Pubblicato il 24/03/2020
ATTUALITÀ

Caro Musumeci, noi giovani di Caltagirone bloccati al Nord, respinti dalla Buttanissima Sicilia



L’appello accorato di Francesco, un giovane caltagironese, che racconta la sua odissea al Nord: “Presidente non la prenda come una cosa personale, ma questa è la storia di Francesco, Marco, Giacomo, Giuliana, Marina e tutti i siciliani emigrati, a cui è stato fatto divieto di ritornare nella LORO Buttanissima Sicilia, tanto amata”.


di Giacomo Belvedere 

Abbiamo ricevuto questa lettera accorata di un giovane siciliano di Caltagirone, emigrato al Nord come tanti figli della nostra terra per studiare e avere prospettive di lavoro. Ragazzi abituati a stare da soli, lontano dalla famiglia, non bamboccioni viziati, come li ama descrivere la vulgata corrente.


Oggi sono prigionieri al Nord e si sentono respinti dalla loro Buttanissima Sicilia. Non sono gli incoscienti della settimana bianca al Nord, tornati in Sicilia per infettare Messina. Non sono  quelli che le regole non le rispettano, anzi. Chiedono di poter tornate responsabilmente. Di essere controllati. Di stare in quarantena in strutture predisposte ad hoc,in B&B, anche a loro spese, prima di rientrare a casa.


Chiedono di essere considerate persone con una storia dietro, non numeri, né tantomeno untori. Dietro ognuno di loro c’è un volto: chiedono che la loro amata Sicilia guardi questi volti e non si giri dall’altra parte, madre di parto e di voler matrigna.



LETTERA APERTA AL PRESIDENTE DELLA REGIONE SIICLIANA

Gentile presidente Musumeci,

mi chiamo Francesco La Spina sono SICILIANO, di Caltagirone, ho 23 anni e da cinque sono emigrato al Nord per proseguire il mio percorso di studi presso la scuola di economia e management dell’Università di Torino.


Questi che stiamo vivendo sono giorni bui per la nostra nazione, questa crisi economico-sanitaria ha creato molti conflitti, ma soprattutto sta alimentando odio e ostilità nei confronti di quei siciliani, come me, scappati dalla nostra Buttanissima Sicilia -tanto per citare Pietrangelo Buttafuoco e far capire come mai ci siamo ritrovati al punto di dire arrivederci alla nostra meravigliosa terra.


Nella mia fiorente avventura pensavo di aver visto di tutto: ricordo i primi anni 2000 dove i Malacunnùtta erano i popoli slavi, romeni e albanesi. Dieci anni dopo, circa, è arrivato il momento di accanirsi con i popoli africani. L’odio è nell’indole dell’uomo: ricordo i racconti di mio nonno paterno, Francesco, che arrivata la maggiore età decise di emigrare a Bologna per trovare, in qualche fabbrica, fortuna, e raggiunse suo fratello maggiore. La sua avventura romagnola durò qualche mese perché non riuscì a sopportare l’odio dei romagnoli nei suoi confronti e di tutti i meridionali che vivevano ghettizzati tutti nel quartiere Il villaggio del Pilastro.


Questa non è solo la storia di mio nonno ma di tutti i meridionali e siciliani ghettizzati a Lingotto e Mirafiori a Torino, alla Barona o a Quarto Oggiaro a Milano e via dicendo.

Ma, Presidente, mai avrei potuto immaginare di vedere nell’epoca del corona virus: siciliano sano vs siciliano possibile infetto.


È il 23 febbraio, come ogni domenica ho appuntamento in stazione per andare ad arbitrare (sono un assistente arbitrale in promozione del CRA Piemonte Valle d’Aosta), e apprendo dai miei designatori che forse la partita potrebbe non giocarsi per evitare il contagio del coronavirus. Il nostro Paese, più o meno da quel giorno, è sotto attacco da questa bestia che sta mietendo migliaia di vittime tra i nostri fratelli/sorelle italiani, e da quel giorno le regioni del Nord hanno, pian piano, iniziato ad evitare assembramenti chiudendo scuole, università, uffici, ecc.


Sono sincero con Lei, Presidente, inizialmente ho sottovalutato la questione e pensavo che tempo una settimana saremmo tornati alla normalità, l’ho vissuta come una vacanza post-sessione invernale. Infatti, quando ho informato i miei genitori del blocco, ho baypassato la proposta di mia mamma che mi invitava a tornare.


Passano i giorni, aumentano le restrizioni e, pur non essendo Torino zona rossa, decido di mettermi in auto-quarantena, perché, conscio di essere solo, ho paura di ammalarmi, ma soprattutto ho timore di contagiare i miei cari.


Passano i giorni, nessun sintomo, potrei essere asintomatico, e decido di osservare altri giorni di auto-quarantena. Siamo al ventesimo giorno ed inizio a programmare la mia traversata dello stivale per tornare a casa. Chiamo ripetutamente la Protezione civile per prendere le giuste precauzioni e per chiedere quale sarebbe stata la procedura da seguire per auto-denunciare il ritorno dal nord.


Al fine di evitare possibili contagi durante la mia attraversata, decido di partire in macchina - il modo più sicuro in questo momento. Visto il malochiffari di questi giorni, trepidante di poter tornare e stare sei mesi in Sicilia (perché la sessione estiva si svolgerà telematicamente), inizio sabato a preparare le valigie. Domenica ho tutto pronto,devo solo far benzina, quello l’avrei fatta il giorno della partenza per evitare di uscire inutilmente. Sono le 18:30 circa, ricevo un whatsapp da un neo ingegnere caltagironese, studente del politecnico di Torino, nonché amico, Francesco, nella mia stessa situazione: è un allegato, è la bozza del DCPM che al comma B. vieta il rientro presso il proprio domicilio, abitazione o residenza e mi obbliga a restare nel comune in cui attualmente mi trovo.


Adesso mi chiedo: come si sente lei, Presidente, padre putativo di tutti noi siciliani, sapendo che i suoi figli sono in balia di un’emergenza simile? Non sarebbe opportuno mettere in sicurezza i suoi conterranei? Non si potevano allestire dei campi per la quarantena, qualora non si avesse a disposizione una seconda casa dove passare i 15 giorni di isolamento? Non vi sono in Sicilia valide alternative e spazi pubblici inutilizzati dove per allestire un campo? Oppure fare convenzioni con hotel/b&b, anche a spese nostre?


Perché sa, Presidente, io divido la casa con mia sorella, anche lei studentessa: se uno dei due dovesse contrarre il virus, malauguratamente, anche l’altro sarebbe positivo e a quel punto chi si preoccuperebbe di noi? A chi potrei chiedere per 1kg di pasta,qualora la mia dispensa fosse vuota? Ma io, anzi, sono fortunato, Presidente. Pensi al povero Matteo, caltagironese anche lui, studia a Parma - zona rossa. I suoi coinquilini sono tornati dalle loro famiglie, da 15 giorni è solo in casa in auto-quarantena e anche lui era pronto a mettersi in viaggio e a pagare a proprie spese un b&b per affrontare altri 15 giorni di isolamento.


Infine Presidente non la prenda come una cosa personale, ma questa è la storia di Francesco, Marco, Giacomo, Giuliana, Marina e tutti i siciliani emigrati, a cui è stato fatto divieto di ritornare nella LORO Buttanissima Sicilia, tanto amata.

Cordiali saluti.

Un siciliano qualunque.

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24/03/2020
Salve,anche mia figlia dopo essersi accertata la data della laurea tanto attesa per tutti, ma soprattutto per lei traguardo così lontano così vicino,capisce che può ritornare a casa e che in questo momento ne possa fregare di meno a qualcuno della sua laurea,non può rientrare,non sono previsti spostamenti, mi chiedo nei panni di un genitore come si sentirebbe?da premettere vive da sola perché le altre sono ritornate tempo fa....lei ha rispettato fino alla fine i suoi doveri...
Stella
24/03/2020
È angosciante vivere in questa situazione....molto delicata e sapere che un figlio debba stare lontano da casa .... avete ragione a pensare di salvaguardare dal virus ma per colpa di chi non ha rispettato le regole ne pagano le conseguenze ragazzi intelligenti capaci di stare in quarantena vera...
Una mamma
24/03/2020
Analizzando la lettera mi permettono di aggiungere un argomento chiave per il quale, secondo la mia personale opinione ,la stessa possa essere presa in considerazione: la realtà dei fatti è che i genitori, non avendo la possibilità di produrre reddito a causa delle restrizioni imposte dallo stato Italiano, non riescono a mantenere le spese essenziali che permettono il soggiorno studio dei propri figli emigrati al Nord. Questa è la reale emergenza di chi ne ha la necessità.
Luca Lavore