“Ci auguriamo – ha detto mons. Peri – che adesso la nostra sorella Patrizia possa essere nella luce, nella pace, nella gioia, come ricompensa a quella fatica umana che senza dubbio tutti viviamo”.
di Giacomo Belvedere
Tutta la città di Caltagirone si è stretta ieri sera attorno ai familiari di Patrizia Formica, la donna uccisa nella notte tra il 2 e il 3 aprile scorso dal suo compagno. In migliaia – forse 5 mila – hanno sfilato silenziosamente lungo le vie che dal quartiere S. Pietro portano alla Cattedrale, rispondendo all’appello lanciato dal vescovo mons. Calogero Peri. Due cartelli, portati dai familiari, indicano la finalità della marcia silenziosa: “Una fiaccolata per Patrizia e per tutte le donne vittime di violenza”. Ci si è ritrovati davanti alla chiesa di S. Pietro, nel centro storico della città: il quartiere di origine della famiglia, dove i Formica hanno anche un’attività commerciale e dove la stessa vittima abitava prima di trasferirsi nella casa in via Filippo Paladini, in contrada Balatazze. A Caltagirone, quando uno è “sanpietrano” lo resta per sempre.
IL SILENZIO… – Il freddo invernale che in questi giorni ha bruscamente interrotto i primi tepori primaverili non ha scoraggiato la partecipazione. Mons. Peri, all’avvio della fiaccolata, invita al silenzio, alla riflessione interiore, alla preghiera, per chi crede. Sa bene che dovrà trovare le parole capaci di scaldare i cuori smarriti dei caltagironesi, su cui un inverno assai più pesante di quello meteorologico è sceso plumbeo a gelare speranze e entusiasmi. Sa bene che dovrà dipanare il groviglio dei sentimenti – rabbia, angoscia, sgomento, smarrimento, paura – che opprime gli animi, riannodare i fili dell’umanità spezzata e ritrovare il fil rouge della speranza, nonostante tutto. Ma prima occorre camminare in silenzio, assieme; poi forse verranno le parole giuste, quelle che sanno essere balsamo sulla ferite dell’anima. Questa è la cronaca di un silenzio, di una muta domanda che aleggia e si fa insistente: “perché?”. La città è ancora sotto choc, incredula per questa morte assurda che ha stroncato la vita di Patrizia Formica, che si sentiva il sole dentro e nulla presagiva della gelida notte che di lì a poco quel sole avrebbe prematuramente e bruscamente spento.
Si accendono le fiaccole, che rischiarano questa notte di primavera negata e il corteo si avvia lentamente. Ci sono il sindaco Gino Ioppolo con la sua Giunta, si intravedono, mescolati tra la folla diversi consiglieri comunali, i rappresentanti di associazioni, le Forze dell’Ordine, non, come di solito avviene, per dovere d’ufficio, trattandosi di una manifestazione pubblica, ma per partecipare assieme a tutti, quasi a voler rassicurare i cittadini che loro ci sono, a vigilare sulla sicurezza. E poi tantissima gente, un popolo muto e attonito che ha voluto così testimoniare la propria vicinanza al dolore dei familiari, un dolore composto, non gridato, che tuttavia fa male.
Mentre si sale verso il ponte S. Francesco, si nota la figlia di Pirronello che discretamente si accoda al corteo e lo segue fino in Cattedrale. Una presenza inaspettata ma certamente coraggiosa. Anche lei vittima degli eventi.
La fiaccolata giunge, dopo aver attraversato le due piazze principali – piazza Umberto e piazza Municipio – in Cattedrale. In piazza Umberto una delle panchine è stata tinta di rosso, monito per non dimenticare Patrizia e le tante donne vittime di violenza domestica.
INTERVISTA A SINDACO E COMPAGNO DI CLASSE DEL FIGLIO DI PATRIZIA
…. E LA PAROLA – In Cattedrale mons. Calogero Peri, come ha scritto nella lettera di invito alla città – ha promesso di “farsi interprete dei sentimenti della intera comunità e del Vangelo della Speranza che ci è consegnato dalla Fede”.
«Cosa abbiamo fatto? Cosa non abbiamo fatto per impedire un gesto come questo? – si chiede il vescovo. «Questa sera abbiamo la sensazione che si tratti di una sconfitta collettiva, la sconfitta di tutti noi, di questa nostra amata città. Ogni volta che si uccide qualcuno si uccide l’umanità; ogni volta che si uccide in una città si uccide la città stessa». Il dolore di oggi – continua – non lo abbiamo sentito dalla televisione, ma l’abbiamo patito in noi, tra le nostre strade, tra le nostre persone». Ma non bisogna fermarsi all’amarezza del momento, perché occorre «fare quadrato per non sentirci soli in balia del male, perché diciamo così che non ci vogliamo piegare, perché vogliamo avere il coraggio di rimetterci in piedi ed iniziare subito la risalita».
Commentando il brano del Vangelo di Luca, scelto non a caso, che narra la resurrezione del figlio della vedova di Nain, spiega che nel racconto evangelico «si incontrano, o se volete – si scontrano due cortei: quello della morte e quello della vita. Un’immagine che voglio lasciare come riscatto dei sentimenti negativi che tutti in questo momento nutriamo: il corteo trionfale della morte lo può fermare solo Dio. A Lui chiediamo di toccarci, quando, invece di essere portatori di vita, siamo portatori di morte». Parla lentamente il vescovo calatino, misura le parole, che si è appuntate su un foglietto, quasi a non volerne dimenticare nessuna.
Non è facile parlare di perdono in questi casi. Ma per mons. Peri è un percorso obbligato, evitare le “piccole violenze quotidiane”: «tante gocce fanno il mare – spiega con una sorta di parabola evangelica –me se leviamo tante gocce lo possiamo prosciugare il mare, almeno quello del male, della violenza» e«non ingrossiamo il fiume della violenza che travolge i più innocenti e i più deboli».
“Carcere a vita, la vera risposta per queste persone, carcere a vita!”: una voce si leva dal gruppo dei familiari, raccolti nel transetto laterale a destra dell’altare. Mons. Peri si interrompe, si volta, il suo sguardo non è di rimprovero, ma di paterna comprensione: certe ferite ci vuol tempo per guarirle. Ma poi prosegue deciso a indicare la difficile e faticosa via del perdono.
Si recita il “Credo” e, a seguire, il “Padre nostro”: per credere, che nonostante tutto, abbiamo un Padre che ci fa fratelli. Quindi la preghiera di commiato per Patrizia, la cui anima affida a Dio perché in Lui trovi quella pace che in terra le è stata negata.
«Non dobbiamo dimenticare – dice il vescovo – che anche la notte è preludio di un mattino, è preludio di Pasqua. Lo dico a me, per dirlo a tutti: oggi è più facile vedere la morte che intravedere la vita, scorgere il buio e non l’alba, vedere il Venerdì Santo e meno la Pasqua. Noi abbiamo crocifisso l’autore della vita e continuiamo purtroppo a crocifiggere gli innocenti, ma Dio ci dice che non li ha abbandonati, non ci abbandona nella tomba». «Lo diciamo alla nostra sorella Patrizia – conclude mons. Peri – che in maniera così drammatica e tragica ha concluso prematuramente e inaspettatamente il suo viaggio terreno, e ci auguriamo che adesso possa essere nella luce, nella pace, nella gioia, come ricompensa a quella fatica umana che senza dubbio tutti viviamo».
L’assemblea si scioglie in silenzio, come in silenzio si è radunata. Oggi splende il sole su Caltagirone. Chissà se nel silenzio cupo del Venerdì Santo sta germinando l’alba di Pasqua.
INTERVENTO DEL VESCOVO IN CATTEDRALE
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