Pubblicato il 29/04/2020
CULTURA
ph. Mario Alberghina

Ricordando Mario Iudici



Il coronavirus ha portato via con sé un illustre figlio della città di Caltagirone, il maestro Mario Iudici. Il mondo della cultura non solo locale lo ricorda lasciando alla Storia il tempo per dare la sua giusta collocazione nel pantheon degli artisti che hanno scritto una pagina della millenaria storia che lega la città di Caltagirone alla ceramica.

di Sebastiano Russo

Ho conosciuto personalmente il maestro Mario Iudici all’inizio degli anni settanta da apprendista ceramista in un’altra bottega artigianale. Lui si era trasferito da poco nei locali di via Fontanelle, ricostruendo un ambiente lavorativo che guardava al passato e io facevo fatica a capirne le motivazioni. In quel periodo si viveva nel campo dell’artigianato ceramico una sorta di “rivoluzione stilistica” non solo dal punto di vista decorativo con le ispirazioni faentine, ma anche nella produzione plastica. Un gruppo di ceramisti locali produceva “pupi stilizzati” con nuove forge che vendevano in tutt’Italia mentre lui ricostruiva minuziosamente forme antiche con metodi tradizionali.

LO SGUARDO AL PASSATO - Ma erano proprio queste conoscenze profonde della tradizione calatina che allora portavano il mio “principale” da Mario Iudici, con lui condividevano di tanto in tanto la cottura nel forno a legna che allora solo lui continuava ad accendere o smalti composti con i suoi preziosi consigli.

Adesso ripensando a quel periodo, a quell’uomo impegnato a ricostruire il suo passato quando tutti erano impegnati a guardare verso il futuro, immagino quanto fu dolorosa la separazione artistica dal fratello Salvatore nel 1968.  “Prima o poi arriva l'ora in cui bisogna prendere una posizione che non è né sicura, né conveniente, né popolare; ma bisogna prenderla, perché è giusta” (Martin Luther King Jr.).

“UN CANNATARU” - Mario Iudici continuò a guardare alla tradizione, al passato dal suo particolare punto divista di “cannataru” non piegandosi alle esigenze del marcato che esigeva souvenir commerciali, “non si vive solo di soldi nella vita, - soleva dire Iudici – è nella ricerca dell’antica tradizione calatina che traggo quelle soddisfazioni che mi danno un impulso maggiore a proseguire in questa ricerca. È l’antica tradizione che onora Caltagirone e quegli artigiani antichi che facevano “cose”, i cannatari, quelli che hanno dato grande successo alla nostra storia”.

L'ISCRIZIONE AL R.E.I. - E questo suo farsi carico della storia e della tradizione della sua bottega e della sua famiglia che da almeno quattro generazioni lo portò fino all’alto riconoscimento dell’iscrizione al R.E.I. (Registro delle Eredità Immateriali) che secondo la Convenzione per la Salvaguardia del Patrimonio Culturale Immateriale, approvata dall'UNESCO il 17 ottobre 2003, definisce le Eredità Immateriali  come "l'insieme delle pratiche, rappresentazioni, espressioni, conoscenze e tecniche - nella forma di strumenti, oggetti, artefatti e luoghi ad essi associati - che le comunità, i gruppi e in alcuni casi gli individui, riconoscono come parte del loro patrimonio culturale". La prima iscrizione avviene il 5/12/2006 nel libro dei “tesori umani viventi” e successivamente confermata nel settembre del 2013.

NAVANZINO: “UN MAESTRO DI FAMA INTERNAZIONALE” - L’emergenza coronavirus non ha impedito a chi lo ha conosciuto di ricordarne l’alto contributo culturale lasciato alla città. Così lo ricorda il prof. Antonio Navanzino: “Oltre al ricordo e all'affetto personale che rimarranno per me indelebili, mi ritengo fortunato ad avere condiviso con lui lunghi dialoghi costruttivi e di interesse storico per la futura memoria. A Mario Iudici va riconosciuta la capacità di aver mantenuto viva la tradizione ceramica popolare che va dal fischietto per arrivare alla plasticità antropomorfa. Chi ci ha lasciato è un artista che negli anni ha imposto la presenza di Caltagirone nei migliori musei internazionali della ceramica. Non deve meravigliarci se in un catalogo di una mostra ceramica troviamo Iudici e Picasso a confronto perché nel campo ceramico sicuramente Mario Iudici ha potuto fare solo da maestro ai grandi dell'arte del '900. Tanto appariva semplice l'opera di Mario Iudici da stupire i migliori critici d'arte; questo, perché dietro l'azione immediata si conservava la stratificazione di secoli di conoscenza, quei secoli che Mario Iudici ha saputo rubare e incamerare con massima lucidità e ovviamente con innata capacità operativa.

Se dobbiamo parlare di arte ceramica siciliana, il nome di Mario Iudici è sinonimo della stessa.

Quando i tempi ci permetteranno di ritornare a progettare eventi culturali, non potrà mancare una retrospettiva dedicata al maestro Iudici poiché oggi Caltagirone è famosa nel mondo grazie a questi maestri che anche durante le peggiori crisi economiche hanno mantenuto saldo il rapporto tra tradizione e continuità. La storia di Mario Iudici ci insegna che in momenti di difficoltà, il creativo rimodula il suo lavoro e ne fa una opportunità di rinnovamento”.


IMPRESARIO: “NELLA SUA CERAMICA LA TRADIZIONE ARABA E PERSIANA” - Federico Impresario, cultore di storia patria e collezionista di fischietti, lo ricorda così: “Mario Iudici è stato il primo maestro a progettare ed eseguire la prima mostra del fischietto in cui espose tutta la sua vasta produzione impostata sulla tradizione non solo religiosa per i numerosi santi da lui prodotti come fischietti, ma anche la sua cortese satira su personaggi pubblici prodotti in fischietto come Luigi Sturzo, Spadolini e altri. La sua produzione ceramica era improntata alla ricerca storia della tradizione non solo locale ma anche nel produrre pezzi che si rifacevano alla cultura Araba, Persiana che lui trasferiva nelle forme e negli oggetti di uso comune che produceva. Caltagirone perde un grande maestro che ha dato molto a questa città”.


FALCONE: “UN UOMO SEMPLICE E FELICE TRA I SUOI SMALTI” - “Tanti sono i ricordi che legano il maestro Mario Iudici a Caltagirone ed ai Caltagironesi - commenta l’arch. Luigi Falcone -, tanti gli aneddoti ed i momenti importanti, io preferisco ricordare l'uomo semplice e felice mentre creava arte. Ho avuto la fortuna di frequentare le botteghe storiche e con la morte di Mario Iudici purtroppo si chiude quel trittico di maestri che insieme a Giuseppe Bonaccorso e Gaetano Romano costituisce i miei ricordi. Sin da piccolo ho sempre accompagnato i passi di mio padre, anche nelle botteghe, ho potuto quindi ammirare il Maestro Iudici durante la creazione di opere d'arte, rimanevo estasiato a contemplare la sua grande capacita che faceva sembrare tanto facile plasmare l'argilla e quanto fossero belli i pezzi che ne tirava fuori. Mentre lavorava parlava, sorrideva e mi trascinava nei suoi racconti: il forno a legna, la storia dei "friscaletti", quanti me ne ha regalati e quanti ne ho rotti, il più affascinante era l'uccellino dove versando l'acqua magicamente il fischio diventava un cinguettio. La magia delle "polveri" che dentro il forno si trasformavano in bellissimi colori.

Il suo laboratorio era alto, altissimo pieno di mensole sino al tetto ed ogni mensola traboccava di opere d'arte ... migliaia ...tanti pezzi unici mai riprodotti. Il disordine, tipico dei geni, dove però tutto per lui era facile da trovare, l'odore dell'argilla bagnata, le mie mani sporche che cercavano di imitare le sue ovviamente senza successo, Lui mi spiegava che la sua argilla era speciale, antica, con la sua il risultato era migliore più vicino alle tradizioni.

Sempre sereno, non si stancava mai, nel suo regno tra i profumi, le polveri e gli smalti era felice”.

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