Pubblicato il 27/04/2020
RELIGIONE

Covid-19, l’imbarazzante autogol dei vescovi sulla messa



Esclusa arbitrariamente dal Dpcm la messa con il popolo”. Perché i vescovi hanno deciso di far saltare una trattativa in corso, “scomunicando” il cattolicissimo Conte e prestando il fianco alle inevitabili strumentalizzazioni politiche di chi vuole la fine del Governo e non ha perso un attimo per salire sul carro della crociata per la libertà di culto?  “Parigi val bene una messa, si dice. Ma una messa val bene Parigi?

di Giacomo Belvedere

Perché i vescovi italiani hanno deciso di sparare a zero sul Presidente del Consiglio Giuseppe Conte? Domanda legittima, dopo che ieri, appena terminata la conferenza stampa sulla cosiddetta Fase 2, con tempismo cronometrico, la Cei ha diramato un comunicato, durissimo nei toni e nella sostanza, che suona come un anatema nei confronti del cattolicissimo Presidente del Consiglio, accusato nientemeno di attentare alla libertà di culto.

IL DICTAT - I toni non lasciano adito a interpretazioni sfumate o a distinguo: “I Vescovi italiani non possono accettare di vedere compromesso l’esercizio della libertà di culto”; “la Chiesa esige di poter riprendere la sua azione pastorale”; “il Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri varato questa sera esclude arbitrariamente la possibilità di celebrare la Messa con il popolo”; “alla Presidenza del Consiglio e al Comitato tecnico-scientifico si richiama il dovere di distinguere tra la loro responsabilità – dare indicazioni precise di carattere sanitario – e quella della Chiesa, chiamata a organizzare la vita della comunità cristiana, nel rispetto delle misure disposte, ma nella pienezza della propria autonomia”.

LA RISPOSTA DI CONTE - Un autentico dictat che ci riporta alla medievale lotta per le investiture o al foro ecclesiastico dell’ancien regime. Alla nota dei vescovi ha risposto un comunicato della Presidenza del Consiglio in cui si conferma che “già nei prossimi giorni si studierà un protocollo che consenta quanto prima la partecipazione dei fedeli alle celebrazioni liturgiche in condizioni di massima sicurezza”.

CONTE A CANOSSA? - Dunque dopo la “scomunica” Conte è andato a Canossa? Niente affatto. La precisazione di palazzo Chigi non fa altro che ribadire quanto già detto conferenza stampa. “Per quanto riguarda le cerimonie religiose - aveva detto il premier -, saranno consentiti i funerali, cui potranno partecipare i parenti di primo e secondo grado per un massimo 15 persone. Inoltre, già nei prossimi giorni si studierà un protocollo che consenta quanto prima la partecipazione dei fedeli alle celebrazioni liturgiche in condizioni di massima sicurezza". Ciò aveva detto Conte, facendo capire che era in atto “una fitta, serrata interlocuzione con il Comitato scientifico, che è apparso molto rigido su questo fronte”. Insomma, era in atto una difficile mediazione per trovare la quadra, ma ci sarebbero state ulteriori aperture.  

IL NO DEL COMITATO SCIENTIFICO - La rigidità del Comitato scientifico, del resto, viene dai numeri: sono più di cento i preti, e altrettanto le suore, cadute sul campo mentre esercitavano la loro attività pastorale. Senza scordare che in Corea del Sud, il contagio si è propagato rovinosamente a partire da comunità religiose. E che solo ora, a contagio azzerato, si sono autorizzate nuovamente le celebrazioni liturgiche, sempre con tutte le cautele.

Ma i numeri dei morti e dei contagiati ieri in Italia, erano ancora altissimi, ed è assai improbabile che si azzerino il 4 maggio. A chi obietta che si apre tutto, ma non le chiese, occorre ricordare che le chiese sono sempre state aperte: vietate, per il momento, le celebrazioni, in quanto rientrano tra gli “assembramenti pubblici”. Per lo stesso motivo sono ancora chiuse le scuole, benché il diritto allo studio sia uno dei diritti fondamentali, come la libertà di culto. Libertà di culto che non si capisce come garantire a tutti i fedeli, se si devono anche rispettare le norme del distanziamento sociale. Solo ad alcuni privilegiati sarà concesso di partecipate alle messe, la  maggior parte, giocoforza, ne sarà esclusa. A meno di non moltiplicare ad libitum le messe, andando contro le norme canoniche in merito.  

LA TRATTATIVA SALTATA - Ma c’era una trattativa in corso: perché la Cei ha deciso di farla saltare e di mostrare i muscoli? Perché ha rinunciato alla sua millenaria capacità diplomatica (la diplomazia l'hanno inventata in Vaticano…), alla proverbiale prudenza ecclesiastica, per scendere rumorosamente nell’agone politico, indebolendo di fatto la posizione del Presidente del Consiglio e prestando il fianco alle inevitabili strumentalizzazioni di chi non vedeva l’ora di salire sul carro di questa crociata contro il Governo?

UNA NUOVA CROCIATA? - Non a caso immediate sono state le reazioni di chi ha tutto l’interesse a far saltare il Governo o lavorarlo ai fianchi: Salvini e Meloni, ma anche Renzi plaudono ai vescovi. Fanno il loro legittimo  gioco politico. Ma la domanda imbarazzante è: perché la Chiesa si è lasciata coinvolgere in questo gioco, mettendo a rischio quella “pienezza della propria autonomia”, che giustamente rivendica e creando confusione, disorientamento e divisione tra i fedeli in un momento così difficile per l’Italia? E difatti nel mondo cattolico si sono alzate le barricate fra gli opposti schieramenti. Ci sono persino quelli che addirittura alzano la bandiera della disobbedienza civile, manco l’Italia fosse la Corea del Nord.

UNA MESSA VAL BENE PARIGI? - È stata violata la libertà di culto durante quelle straordinarie celebrazioni della Settimana Santa, nella Basilica Vaticana vuota? Forse mai come quest’anno sono state un evento di fede profonda, vissuta e sofferta. A meno che non si voglia ridurre l’azione pastorale della Chiesa al culto.

“Parigi val bene una messa”, disse il re di Francia Enrico IV, che, ugonotto e protestante, si accomodò a farsi cattolico per salire al trono.  Ma una messa val bene Parigi?

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