Pubblicato il 19/05/2017
INCHIESTA

Cantone su Cara di Mineo: “Si faccia presto l’appalto” – VIDEO



In Commissione Migranti il Presidente dell’Anticorruzione torna a parlare del Cara di Mineo, denuncia alcune criticità e si toglie un po’ di sassolini dalle scarpe.


di Giacomo Belvedere

[Qui seconda parte] «L’appalto sul Cara di Mineo era il classico bando su misura: mancava che indicassero anche il nome diretto del vincitore. Il contratto continua ancora con il gestore di allora, sia pure con i commissari nominati dal Prefetto. Si faccia al più presto l’appalto». Lo ha dichiarato ieri mattina, in Commissione parlamentare Migranti, il Presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione, Raffaele Cantone.

«Il bando di appalto per il Cara di Mineo – ha spiegato Cantone – era stato costruito in modo da escludere la concorrenza, con una logica unitaria senza divisione di lotti, chiedendo una serie di presupposti specifici (per es. il centro di cottura a una certa distanza, una qualità e quantità di attività che potessero essere fatte), in cui mancava – dirlo ex post è anche più facile – semplicemente che indicassero anche il nome diretto del vincitore».

«Questa esperienza ci segnò molto – ha continuato il Presidente dell’Anticorruzione -, perché, malgrado noi avessimo indicato subito al Cara questa patologia, verificammo un vero e proprio fuoco di sbarramento contro il nostro provvedimento, che venne anche attaccato in qualche audizione parlamentare, e venne fatto oggetto di resistenza netta da parte del Cara, che si rifiutò di revocare l’atto, malgrado ci fossero elementi che erano chiarissimi sul modo in cui era stato costruito il bando».

Cantone si toglie alcuni sassolini dalle scarpe. L’audizione parlamentare a cui si allude è quella del 25 marzo 2015, sempre a Palazzo Macuto: davanti al Comitato parlamentare di controllo sull’attuazione dell’accordo di Schengen, il Prefetto Mario Morcone, al tempo capo Dipartimento per le Libertà civili e l’Immigrazione del Viminale, espresse le sue riserve sulla bocciatura dell’appalto da parte dell’Anac.

Ma facciamo un passo indietro, a beneficio dei lettori. Dopo che il 25 febbraio 2015 arrivò sul Cara la tegola dall’Anac, che con parere n. 15, dichiarò illegittima la lex specialis della gara, perché in contrasto con gli artt. 2, comma 1-bis, e 27 del d.lgs. 163/2006 e con i principi di concorrenza, proporzionalità, trasparenza, imparzialità ed economicità, ci fu un vero e proprio braccio di ferro tra il presidente dell’Anac, e Giovanni Ferrera, direttore generale del Consorzio dei comuni “Calatino Terra d’Accoglienza”, che aveva in carico l’amministrazione del Cara di Mineo. Il parere a Cantone era stato chiesto il 9 giugno 2014 dalla Società cooperativa Cot, con sede a Palermo, esclusa dalla gara in quanto dei sette requisiti richiesti possedeva solo il titolo per la gestione del servizio ristorazione. Dopo la prima stroncatura, il 6 maggio 2015, Cantone bocciò, una seconda volta l’appalto triennale con base d’asta di 97.893.000 milioni, ritenendo ininfluenti le controdeduzioni addotte dal Consorzio dei comuni, che aveva chiesto la revisione del parere del precontenzioso.

Il 25 marzo 2015, dal Prefetto Mario Morcone, sembrò arrivare un prezioso assist al Consorzio dei Comuni e al suo Direttore: «I magistrati decideranno se c’è stata o no una qualche opacità nella nascita di Mineo – disse Morcone –, se nella gara il Consorzio si è comportato bene o male, ma dico una cosa che non piacerà: ho qualche dubbio sulla decisione del presidente Cantone, che peraltro conosco, apprezzo e stimo moltissimo». Un complimento “diplomatico”, a cui peraltro seguì subito dopo l’affondo polemico: «A noi hanno detto sempre che il total care, il general contractor  aggiunse Morcone -, era la soluzione delle soluzioni, che si risparmiava, ora improvvisamente per un contratto del 2013 si è stabilito che è stata impedita la partecipazione alle piccole e medie imprese». «Va bene, decidessero loro quel che vogliono fare – sbottò, infine, il prefetto -, «noi non c’entriamo, è un problema che riguarda il Consorzio. Però su queste cose bisogna stare un po’ attenti – raccomandò Morcone – perché ci sono sicuramente aspetti di opacità ma anche gente tanto per bene».

La risposta di Ferrera sembrò in qualche modo suggerita dal Viminale. “Abbiamo fatto quello che ci ha detto il Ministero”: questa in sintesi la linea di difesa del Consorzio dei Comuni, così come risulta dalla Determina dirigenziale n. 76 del 14 maggio 2015. Il parere dell’Anac, replicò Ferrera, «non incide direttamente sugli atti amministrativi e non è vincolante». La nota di Cantone venne derubricata a un consiglio che era opzionale seguire.

Intanto tre Procure indagavano a vario titolo sul Cara di Mineo: quella di Roma, per gli intrecci tra l’inchiesta su Mafia Capitale e il centro menenino legati al ruolo del consulente Luca Odevaine; e quelle di Catania e Caltagirone. I risultati di quelle indagini, che hanno prodotto una pioggia di rinvii a giudizio, con alcuni processi già avviati, danno oggi ragione a Cantone, che si prende una bella rivincita. «L’indicazione di un lotto unico era particolarmente pericolosa», spiega Cantone, e, a questo proposito, chiarisce che il decreto del Ministero dell’Interno del 21 novembre 2008, a cui alludeva Morcone, «dava delle indicazioni, forse corrette in quel momento specifico, ma che rischiavano di apparire fuorvianti: il criterio della gestione unitaria, al di fuori di lotti,  rappresentava un criterio che di per sé eliminava completamente la concorrenza: è noto che nel Cara di Mineo ci fu un’unica offerta con un ribasso dell’1%». Quindi, con legittimo orgoglio, conclude: «E non devo aggiungere altro, perché le dichiarazioni emerse sulla stampa, dopo, del sig. Odevaine  hanno dimostrato che quello che noi avevamo scritto, senza conoscere le dichiarazioni, era riscontrato dai fatti».

Oggi «sul Cara di Mineo ci sono ancora una serie di  problemi – aggiunge Cantone – su come fu acquisita e utilizzata la struttura, ma questo sarà un problema della Procura». Come, del resto, è demandato alla politica, decidere le sorti del Cara menenino:  «La scelta se chiudere o no – precisa – è una scelta politica, su questo non abbiamo nulla da dire».

Un giudizio il Presidente dell’Anac esprime invece sulla gestione commissariale del centro di contrada Cucinella. Dopo una serie di nomine e di intricate vicende, il presidente del Consorzio “Nuovo Cara Mineo”, è oggi Giuseppe Caruso, docente universitario di Economia a Catania, uno dei commissari scelti dal prefetto, assieme a Giuseppe Di Natale, amministratore delegato del consorzio.

Sotto la gestione commissariale, «credo – aggiunge Cantone – che la situazione non sia oggi così drammatica»: «il livello di legalità è migliorato», e riguardo alla struttura ospitante, l’ex Villaggio degli Aranci, «il centro di Mineo è in assoluto uno dei centri più belli che ci sono nel nostro paese». Cantone rimarca tuttavia una criticità: che, cioè, «malgrado la struttura del Cara sia stata sciolta e commissariata, l’appalto nuovo non è stato fatto, e il contratto continua ancora con il gestore di allora, sia pure con i commissari nominati dal Prefetto». Insomma, il Nuovo Cara di Mineo rischia di essere un’operazione superficiale di maquillage, ripetendo sotto mutata forma vecchie logiche, se non si sblocca l’iter del nuovo appalto. L’appalto triennale è infatti, nel frattempo, giunto a naturale scadenza, ma nulla ancora si muove. Di qui il monito di Cantone: «Si faccia al più presto l’appalto».

Continua…

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