATE CHE VIENE - Che qualcosa non vada, avrebbe dovuto farlo sospettare l'anomala mobilità che i frati e le suore mostrano, inusuale per un ordine religioso, lo scambio continuo dei ruoli, ed anche qualche interpretazione troppo “liberale” delle regole della clausura. Come si evince dal bollettino della diocesi, «Il Foglio Ecclesiastico», alla data del 31 marzo 1997 l'organigramma dei due rami religiosi è profondamente cambiato. Al Santuario del Soccorso vivono quattro frati: il superiore fra Francesco della Bambina Maria, fra Bernardo di Quintavalle, fra Tommaso della Trinità, fra Diego d’Alcalà. Nella Custodia generale di Grammichele, i frati sono sei: il custode fra Davide di Dio, il superiore fra Ezechiele Moreno del Sacro Cuore, fra Tiziano di San Silvestro Papa, fra Matteo di Cafarnao, fra Mariano di S. Giovanni Bosco, fra Assalonne di Davide. Nel monastero le suore sono otto, sotto la guida della priora suor Laura di Gerusalemme, cambiata per la terza volta. Alla faccia della stabilitas monastica.
Inoltre,
i frati vanno e vengono continuamente come dei manager dalla
Colombia. Come se il costo del viaggio intercontinentale non fosse
per loro un problema. Certo le offerte dei fedeli fioccano e sono
assai generose: forse troppo. Ed anche il fatto che la Custodia
Generale d’Italia dell'ordine venga insediata a Grammichele, appare
un privilegio sospetto. Perché, come era logico e naturale, non a
Roma? Cozza, inoltre, con il voto di povertà il fatto che i frati posseggano un cellulare, in tempi in cui la telefonia mobile era un costoso status symbol, riservato solo a pochissimi privilegiati. “Dono dei fedeli”, è la giustificazione, necessario per comunicare, dato che al Santuario non c'è linea telefonica.
Per la verità c'è qualcuno che non ci vede chiaro, ma le critiche, in quel clima di infatuazione mistica, vengono derubricate alle solite mormorazioni di fedeli troppo tradizionalisti.
1a parte. Continua...
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