Coinvolti nel progetto di di ricerca idrocarburi territori ricadenti nella provincia di Catania, Ragusa, e Siracusa: nei comuni di Caltagirone,Licodia Eubea, Mazzarrone, Ragusa, Modica Comiso, Chiaramonte Gulfi, Giarratana, Monterosso Almo, Buscemi, Palazzolo Acreide, Rosolini, per un totale di 660 chilometri quadrati nell’entroterra siciliano. Il territorio di Caltagirone interessato ai rilievi, , come si vede nella cartina, è compreso nell’Area Nord n. 1 del progetto. Un cavallo di Troia per aprire la via alle trivellazioni?
di Giacomo Belvedere
Caltagirone si unisce alle iniziative stragiudiziali e giudiziali degli altri Comuni del Distretto Turistico del Sud Est a tutela del territorio del Val di Noto, contro i permessi di ricerca di idrocarburi liquidi e gassosi concessi dalla Regione Siciliana alla Maurel et Prom Italia Srl, (multinazionale operante nel settore gas-petrolifero, con sede a Parigi) e dà mandato a uno studio legale romano di impugnare il silenzio del Mise sulla diffida del Distretto del Sud Est.
È la prima deliberazione assunta dalla Giunta comunale il 27 novembre scorso, dopo
le nuove nomine assessoriali. E si tratta di una delibera su un nodo assai scottante e cruciale.
I provvedimenti amministrativi della Regione Siciliana contro cui si intende
procedere sono il D.A. Energia n. 86 del 5 febbraio 2019, dell’Assessorato
Energia, con il quale il permesso di ricerca denominato “Fiume Tellaro” è stato
intestato alla “Maurel et Prom Italia S.r.l.” e con il quale è stata
autorizzata la variazione del programma dei lavori; il D.A. Ambiente
dell’Assessorato Territorio e Ambiente n. 304 del 5 luglio 2019, con il quale
si è disposta la conclusione, con esito positivo, della procedura di screening
della valutazione di incidenza ambientale del rilievo geofisico all’interno del
permesso di ricerca denominato “Fiume Tellaro”; e l’autorizzazione dell’URIG (Ufficio
Regionale per gli Idrocarburi e la Geotermica) del 23 agosto 2019, con la quale
si è disposta l’estensione del rilievo sismico anche nelle aree ricadenti entro
le concessioni di coltivazione denominate “Comiso II e Noto”.
Una diffida era stata inviata nei giorni scorsi al Mise (Ministero dello Sviluppo economico), a cui il Ministero non ha dato alcun seguito: pertanto il Distretto del Sud Est ha deciso di impugnare il silenzio del Mise, avviando il ricorso all’autorità giudiziaria competente.
LA NOTA DELLA REGIONE - Sul caso relativo al “rilievo geofisico all'interno del permesso di ricerca idrocarburi denominato 'Tellaro' nel territorio della provincia di Ragusa”, l’8 agosto scorso il Governo Musumeci, in una nota, aveva dichiarato che si trattava di “un percorso delineato dal governo nazionale, nel novembre del 2018, e attuato dagli organi periferici della Regione, peraltro con giudizio insindacabile, come quello reso nel maggio di quest'anno dalla competente Soprintendenza ai beni culturali”. “In coerenza con la sua posizione - proseguiva la nota di Palazzo d’Orleans - il governo Musumeci ribadisce la contrarietà a ogni eventuali futura attività estrattiva che possa costituire un pregiudizio per l’equilibrio ambientale e paesaggistico dell'Isola. Ogni altra attività, svolta in contesti compatibili, non può che essere subordinata ad adeguate misure compensative, a cominciare dal riconoscimento, da parte del governo centrale, del diritto alla defiscalizzazione dei prodotti petroliferi per i cittadini residenti in Sicilia. La stagione dello sfruttamento indiscriminato del sottosuolo è finita!”.
E, rispondendo dalle colonne di Repubblica ai rilievi mossi dall’ex assessore Granata, l’assessore Cordaro aveva chiarito di aver “firmato il decreto senza entrare nel merito su proposta del dipartimento” e di non potersi “sottrarre per legge a concedere l’autorizzazione per la ricerca”. “Cosa diversa – concludeva l’assessore - sarebbe se ci fosse un’attività estrattiva. Possiamo però garantire che l’attenzione è massima, anche grazie ai fitti paletti e alla sorveglianza dell’università”.
Rassicurazioni che, tuttavia, non hanno fugato i dubbi e spento le critiche delle associazioni ambientaliste. Legambiente ha definito “miope” la scelta della Regione Siciliana nel dare parere positivo alla “Verifica della valutazione di Incidenza Ambientale” relativamente al rilievo geofisico all’interno del permesso di ricerca idrocarburi denominato “Fiume Tellaro”. “Seppur si tratti – spiega Legambiente - solo di una indagine geofisica e non di trivellazioni, Legambiente esprime ferma contrarietà sulla scelta di autorizzare dei rilievi che hanno l’obiettivo di individuare, ed eventualmente sfruttare nel prossimo futuro, dei possibili giacimenti di idrocarburi nell’entroterra siciliano”.
NON PASSA MOZIONE NO TRIV IN CONSIGLIO COMUNALE - Sulla delicata questione si è acceso uno scontro tra maggioranza e opposizione nella seduta del Consiglio comunale di Caltagirone dello scorso 6 novembre, e la mozione dell’opposizione – primo firmatario Vincenzo Di Stefano - riguardante le iniziative da assumere contro le ricerche di idrocarburi nel Val di Noto e l’autorizzazione della Regione siciliana alla società Maurel et Prom Srl, non è passata con 5 voti favorevoli e 6 astenuti. La maggioranza aveva scelto di astenersi.
Sull’argomento si sono fronteggiate due tesi. Da una parte l’Amministrazione (il vicesindaco Sergio Gruttadauria) e i consiglieri di maggioranza (Piera Iudica, Valentina Messina, Massimo Alparone a nome del proprio gruppo e Luca Distefano) che, richiamandosi alla nota con cui, lo scorso 15 ottobre, la stessa Amministrazione ha manifestato il proprio parere contrario alla ricerche “dicendo quindi chiaramente da che parte sta”, si sono dichiarati d’accordo sulla “ratio” della mozione, ma hanno ritenuto le iniziative proposte in essa “scarsamente applicabili, a partire dal ricorso al Tar, per il quale non sussistono più i tempi tecnici necessari”, decidendo quindi di astenersi.
Dall’altra parte i consiglieri dell’opposizione – intervenuti sull’argomento, oltre allo stesso Vincenzo Di Stefano, anche Lara Lodato, Mario Polizzi e Simone Amato – che, nell’esprimere voto favorevole, hanno definito “tiepida” la posizione assunta dalla Giunta municipale e reclamato “una più forte e incisiva azione che passi necessariamente dall’impugnazione del decreto e dalla inequivocabile condivisione della battaglia già intrapresa dalle altre comunità interessate a difesa di un modello di sviluppo sostenibile del territorio”.
IL PROGETTO "FIUME TELLARO" - Ma di cosa si tratta di preciso? L’autorizzazione all’attività di screening e ricerca di idrocarburi, intestata, prima alla società texana Panther Eureka s.r. l, e oggi alla Maurel et Prom Italia S.r.L., risale al lontano D.A. Industria n. 16 del 22 marzo 2004, con il quale si è accordato alla “Panther Resources Corporation” il permesso di ricerca di idrocarburi liquidi e gassosi denominato “Fiume Tellaro”. Successivamente, il 7 novembre 2018, la “Panther Eureka S.r.l.” ha chiesto la modifica del programma dei lavori, che prevede un rilievo sismico 3D (Area centrale n. 2 del progetto), due rilievi sismici 2D (Area Nord n. 1 del progetto e Area Sud n. 3 del progetto) e la perforazione di 3 nuovi pozzi esplorativi, da collocare sulla base dei risultati della campagna geofisica. Con il D.A. Energia n. 86 del 5 febbraio 2019, il permesso di ricerca denominato “Fiume Tellaro” è passato alla “Maurel et Prom Italia S.r.l.” ed è stata autorizzata la variazione del programma dei lavori. Infine, come si è detto, il D.A. Ambiente n. 304 del 5 luglio 2019, ha disposto la conclusione, con esito positivo, della procedura di screening della valutazione di incidenza ambientale del rilievo geofisico all’interno del permesso di ricerca denominato “Fiume Tellaro”.
LA MAUREL ET PROM: "IMPATTO AMBIENTALE NULLO" - Il progetto di rilievo geofisico nell’ambito del permesso di ricerca idrocarburi denominato fiume Tellaro, di cui è titolare la Maurel et Prom Italia Srl, coinvolge porzioni di territori ricadenti nella provincia di Catania, Ragusa, e Siracusa, specificatamente nei comuni di Caltagirone, Licodia Eubea, Mazzarrone, Ragusa, Modica Comiso, Chiaramonte Gulfi, Giarratana, Monterosso Almo, Buscemi, Palazzolo Acreide, Rosolini, per un totale di 660 chilometri quadrati nell’entroterra siciliano. Il territorio di Caltagirone interessato ai rilievi, come si vede nella cartina, è compreso nell’Area Nord n. 1 del progetto.
La Maurel et Prom Italia Srl è rassicurante: si tratterebbe, infatti, come si legge nel sito istituzionale dell’azienda, di un progetto “redatto appositamente per coniugare di attività di indagine con il peculiarità dei territori coinvolti, nel pieno rispetto della tutela dell’ambiente, senza causare alcun danno allo stesso”. La multinazionale si dice “fiera del lavoro preparatorio svolto, che vedrà in campo, a pieno regime, oltre 150 lavoratori e la partecipazione di un team interdisciplinare di tecnici, ingegneri, geologi, agronomi e operai locali, affiancati da geofisici di esperienza internazionale, tutti impegnati in un progetto di pubblica utilità e di grande valenza scientifica che, già da un anno, genera occupazione e ricaduta economica nel territorio”.
Coinvolta nel progetto anche l’Università degli Studi di Catania, con la quale la Maurel et Prom ha stipulato due convenzioni: la prima con il Dipartimento di Scienze biologiche geologiche e ambientali, con la partecipazione alla campagna di rilievo di accademici, tecnici specializzati, studenti e tesisti; l’altra con il Dipartimento di Scienze umanistiche, i cui archeologi, su richiesta delle Sovrintendenze, che hanno rilasciato parere favorevole al progetto, svolgeranno approfondimenti e ricognizioni per integrare la mappatura delle aree di interesse archeologico e se necessario, variare il percorso dei mezzi durante il rilievo.
Quanto ai risultati ottenuti, si spiega che “saranno anche di proprietà dello Stato che ne potrà disporre nell’ottica di una migliore conoscenza della composizione del sottosuolo”. Garantite “la salute dell’ambiente, la tutela del paesaggio e dei beni culturali, la salvaguardia della biodiversità presente nell’aria”, principi “che la Maurel et Prom ha fatto propri, preparando un progetto di indagine che rispettasse in pieno questi valori”. Tutto “grazie al metodo di studio utilizzato non invasivo e rispettoso dell’ambiente che permette di fotografare struttura geologica del sottosuolo mappandola”, grazie ala tecniva con vibroseis, che genera delle onde elastiche captate da sensori (geofoni wireless) un po’ più grandi di una mela e posizionate a terra. Insomma, conclude la Maurel et Prom: “questa tecnologia all'avanguardia consente di ottenere un’elevata precisione di studio quindi impatto ambientale pressoché nullo”.
LA TECNICA "VIBROSEIS": A VOLTE RITORNANO - La tecnica con vibroseis è meno invasiva, e riduce l’impatto delle attività legate alle operazioni sismiche in prossimità di zone fortemente antropizzate. Si immette energia acustica nel terreno tramite una piastra che una volta appoggiata sul terreno emette una vibrazione (sweep – impulso di breve durata di tipo ondulatorio) continua per un certo periodo di tempo (generalmente da 8 a 32 secondi) in un certo range di frequenze (generalmente fra 5 e 100 Hz, a seconda delle esigenze esplorative e delle norme di sicurezza). La sua caratteristica principale, quindi, è che l’energia immessa nel terreno è distribuita nel tempo, a differenza dell’esplosivo col quale l’immissione dell’energia è concentrata in un brevissimo lasso di tempo (sull’ordine dei microsecondi). Altra caratteristica fondamentale di questa tecnologia è il totale controllo sull’energia emessa, avendo la possibilità di variare in qualsiasi momento il carico applicato alla piastra, il tempo di energizzazione, il numero di vibroseis impiegati e il range di frequenze immesse.
La questione delle ricerche con vibroseis era già sorta nel 2017. Si trattava del maxi progetto di Enimed,
la società di Eni che si occupa di esplorazione di giacimenti di
idrocarburi e della loro coltivazione, che prevedeva nuove ricerche nel territorio
del Calatino, nell'ambito di un progetto che toccava le province di Caltanissetta,
Catania, Enna e Ragusa e che avrebbe dovuto coinvolgere, in particolare, un’area che,
nel Calatino, comprendeva Caltagirone, Grammichele, San Michele di
Ganzaria, Mirabella Imbaccari, San Cono e Ramacca. Coinvolte oasi
protette come il Bosco di Santo Pietro, la Sughereta di Niscemi e il
Biviere di Gela. Anche in quel caso, dalla Enimed, si era detto che l'impatto ambientale sarebbe stato minimo.
Una nota era stata inviata,
fra gli altri, ai Ministeri dell’Ambiente e dei Beni culturali, agli Assessorati regionali al Territorio e Ambiente e all’Energia, ai Dipartimenti nazionale e regionale della Protezione civile e all’Enimed, dal sindaco Gino Ioppolo e dal dirigente della IV Area, Ignazio Alberghina, che avevano manifestato la contrarietà del Comune di Caltagirone al coinvolgimento del territorio nel maxi progetto di Enimed.
UN CAVALLO DI TROIA? - Un quadro idilliaco di “pura” ricerca senza altri fini, se non quelli di interesse scientifico? Ma per il Distretto turistico del Sud Est permangono punti oscuri. La domanda inquietante è: se si trovano idrocarburi, che si fa? Si torna tutti a casa e saluti e baci? Il dubbio che le ricerche che si vogliono avviare siano il cavallo di Troia per aprire la via alle trivellazioni, infatti, è fortissimo.
Per questo il Distretto turistico, a garanzia delle bellezze naturali e paesaggistiche dei siti Unesco, si è mosso per tutelare, con ogni più idonea azione stragiudiziale e giudiziale autonoma, ma intimamente collegata alle analoghe iniziative promosse dagli enti locali interessati, l’integrità protetta del territorio dall'azione amministrativa posta in essere dalla Regione Siciliana, per il tramite dell'Assessorato Territorio e Ambiente e dell'Energia, finalizzata alla realizzazione di attività di screening e ricerca di idrocarburi della Maurel et Prom Italia.
Questo perché “tale assentita attività di ricerca di idrocarburi, evidentemente finalizzata alle future trivellazioni, oltre a snaturare e danneggiare la vocazione paesaggistica e naturalistica del territorio del Distretto con ogni negativa refluenza sull'aspetto sociale, economico e turistico del Distretto, si palesa in evidente contrasto con la normativa statale in materia di attività di ricerca di idrocarburi”. Una dichiarazione, quest’ultima, fatta propria dalla delibera della Giunta comunale di Caltagione.
Per le azioni stragiudiziali e giudiziali, il Distretto si è affidato allo studio legale del prof. Enzo Di Salvatore, docente di diritto costituzionale presso l'Università degli Studi di Teramo e dell’avv. Paolo Colasante, professionisti di adeguata e comprovata esperienza nel settore. Una diffida, come si è detto, è stata già inoltrata al Mise. Dal Mise, passato il termine di 30 giorni dal ricevimento della diffida, non è arrivata alcuna risposta, come comunicato tramite email, l’otto novembre scorso, dall’avv. Colasante: “Vi comunico che il Mise non ha dato alcun seguito alla nostra diffida – si legge - e che pertanto occorre procedere all’avvio dell'azione giudiziaria facendo deliberare i singoli comuni interessati”.
Una bozza di delibera è stata inviata da Colasante ai Comuni
interessati, in cui si recepisce, nelle premesse, la deliberazione del
Distretto Sud Est, che contiene ampie e articolate motivazioni, e si dà mandato
allo stesso Colasante di procedere all'impugnazione del silenzio del Mise. Due
delibere, in tal senso sono state approvate, il 27 novembre scorso, dai Comuni
di Caltagirone e Militello in Val di Catania. È l’inizio di una battaglia
giuridica assai complicata, il cui esito è apertissimo.
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