Pubblicato il 06/10/2017
CRONACA

Processione del Cristo morto a San Michele di Ganzaria: 45 indagati per l’omaggio al boss



La Procura Distrettuale Antimafia di Catania ha riconosciuto, a chiusura delle indagini, l’aggravante del metodo mafioso per 45 soggetti che deviarono la processione del Cristo morto, soffermandosi per circa mezz’ora davanti alla residenza di Francesco La Rocca, detenuto in carcere a Asti in regime di 41 bis.


Sono 45 i soggetti indagati dalla Procura Distrettuale Antimafia con l’accusa di turbativa dell’ordine pubblico con l’aggravante del metodo mafioso,  dalla Procura Distrettuale Antimafia di Catania, in relazione ai noti fatti avvenuti tra il pomeriggio e la sera del 25 marzo 2016 a San Michele di Ganzaria, quando la “varetta” del Cristo Morto deviò dal percorso stabilito per salire al Carmine, fermandosi per circa mezz’ora davanti alla residenza di Francesco La Rocca, conosciuto come “u ziu Cicciu”, capostipite della omonima famiglia mafiosa che controlla il calatino dagli anni Ottanta, definitivamente condannato per associazione mafiosa e detenuto in carcere a Asti in regime di 41 bis. In seguito a questi fatti il vescovo di Caltagirone, mons. Calogero Peri, sospese temporaneamente tutte le processioni nel piccolo centro del calatino, perché, dichiarò, «è mio dovere qualora se ne ravvisasse il pericolo, difendere la fede e la tradizione popolare da tutto ciò che è antievangelico».

I FATTI – Il percorso tradizionale prevedeva la salita sino a piazza Monte Carmelo,  dove risiede la moglie di Francesco La Rocca. Ma l’anno scorso ci fu un cambiamento nell’itinerario, che non comprendeva più la salita al Carmine. Il nuovo giro fu comunicato dai promotori al Questore il quale dispose, come sempre accade in queste circostanze, il servizio di ordine pubblico.

Un cambio deciso «in accordo con le autorità civili e militari»,  dal parroco don Antonino Maugeri, unitamente al Comitato e al Consiglio Pastorale della parrocchia. «Difficoltà di reperire i portatori in numero sufficiente a coprire tutto il percorso stabilito», che «diventava estenuante», queste furono le motivazioni ufficiali del parroco, contenute nel programma delle manifestazioni di marzo fatto conoscere ai fedeli.

Ma ai portatori non andò giù quanto stabilito e decisero di seguire il vecchio itinerario, bypassando le autorizzazioni. Sicché il feretro del Cristo morto, dopo la sosta in piazza Vittorio Emanuele, piuttosto che proseguire come da tabella di marcia per via Capitano Costa, con un secco cambio di passo virò improvvisamente, salendo col classico passo ondulatorio per via Umberto I, accompagnato dai “Lamentatori” che recitano le vicende principali della Passione di Cristo e  seguito da un gruppo numeroso di cittadini. Il Cristo Morto si diresse da solo verso piazza Monte Carmelo, tra gli applausi dei portatori, mentre le statue della Madonna, San Giovanni e Maddalena, rimasero ferme all’incrocio. Il tutto davanti ai cittadini che avevano preso parte al momento religioso, al parroco e alle autorità e al Sindaco Gianluca Petta, che si tolse la fascia tricolore.

Giunti in piazza Monte Carmelo, secondo la ricostruzione degli inquirenti, supportata da immagini video, la “varetta” fu deposta per circa 30 minuti. La moglie di La Rocca scese in piazzam rimanendo un po’ di tempo davanti al Cristo, mentre sul balcone della sua abitazione c’era uno stendardo rosso. Passata una mezz’ora, i portatori, col seguito, ridiscese la via, ricongiungendosi al resto della processione, che nel frattempo era rimasta giù.

Ritornata la bara del Cristo morto sul percorso originario, la processione sarebbe stata deviata nuovamente più avanti, verso le 19,30, mezz’ora dopo la prima virata, per percorrere altre strade facenti parte del vecchio giro, stavolta anche con gli altri simulacri.  In ambienti accreditati si sospetta che la prima deviazione sia avvenuta proprio per omaggiare il boss e quanto avvenuto successivamente probabilmente per confondere le acque e dissimulare il primo avvenimento.

Le processioni devono avere l’autorizzazione della Curia diocesana per gli aspetti religiosi e della Questura per quelli inerenti all’ordine pubblico. Si è trattato, dunque, di un semplice atto di insubordinazione dei portatori, come sostenuto da alcuni, e dagli stessi familiari di La Rocca, in nome della fedeltà a una tradizione? In questo caso l’episodio  e dunque, quella di San Michele di Ganzaria, potrebbe essere derubricato a una questione di disciplina interna alla Chiesa. Ma gli inquirenti, sulla base delle testimonianze raccolte e delle immagini video, sono stati di diverso avviso, ritenendo che la deviazione non autorizzata fosse dettata dall’intento di rendere omaggio al vecchio boss, ribadendo, nell’immaginario collettivo, della forza criminale della famiglia stessa, “indebolita” dalla decisione di non passare dal Carmine. Le indagini sono state condotte, mantenendo stretto riserbo, dal nucleo operativo dei Carabinieri di Caltagirone, comandati dal Luogotenente Tommaso Cilmi, e dalla Stazione di San Michele di Ganzaria, attraverso l’analisi di filmati e testimonianze, identificando e individuando le singole responsabilità, tra cui si notano diversi appartenenti all’entourage di La Rocca.

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