Risolte positivamente con lo sbarco dei migranti le vicende della Eleonore e della Mare Jonio, resta “dimenticata” nel Mediterraneo la Alan Kurdi con 13 naufraghi salvati il 30 agosto scorso. Oggi 5 sono stati evacuati per motivi medici. Fra di essi un minore che ha tentato il suicidio.
di Giacomo Belvedere
A chi fanno paura i 13 naufraghi della Alan Kurdi, tra cui molti minori, è una domanda a cui è imbarazzante dare una risposta. A loro è stata preclusa la possibilità di entrare in Italia da un divieto, firmato dall’ex ministro Matteo Salvini, e controfirmato dai suoi colleghi, anch’essi collocati a riposo, Danilo Toninelli e Elisabetta Trenta.
Ma, chi pensava che col Conte bis, il vento fosse improvvisamente cambiato, si è dovuto ricredere: i ministri sono andati via ma il divieto resta. Un divieto, motivato sulla base del cosiddetto Decreto Sicurezza bis, sul quale il Capo dello Stato ha segnato con la matita blu alcune criticità in ordine a “profili che suscitano rilevanti perplessità”, in relazione alla “necessaria proporzionalità tra sanzioni e comportamenti” e all’obbligo di rispettare i trattati internazionali. “Perplessità” espresse anche dal Garante nazionale delle persone private della libertà, Mauro Palma, che ha ribadito che “il codice penale dovrebbe essere oggetto di particolare protezione rispetto a possibili interventi urgenti dettati da emergenze o emotività, che spesso rischiano di modificarne la complessiva costruzione logica”.
Per il Garante nazionale, inoltre, che ha reso a luglio il proprio parere sul Decreto Sicurezza bis nel corso di un’audizione presso le Commissioni riunite Affari costituzionali e Giustizia della Camera, non è possibile “interpretare come ‘non inoffensiva’ la situazione di chi ha adempiuto all’obbligo internazionale e nazionale di prestare soccorso in mare”. Condizione necessaria perché, secondo la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, sia legittimo il divieto di ingresso nelle acque territoriali dell’imbarcazione straniera. Per questo ha chiesto di “escludere la possibilità di legittimare azioni interdittive di ingresso di navi che stiano svolgendo attività di salvataggio”.
Ma tant’è. L’imbarcazione vaga ancora nel Mediterraneo, con a bordo i naufraghi salvati il 30 agosto, che, a quanto pare, sarebbero “non inoffensivi”.
Il 5 settembre è stato richiesto al Ministero degli Interni italiano – scrive Alan Kurdi, “se il divieto di ingresso e l'ammenda di 1.000.000 euro sarebbero stati comunque applicati sotto il nuovo governo. Così è. L’Italia sembra continuare la politica disumana di Salvini”.
A bordo la situazione è sempre più critica. Si ripete un copione già visto. Si tira l’elastico, prolungando l’inutile sofferenza di esseri umani, già provati duramente dalla vita, per poi allentarlo prima che sia troppo tardi. Un azzardo, dettato da motivazioni tutte ideologiche e di propaganda, che mette a rischio vite umane per calcolo politico. Lo dimostra il fatto che, nonostante i muscoli mostrati contro le Ong, gli sbarchi continuano, in barba a divieti e proclami di porti chiusi. Si puntano i riflettori sulle Ong, ma nel cono d’ombra si lascia fare senza intervenire.
Oggi 5 naufraghi sono stati evacuati per motivi medici. Tra di loro un minore che giovedì ha tentato il suicidio. Ieri Sea Eye ha denunciato in un tweet: “La situazione a bordo della Alan Kurdi peggiora ogni ora. Ieri sera, uno dei nostri ospiti ha cercato di togliersi la vita. Gli altri ospiti e il nostro equipaggio lo hanno fermato. Questi esseri umani sono sfiniti. Abbiamo bisogno di un porto sicuro. Subito”.
Mentre la Alan Kurdi resta bloccata in acque internazionali, tra Malta che dovrebbe indicare un porto sicuro ma non lo fa, e l’Italia che ha ribadito il divieto di ingresso, col suo carico umano, rimpallato come un povero Cristo tra Erode e Pilato, la vergogna europea continua.
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