La sentenza del Tribunale di Caltagirone nel processo per tre deviazioni durante la processione del Venerdì Santo del 25 marzo del 2016 a San Michele di Ganzaria per un 'inchino' davanti la casa del boss mafioso Francesco La Rocca di Cosa nostra. Disposto anche il risarcimento spese al Comune di Santa Maria di Ganzaria che si era costituito parte civile nel procedimento.
Circa 80 anni di reclusione per 39 imputati: è la sentenza del Tribunale di Caltagirone nel processo per tre deviazioni durante la processione del Venerdì Santo del 25 marzo del 2016 a San Michele di Ganzaria per un 'inchino' davanti la casa del boss mafioso Francesco La Rocca di Cosa nostra.
I reati contestati dalla Dda di Catania, a vario titolo, sono turbamento di funzioni religiose e istigazione a delinquere.
I FATTI
Una processione del Cristo Morto imprevista quella che si svolse il 25 marzo 2016, venerdì santo, a San Michele di Ganzaria. Il percorso del tradizionale evento non rispettò l'itinerario, che quell’anno prevedeva un itinerario diverso rispetto al percorso usuale. Un cambio deciso «in accordo con le autorità civili e militari», dal Parroco don Antonino Maugeri, unitamente al Comitato e al Consiglio Pastorale della parrocchia. «Difficoltà di reperire i portatori in numero sufficiente a coprire tutto il percorso stabilito», che «diventava estenuante», queste le motivazioni del Parroco.
Ma ai portatori non andò giù la decisione e decisero di seguire il vecchio itinerario. Sicché il feretro del Cristo morto, seguito dalle statue della Madonna, San Giovanni e Maddalena, e dai "Lamentatori" che recitano le vicende principali della Passione di Cristo, dopo la sosta in piazza Vittorio Emanuele, piuttosto che proseguire come da tabella di marcia per via Capitano Costa, con un secco cambio di passo virò bruscamente, salendo col classico passo ondulatorio per via Umberto I. Quindi il Cristo Morto si diresse da solo verso piazza Monte Carmelo, dove aveva residenza il boss mafioso, oggi defunto, Francesco La Rocca, conosciuto come "u ziu Cicciu", capostipite della omonima famiglia mafiosa che controlla il calatino dagli anni Ottanta, e allora detenuto in carcere in regime di 41 bis. Ritornata sul percorso originario, la processione deviò nuovamente, verso le 19,30, mezz'ora dopo la prima virata, per percorrere un'altra strada, stavolta via Capitano Costa, probabilmente per confondere le acque e dissimulare il primo avvenimento. Il tutto davanti ai cittadini che avevano preso parte al momento religioso e alle autorità che si fermarono, mentre il Sindaco Petta si tolse la fascia tricolore.
Su quanto avvenuto indagò il nucleo operativo dei Carabinieri di Caltagirone comandati dal Luogotenente Tommaso Cilmi. «I l fatto stesso che si sia deviato il percorso della processione –commentò all'ANSA il procuratore capo di Caltagirone, Giuseppe Verzera - è inconcepibile. Dobbiamo capire cosa è accaduto veramente e se ci sono eventuali responsabilità. Ho delegato le indagini ai carabinieri e aspetto una loro relazione per i prossimi giorni».
Nel video si vede il momento della virata del fercolo del Cristo Morto per via Umberto I sino a raggiungere piazza Monte Carmelo, luogo di residenza di Francesco La Rocca, boss, oggi defunto e allora recluso ad Asti in regime di 41bis. Nelle nitide riprese effettuate dai carabinieri si distinguono attimi concitati e di soddisfazione dei portatori della bara e di chi li segue. Le immagini contengono solo alcuni istanti della Piazza Monte Carmelo, in cui i portatori invece hanno sostato per circa mezz'ora per poi riscendere e ricongiungersi al resto della processione.
A 30 imputati è contestata anche l'aggravante mafiosa. Ritenuto prescritto il reato di riunione pubblica non autorizzata. Tre imputati sono stati assolti perché il fatto non costituisce reato.
Il tribunale di Caltagirone ha condannato a sei mesi ciascuno di reclusione dodici imputati, disponendo la sospensione della pena. Ha comminato due anni e sette mesi di reclusione per altri undici imputati, due anni e nove mesi per otto e tre anni per altri otto. Ha assolto, con la formula perché il fatto non costituisce reato, accogliendo anche la richiesta del Pm Giuseppe Sturiale della Dda di Catania, Francesco Pullara, difeso dall'avvocato Roberto Cavevaro, e Simone Franchino e Gaetano La Rocca, figlio di un fratello del boss ergastolano Francesco, che era detenuto al 41bis, difesi dai penalisti Luca Fosco e Daniele Guzzetta.
Un altro nipote del capomafia, Salvatore La Rocca, figlio di un altro fratello del boss, è stato condannato a due anni e nove mesi di reclusione. Il Tribunale ha disposto anche il risarcimento spese al Comune di Santa Maria di Ganzaria che si era costituito parte civile nel procedimento. Secondo l'accusa, sostenuta in aula dalla Dda di Catania, e basata su indagini e video girati dai carabinieri della stazione di Santa Maria di Ganzaria e della compagnia di Caltagirone, il fercolo del Venerdì Santo il 25 marzo del 2016, sarebbe stato costretto a cambiare il percorso previsto dalla processione facendolo "fermare davanti l'abitazione di Francesco La Rocca, consentendo alla moglie, che attendeva la sosta di render omaggio".
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