Pubblicato il 22/06/2014
SOCIETÀ

Caltagirone, celebrata la Giornata Mondiale del Rifugiato. “Una storia dietro ogni numero”



CALTAGIRONE, CELEBRATA LA GIORNATA MONDIALE DEL RIFUGIATO. “UNA STORIA DIETRO OGNI NUMERO” – Il 20 giugno si è celebrata al Giardino pubblico di Caltagirone la Giornata Mondiale del Rifugiato, appuntamento annuale voluto dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. La prima Giornata del Rifugiato fu celebrata il 20 gennaio 2001, in occasione del 50° anniversario della Convenzione relativa allo status dei rifugiati del 1951. La manifestazione, con il patrocinio del comune di Caltagirone, è stata promossa da Astra, associazione volontari protezione Civile, dalla Coop. sociale S. Giovanni Bosco e da Arci Amari, con la collaborazione dello Sri Lanka Volontary Service. È stato un gioioso momento di festa e di condivisione. Tra i partecipanti, numerosi i migranti ospiti dei centri e comunità alloggio presenti sul territorio. Ma si notava qualche assenza. Pochi i minori ospiti a Villa Montevago di Caltagirone. Nessuno dal Cara di Mineo, che pure ospita più di 4.000 richiedenti asilo.

Ph. Andrea Annaloro

Ph. Andrea Annaloro

“Una storia dietro ogni numero. Ogni storia merita di essere ascoltata”. È stato questo lo slogan di quest’anno. Un invito a riflettere sui milioni di rifugiati e richiedenti asilo che, costretti a fuggire da guerre e violenze, lasciano i propri affetti, la propria casa e tutto ciò che un tempo era parte della propria vita. Dietro ognuno di loro c’è una storia, fatta di sofferenze, di umiliazioni ma anche di voglia di riscatto.

«Migranti e rifugiati non sono pedine sullo scacchiere dell’umanità», ha scritto Papa Francesco nel suo messaggio per la Giornata. Bergoglio ha chiesto un cambio di atteggiamento verso i migranti e i rifugiati. Occorre, secondo il papa, passare da «un atteggiamento di difesa e di paura, di disinteresse o di emarginazione – che, alla fine, corrisponde proprio alla “cultura dello scarto” – ad un atteggiamento che abbia alla base la “cultura dell’incontro”, l’unica capace di costruire un mondo più giusto e fraterno, un mondo migliore».

Il palinsesto della Giornata, all’insegna della multietnicità,  prevedeva la possibilità di degustazioni dal mondo e la visione del docufilm “goor”, realizzato nel 2009 a Catania dal regista messinese Alessandro De Filippo. Il film racconta la storia di venti immigrati di otto nazionalità diverse sopra una barca in avaria e alla deriva. Il silenzio è rotto solo dal sibilo del vento e dall’acqua che scivola sulla carena. Nei loro occhi il grido muto misto di paura e speranza. Ma uno di loro sta male. Sta morendo. Bisogna decidere se tenerlo o buttarlo giù, anche se era un amico, perché l’acqua non basta per tutti. Una decisione che pesa quanto un macigno.

Ph. Andrea Annaloro

Ph. Andrea Annaloro

È questo il nodo tragico di “goor”, scritto così in minuscolo. La parola significa “uomo” in lingua wolof (Senegal). La stessa storia che si ripete, di un’umanità umiliata e offesa, in cui si assiste – come in Se questo è un uomo di Primo Levi – alla disumana separazione tra i sommersi e i salvati, vittime questi ultimi due volte, perché costretti da una tragica beffa del destino a mutarsi in carnefici, perdendo la propria innocenza. È questa la ferita più dolorosa e insopportabile: la spoliazione della propria anima. Tanto che Levi non sopravvisse al rimorso di essere sopravvissuto.

Ha chiuso la manifestazione un concerto del gruppo Afro Family. Il gruppo ha un respiro interetnico. Lo si capisce subito scorrendo i nomi dei componenti: Abramo Laye Senè, Sergio La Biunda; Bara Gianie; Sandro Martorano, Moustapha Ngome; Daniele Ramiro e Biagio Campanello. Il gruppo nasce infatti dal connubio di due terre sorelle: la Sicilia e l’Africa, e si caratterizza per un mix di sonorità mediterranee e musica afro con una spiccata nota reggae. 
Nella loro pagina Fb, gli Afro Family scrivono: «Le anime belle si riconosceranno sempre, unite, sorridenti, danzanti sprigioneranno l’energia più travolgente che possa esistere, coloreranno se stesse e il loro mondo in un’unica melodia che solo i cuori caldi possono far nascere. Ci riconosceremo semplicemente da uno sguardo tra culture, religioni, tradizioni, lingue e colori. Capiremo che non c’è cosa più bella di tutto questo».

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