Pubblicato il 01/05/2020
CRONACA

Annullato sequestro Feudo Arancio



Nel mirino degli inquirenti un’operazione commerciale posta in essere tra il 2000 e il 2005, per la quale era stata avanzata l’ipotesi di riciclaggio di beni appartenenti a Cosa Nostra. Il Tribunale del Riesame ha ritenuto insussistente l’astratta configurabilità dei reati contestati in relazione agli originari acquisti dei suddetti terreni ed edifici.

Annullato ieri dal tribunale del Riesame di Trento il sequestro, emesso il 20 marzo scorso, dei terreni ed edifici delle società Solsicano e Villa Albius sarl del gruppo Mezzacorona, riferibili al brand “Feudo Arancio”, la nota cantina siciliana appartenente ad uno dei più grandi gruppi vitivinicoli in Italia. Si tratta di un complesso aziendale, del valore di oltre 70 milioni di euro, che si estende nelle province di Agrigento e Ragusa con oltre 900 ettari di vigneti e numerosi fabbricati.

Lo rende noto il presidente di Confagricoltura Ragusa, Antonino Pirrè. L'ipotesi avanzata dai magistrati. che hanno indagato i vertici della società, è di riciclaggio di beni appartenenti a Cosa Nostra. “Salutiamo positivamente questa notizia - afferma Pirrè - che rende giustizia e riabilita un’importante azienda vitivinicola, leader nel settore e vanto del nostro territorio".

“Come affermano i legali di Feudo Arancio - aggiunge il presidente di Confagricoltura - è stata ritenuta radicalmente insussistente l’astratta configurabilità dei reati contestati in relazione agli originari acquisti dei suddetti terreni ed edifici, anche a fronte della evidente trasparenza e tracciabilità delle compravendite realizzate”.

La misura del sequestro preventivo era stata emessa dal GIP presso il Tribunale di Trento, su richiesta della locale Procura Distrettuale – D.D.A., in stretto coordinamento con la Procura Nazionale Antimafia e Antiterrorismo, ed eseguita dai militari del Nucleo di Polizia Economica e Finanziaria della Guardia di Finanza di Trento, ad esito di indagini in materia di infiltrazione della criminalità organizzata di stampo mafioso nell'economia trentina.

Nel mirino degli inquirenti un’operazione commerciale posta in essere tra il 2000 e il 2005, attraverso la quale sono state acquisite due tenute siciliane per ottenere i terreni e gli edifici pertinenziali precedentemente individuati come funzionali ai progetti di sviluppo del Gruppo trentino.

Secondo gli inquirenti, la gestione formale delle due tenute, inizialmente di proprietà dei noti cugini S. (I. e A. detto "N.", uomini d'onore della famiglia di Salemi (TP) del mandamento di Mazara del Vallo), dopo la morte dei due cugini S., sarebbe stata affidata a prestanome mentre quella reale, su “delega” di cosa nostra, ad un uomo d'onore palermitano e all’allora capo mandamento di Sambuca di Sicilia, previa autorizzazione di un noto boss latitante.

Lo scopo della vendita sarebbe stato, secondo il quadro accusatorio, “un classico di messa a posto”. al fine “di liberarsi di beni immobili ricevuti e/o gestiti attraverso attività criminali per sottrarli a misure cautelari reali e/o per investire il ricavato, così ripulito, in ulteriori imprese delittuose”.

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