Pubblicato il 15/12/2019
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Il giallo della “Natività” di Caravaggio: una nuova pista porta in Svizzera



Sul furto della tela, fra i dieci capolavori più ricercati al mondo, di cui hanno parlato i pentiti e su cui indagò il giudice Falcone, si sono inseguite le ipotesi più disparate, alcune davvero surreali. L’unico dato certo è che, a 50 anni dalla scomparsa, non esiste una verità sul Caravaggio, e che anche questo Natale Palermo dovrà fare a meno della sua “Natività”. Ultimamente una nuova pista porta in Svizzera e fa sperare che la tela non sia andata distrutta.


In una notte di pioggia, due balordi rubano – in una data ipotetica tra il 12 e il 17 ottobre 1969 -  la Natività con i Santi Francesco e Lorenzo, l’unico dipinto autografo eseguito da Caravaggio per Palermo. I due forzano l'ingresso dell’Oratorio di San Lorenzo, dove il quadro era custodito, rimuovono la Natività del Caravaggio dall'altare, asportano la tela dal telaio con una lametta, la arrotolano e la portano via.


Il furto è semplice, l’Oratorio di San Lorenzo, non è dotato di alcun sistema di allarme. Del furto si accorgeranno le due custodi il 18 mattina: danno l’allarme, ma della tela alcuna traccia. Da questo momento inizia la storia del Caravaggio rubato, la tela di cui hanno parlato i pentiti e su cui indagò il giudice Falcone, fra i dieci capolavori più ricercati al mondo, il cui valore di mercato si aggirerebbe oggi intorno ai 30 milioni di euro.


Sul furto – su cui non si contano più le inchieste, gli articoli, i romanzi – si sono inseguite le ipotesi più disparate, alcune davvero surreali. L’unico dato certo è che, tuttora, non esiste una verità sul Caravaggio, e che sono passati cinquant’anni esatti. E anche questo Natale Palermo dovrà fare a meno della sua Natività.


Nel 2017 la Commissione antimafia, guidata dall'onorevole Rosy Bindi, ha riaperto il fascicolo, acquisendo le nuove dichiarazioni di Mannoia e di Grado ed è arriva alla conclusione che il quadro sia ancora esistente


Subito dopo il furto, ci sarebbero state trattative tra il boss Gaetano Badalamenti e il parroco dell'Oratorio di San Lorenzo, monsignor Rocco Benedetto. Monsignor Rocco rivelò di aver avuto contatti con Badalamenti, che si sarebbe dichiarato pronto a restituire la tela in cambio di denaro e da cui avrebbe ricevuto un brandello della tela come prova.


Il parroco ne parlò nel 2001 al regista Massimo D'Anolfi, che stava preparando un documentario sulle opere d'arte trafugate. L'intervista inedita, rimasta per anni nei cassetti, è stata consegnata alla polizia e ripescata dallo stesso D'Anolfi, montata e presentata in assoluta anteprima, a distanza di quasi diciotto anni - nell'ottobre scorso a Palermo, in occasione di una mostra su opere e capolavori scomparsi.


Il parroco, morto nel 2003, non riuscì a convincere gli investigatori e il sovrintendente alle Belle arti della pista mafiosa. Fu addirittura indagato come complice dei ladri. Ma poi l'inchiesta fu archiviata.


Una nuova pista porta direttamente in Svizzera. La Natività del Caravaggio sarebbe infatti stata acquistata da un sedicente mercante d’arte con sede in Ticino. La procura di Palermo ha aperto una nuova inchiesta incentrata proprio sul ruolo di questo misterioso personaggio che all’epoca dei fatti sarebbe già stato in affari con Gaetano Badalamenti. Il mercante, morto già da molti anni, è stato identificato dagli inquirenti ma la sua identità è segretata.


Di questa misteriosa trattativa ha parlato la docu-inchiesta di Maria Roselli e Marco Tagliabue,  “Caravaggio, il boss e il mercante svizzero” trasmessa da Falò, il programma di approfondimento della Radiotelevisione svizzera di lingua italiana (RSI), che ha dato voce a testimonianze dirette e inedite di questo furto, che rappresenta una ferita aperta per la città di Palermo e il mondo intero, e ha ripercorso le tappe salienti del versante elvetico di un’inchiesta piena di misteri e colpi di scena.

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