Pubblicato il 31/05/2020
RELIGIONE / DIOCESI

La Conadomini a Caltagirone: “Icona Domini” o “Cona Domini”?



“Icona del Signore” o, secondo l’etimologia popolare “Cona del Signore”, ma anche “Madonna del Pane: nei titoli mariani attribuiti alla Conadomini, la sacra immagine così cara alla devozione dei caltagironesi, abbiamo una mirabile sintesi di mariologia.

di Giacomo Belvedere

Maggio è tradizionalmente a Caltagirone il mese dedicato a Maria di Conadomini. Una devozione radicata profondamente nel popolo, tant’è che, avendo chiesto nel 1642 il re Filippo IV a tutte le città del Regno di eleggere a Patrona la Vergine, sotto il titolo che fosse più venerato, i calatini, dovendo scegliere tra la Madonna del Ponte, la gaginesca Madonna della Catena in Santa Maria di Gesù e la Conadomini, indicarono quest’ultima. Il 15 luglio 1644 il Senato civico la proclamò compatrona principale della città. Secondo la tradizione, l’icona della Vergine Maria, dipinto bifronte medievale, probabilmente di scuola senese-lucchese, con in braccio il Bambino Gesù e avvolta in un manto trapunto di stelle, fu portata a Caltagirone nel 1225 dalla nobile famiglia guelfa dei Campochiaro, esule da Lucca a seguito del prevalere nella città toscana della fazione ghibellina. Fu donata sul finire del XVI alla Chiesa Madre dedicata all’Assunta.

“ICONA DOMINI” O “CONA DOMINI"? - Il titolo mariano Conadomini, così caro ai calatini, costituisce un unicum nella devozione mariana. Sul suo etimo due sono le interpretazioni più accreditate: la prima cerca le sue origini nella tradizione popolare, la  seconda è una versione dotta. Secondo l’interpretazione più attendibile, il termine viene da Cona del Signore, dal nome della nicchia, sull’altare maggiore, chiamata così perché di solito vi si esponeva il Cristo che si erge dal Sepolcro, dipinto sul retro del quadro, mentre in occasioni solenni o ogni volta che gravi calamità, siccità, pestilenze, carestie affliggevano la comunità cittadina, la sacra icona veniva girata dal lato dell’immagine mariana, per venerarla ed implorare la sua misericordia. Con uno spostamento di senso assai indicativo il termine cona passò a designare Maria, colei che “contiene e porta” il Signore.

La versione dotta fa derivare il termine da Icona del Signore, con chiara allusione a Gen 1,27. Ma forse le due versioni si sono contaminate e il termine potrebbe essere una storpiatura e reinterpretazione popolare (cona) di una terminologia (icona) non più compresa. Sia che si accetti l’etimologia popolare, sia quella dotta abbiamo una mirabile sintesi di mariologia.

MADONNA DEL PANE” - La venerazione alla Conadomini è non solo carica di suggestione, ma, a ben vedere, densa di contenuto teologico. Inizialmente la festa era pienamente inserita nel mistero pasquale: anticamente, prima che intorno al 1750 venisse spostata al 31 maggio, la festa si celebrava la domenica in albis, con successivo novenario ed è legata all’offerta delle primizie, in specie il grano.  Cadendo poi proprio nel tempo delle messi, è in modo del tutto particolare cara al mondo dei contadini e delle loro fatiche, per cui è chiamata “Madonna del pane”.

“A RUSEDDA - All’agricoltura, ma anche all’artigianato calatino della ceramica, è legato il tradizionale pittoresco corteo detto della “Rusedda”: composto dagli agricoltori della zona originariamente su muli, cavalli e carretti e oggi soprattutto trattori, automobili e camion, tutti accuratamente addobbati con la “rusedda”, la pianta di cisto raccolta nel bosco di Santo Pietro che una volta serviva ai “cannatari” (gli stovigliai) per ardere i forni. Un tempo, la sera prima, il centro storico e gli stretti “carruggi” riecheggiavano dei rulli di tamburo dei banditori, che invitavano i contadini alla raccolta, al grido: “Immu a ricogghiri a rusedda, immuci a puttari a rusedda a Maria di Conadomini. Immuci tutti ca n’havimmu bisognu” (andiamo a cogliere la rusedda. Portiamola a Maria di Conadomini. Andiamo tutti, perché c’è bisogno). E si indicava anche il luogo dove sarebbe avvenuta la raccolta.

Il suono delle campane a distesa di tutte le chiese della città nel vespro del 30 aprile chiama la cittadinanza a raggiungere in cima alla famosa Scala, il tempio-santuario della Conadomini, nel quale la venerata icona bizantina è esposta per l’intero mese. Una tradizione, un tempo assai viva, era quella dei famosi “altarini” rionali riccamente addobbati con fiori e festoni di bandierine multicolori, attorno ai quali, al calar del giorno, si raccoglievano i fedeli nei vari quartieri per recitare il rosario e le lodi alla Conadomini.

Tra i parroci che si sono susseguiti alla guida della parrocchia promuovendo il culto della Conadomini, una particolare menzione merita in tal senso mons. Mario Mineo Ianni, oratore facondo e insigne teologo calatino, cui si deve una ricca produzione di scritti spirituali di ogni genere, e particolarmente in ordine al culto della Conadomini.

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