Pubblicato il 26/01/2020
ATTUALITÀ

Giornata della Memoria: se taceremo, grideranno le pietre



Scrive Primo Levi nella prefazione a “I sommersi e i salvati”, che le SS deridevano i prigionieri: “la gente crederà a noi, che negheremo tutto, e non a voi. La storia dei Lager, saremo noi a dettarla”. Ecco perché la Giornata della Memoria, nel clima di odio e intolleranza che respiriamo, è un imperativo categorico, oggi che è riapparsa la scritta Juden hier e la senatrice Liliana Segre è costretta a girare con la scorta. Non possiamo voltarci indietro: la deriva morale che lentamente scivola verso Auschwitz, infatti, inizia da qui, da Ponzio Pilato.


di Giacomo Belvedere

 «Molti sopravvissuti ricordano che i militi delle SS si divertivano ad ammonire cinicamente i prigionieri: “In qualunque modo questa guerra finisca, la guerra contro di voi l’abbiamo vinta noi; nessuno di voi rimarrà per portare testimonianza, ma se anche qualcuno scampasse, il mondo non gli crederà. Forse ci saranno sospetti, discussioni, ricerche di storici, ma non ci saranno certezze, perché noi distruggeremo le prove insieme con voi. E quando anche qualche prova dovesse rimanere, e qualcuno di voi sopravvivere, la gente dirà che i fatti che voi raccontate sono troppo mostruosi per essere creduti: dirà che sono esagerazioni della propaganda alleata, e crederà a noi, che negheremo tutto, e non a voi. La storia dei Lager, saremo noi a dettarla”».


Così Primo Levi, nella prefazione a I sommersi e i salvati (1986), il suo straordinario e lucidissimo saggio sull’universo concentrazionario dei lager, forse la sua opera più significativa e riuscita.

Parole che suonano ancor più inquietanti di fronte ai rigurgiti di antisemitismo che ammorbano la cronaca di questi nostri giorni. Segnali che non vanno assolutamente trascurati, né derubricati a gesti di “balordi”. Un vento gelido soffia sull’Europa e in Italia. Non avremmo mai pensato di dover leggere ancora l’oscena scritta Juden hier, "qui abita un ebreo", con la stella di Davide, sulla porta di Aldo Rolfi, figlio della staffetta partigiana Lidia Rolfi, a Mondovì, in provincia di Cuneo. E se la senatrice a vita Liliana Segre, una degli ultimi superstiti dell’olocausto, è costretta ad avere la scorta, vuol dire che in Italia, non altrove, il veleno dell’odio razziale e antisemita sta inquinando nel profondo le radici del vivere sociale. Quel veleno va fermato, prima che sia troppo tardi.


Ecco perché la Giornata della Memoria del 27 gennaio, in ricordo della liberazione del Campo di Auschwitz da parte delle truppe dell’Armata Rossa, oggi più che mai è un imperativo categorico.

Varcare il cancello del campo di Auschwitz, sotto la sarcastica scritta Arbeit macht frei, "il lavoro rende liberi", è un’esperienza che tutti dobbIamo fare. Tra quelle pietre un grido muto ti lacera l’anima.


Un pellegrinaggio al di là dell’umano, nel regno delle Tenebre, nella terra del Male, che se non è possibile fisicamente – ma sarebbe altamente consigliabile – occorre almeno compiere idealmente, senza voltarsi dall’altra parte.


L’assuefazione è infatti il focolaio dove alligna latente Auschwitz. Non abbiamo visto negli anni ’90 a Sarajevo, non abbiamo visto in Siria. E, nell’Europa smemorata, che alza muri e reticolati di fronte alla nuova emergenza umanitaria, non vediamo i migranti in casa nostra, annegati nel nostro Mar Mediterraneo o stipati come polli nei campi profughi, che ci ostiniamo a chiamare centri di accoglienza. Anche alle porte di Auschwitz la scritta era benaugurante. E non è un caso che, in questo clima d’odio e cattiveria gratuita, sia riapparsa, oggi, la scritta Juden hier. La deriva morale che lentamente scivola verso Auschwitz, infatti, inizia da qui, da Ponzio Pilato.


«Meditate che questo è stato: / vi comando queste parole. / Scolpitele nel vostro cuore / stando in casa andando per via, / coricandovi, alzandovi. / Ripetetele ai vostri figli. / O vi si sfaccia la casa, / la malattia vi impedisca, / i vostri nati torcano il viso da voi». Terribile maledizione, quella che Primo Levi lancia alla fine della sua poesia Se questo è un uomo: i nati non riconosceranno quei padri che si saranno resi complici del Male.  


Per questo non dobbiamo tacere. Sarebbe un’incommensurabile sciagura, che sancirebbe la nostra condanna, da cui non potremmo lavarci ipocritamente le mani e dire: non sapevo. Non si può soffocare, infatti, il grido della memoria. La storia dei Lager non sarà dettata dalle SS. Ci ammonisce, infatti, il Vangelo: «Vi dico che se costoro tacciono, le pietre grideranno» (Luca 19, 40).

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