Pubblicato il 14/07/2017
RELIGIONE / DIOCESI

Caltagirone, iniziato restauro dell’organo del Collegio: danni notevoli dovuti all’incuria




L’organo, di grande pregio, ha subito danni dovuti all’incuria. “Al tempo dei lavori di restauro del tetto – denuncia don Antonio Parisi, rettore della chiesa – la cantoria fu ridotta a discarica, il materiale di risulta gettato sull’organo. Alcune canne risultano persino calpestate e il motore trafugato”. La Cei ha finanziato il 40%; si conta sulla generosità dei calatini.


 di Giacomo Belvedere - Giusi Scollo


Sono iniziati i lavori di restauro dell’organo della chiesa del Gesù di Caltagirone, una delle chiese più belle della città, costruita a partire dal 1571 e detta anche del Collegio, perché un tempo era annessa all’antico Collegio dei Padri Gesuiti, che vi istituirono una prestigiosa Università. 

È un organo romantico di grande pregio, datato fine anni 50 del secolo scorso, opera dei  Tamburini di Crema, nota fabbrica d’organi fondata da 1893 da Giovanni Tamburini, a cui si deve la costruzione di organi grandiosi, installati a Roma, a Milano, nelle più rilevanti cattedrali d’Italia e all’estero. Il restauro è affidato alla ditta Arte Organaria di A. & S. Bovelacci srl.

Le problematiche del restauro – ci spiega il Rettore della Chiesa, don Antonio Parisi, che si è fatto promotore dell’iniziativa –  “sono notevoli, perché lo strumento ha avuto anni di totale incuria”“Io – spiega don Parisi – sono rettore di questa chiesa da cinque anni. Ho trovato addirittura lo strumento senza motore, perché era stato trafugato negli anni scorsi”.  I danni maggiori, più che all’età dell’organo, risalgono al tempo in cui furono fatti i lavori di restauro del tetto del soffitto della chiesa: la cantoria fu ridotta a discarica in cui ammassare tutto il materiale di risulta. Calcinacci e quant’altro furono in maniera improvvida gettati in mezzo alle canne dell’organo. I tecnici della Bovelacci ci mostrano canne calpestate, danneggiate e rovinate. Dietro le grate, che un tempo servivano alle monache teresiane, subentrate ai Gesuiti dopo la loro cacciata dal Regno dei Borboni nel 1767, vi sono, tra la polvere, dei quadri di una via crucis, ammassati a mo’ di deposito.

Una mostra fotografica, posta all’entrata della chiesa, documenta lo scempio, cui è stato sottoposto l’organo. “Oggi – aggiunge il Rettore del Collegio – uno strumento del genere costerebbe parecchie centinaia di migliaia di euro”.

Un primo contributo è stato dato dalla Cei, che copre il 40% del fabbisogno. I lavori hanno avuto l’ok dalla Soprintendenza, che ha autorizzato a smontare totalmente lo strumento, in considerazione  dei danni notevoli. Il nulla osta della Soprintendenza vale per 6 mesi: entro sei mesi, la prima tranche di lavori dovrà concludersi e l’organo dovrà essere rimontato, anche se i lavori non dovessero essere terminati.

“Abbiamo bisogno – conclude don Antonio Parisi – del rimanente 60%. Abbiamo prodotto istanze alla Regione ma stiamo cercando anche sponsor: altrove strumenti analoghi sono stati restaurati con il contributo di privati, di banche, di Enti. Ricordo che il contributo è fiscalmente detraibile”.

VIDEO INTERVISTA A DON ANTONIO PARISI


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