Pubblicato il 17/06/2019
CULTURA
ph. Andrea Annaloro

Cosa resta delle “Giornate sturziane” di Caltagirone?



Luci e ombre delle “Giornate sturziane” caltagironesi, a mezza via tra convention dell’associazionismo cattolico e convegno di studi. Tra accelerazioni e frenate, umori e malumori, si coglie ancora la difficoltà del mondo cattolico a declinare l’impegno politico. Più che una ripresa dell’Appello ai Liberi e Forti è sembrato un ritorno all’Opera dei Congressi.

di Giacomo Belvedere 

Cosa resta delle “Giornate sturziane” che si sono svolte a Caltagirone dal 15 al 16 giugno? Il Convegno internazionale “L’attualità di un impegno nuovo”, che intendeva ripartire da Sturzo, a cent’anni dall’Appello ai Liberi e Forti, ha chiuso ieri i battenti con una Dichiarazione finale, firmata dai membri del Comitato promotore: Salvatore Martinez, presidente del Polo di eccellenza di Promozione umana e della solidarietà Mario e Luigi Sturzo, Matteo Truffelli, presidente dell’Azione cattolica italiana, Nicola Antonetti, presidente dell’Istituto Luigi Sturzo, Gaspare Sturzo, presidente del Centro internazionale Studi Luigi Sturzo, Francesco Bonini, rettore della Lumsa, Lorenzo Ornaghi, presidente del Comitato scientifico Fondazione De Gasperi.


LA DICHIARAZIONE FINALE - La Dichiarazione auspica “un'intesa tra tutti gli "uomini liberi e forti", per dare risposte alle questioni di oggi, italiane, europee e globali”, a partire dai 12 punti tematici affrontati durante le sessioni seminariali, “su tre piani: socio-culturale, istituzionale e politico; distinti nell’azione ma connessi nel pensiero e nella comunicazione”. “Come i 12 Punti – si conclude - sono frutto della convergenza di tanti e diversi, così un’intesa tra distinte ma convergenti realtà può mettere al servizio di tutti una piattaforma di formazione e di esperienze a sostegno di un'azione unitaria. Un luogo di amicizia, crescita della conoscenza e coscienza dei singoli, che divenga forma d'impegno comunitario per il progresso sociale e per il bene comune”. Come si vede, non si va al di là di una generica proposizione di intenti. Nulla di paragonabile all’Appello sturziano, che dopo aver enucleato i nodi problematici del tempo, si rivolgeva a tutti gli uomini liberi e forti che, “senza pregiudizi né preconcetti”, “uniti insieme propugnano nella loro interezza gli ideali di giustizia e libertà”, chiedendo loro l’adesione a una proposta politica concreta: un partito non confessionale, benché ispirato ai valori cristiani.


RITORNO ALL’OPERA DEI CONGRESSI? - Una proposta che si è lanciata è stata quella di fare del convegno un appuntamento annuale. Il Convegno di Caltagirone nelle forme e nei modi, piuttosto che alla stagione dell’Appello sturziano, sembra rimandare a una fase precedente: quella dell’Opera dei Congressi, (1871-1904), chiamata così perché ogni anno celebrava un congresso che riuniva tutte le realtà del mondo cattolico. Si era in una situazione per certi versi è simile a quella di oggi: ai cattolici il non expedit vietava l’impegno politico. Oggi il non expedit è piuttosto un sentimento diffuso nella base dell’associazionismo cattolico: “non conviene” impegnarsi in politica, troppo alto il rischio di perdere la propria verginità morale. E dunque le “giornate sturziane” caltagironesi appaiono un passo indietro rispetto all’Appello del 1919 e manifestano una difficoltà oggettiva a declinare oggi l’impegno politico dei cattolici. Si tenta di ricucire il dialogo all’interno; ma si sconta l’impreparazione a dialogare ad extra. Il convegno, inoltre, aveva una sostanziale incertezza di fondo: oscillava tra la convention dell’associazionismo cattolico e il convegno di studi, il che probabilmente non ha giovato a mettere a fuoco gli obiettivi a cui si voleva arrivare. Il progetto era ambizioso, come testimonia l’aggettivo “internazionale”, anche se questa internazionalità non si è vista affatto scorrendo i nomi dei 36 esperti, dei 12 relatori e quelli degli iscritti al Convegno.

Si voleva mettere insieme, nel nome di Sturzo, tutti i pezzi del frastagliato arcipelago che è oggi il movimento cattolico in Italia. «Si può appartenere a partiti diversi ma non smettere di amarsi cristianamente. Dirsi cristiani significa rendere socialmente visibile e agibile il contenuto morale della nostra fede», aveva dichiarato alla vigilia Salvatore Martinez, aggiungendo, quasi a fugare dubbi su un’operazione che si poteva prestare a una lettura politica - «domenica 16 giugno, le conclusioni da parte dei membri del Comitato Promotore e Scientifico con la dichiarazione finale, nel segno del dialogo sociale e culturale per una visione prepolitica che vuole istituire un nuovo sviluppo del pensiero».


UN CONVEGNO CALATO DALL’ALTO - Degli “esclusi” da questaoperazione si è già detto: mancano nell’elenco delle realtà associative coinvolte Pax Christi, il Gruppo Abele, il CNCA (Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza che, pur non confessionale, ha una chiara matrice cristiana). E per quanto riguarda le presenze del  mondo accademico stride l’assenza della Facoltà teologica di Palermo, protagonista della novità editoriale più  significativa nel panorama della letteratura sturziana: il Lessico sturziano, edito nel 2013, che ha aperto nuove piste alla ricerca, puntando, piuttosto che sul pensiero politico - sviscerato ormai in tutte le salse -,  su quello filosofico e teologico del sacerdote di Caltagirone, per molti versi ancora poco esplorato, e che ha visto protagonisti anche un nutrito numero di studiosi di Caltagirone. Inoltre, è  apparso in ombra anche l’Istituto di Sociologia di Caltagirone, negli anni passati promotore delle Cattedre sturziane. Non è un caso, forse, che il suo Presidente non si sia visto durante la tre giorni sturziana. Tra gli umori e malumori che abbiamo colto, questo è il più evidente: il convegno è apparso “calato dall’alto”. Lo testimoniano anche alcune ingenuità organizzative. Il 15 giugno, alle 15,30, vale a dire nel bel mezzo della canicola di questi giorni di afa, era previsto in piazza Municipio l’intervento del cardinale Bassetti. L’idea era interessante: uscire dalle sagrestie per parlare alla piazza, ma pensata a tavolino altrove: a nessun caltagironese sarebbe mai venuto in mente di mettere a repentaglio la salute e l’incolumità fisica del cardinale e dei convegnisti, sottoponendoli ai micidiali raggi solari di questi giorni di caldo torrido. Poi, giocoforza, si è venuti a più miti consigli, ripiegando sulla Galleria Luigi Sturzo, dove il cardinale ha tenuto il suo intervento al coperto, davanti a una platea mista, in cui ai convegnisti si mescolavano gli avventori del bar.


L'ARABA FENICE - Chi non si è sentito escluso, anzi ha fatto della sua presenza al convegno una medaglia al merito, è stato Paolo Ragusa, sempre in prima fila. L’ex presidente di Sol.Calatino, si è presentato al convegno come esponente del Movimento Cristiano dei Lavoratori, ed è stato apertamente elogiato dal presidente nazionale del Mcl, Carlo Costalli, chiamato al convegno come esperto dell’ambito “Lavoro e Cooperazione”.  Costalli si è complimentato per l’alta qualità dei dirigenti del Mcl locali e ha anticipato che per Ragusa si sono aperte le porte per incarichi nazionali. Indubbiamente l’ex re della cooperazione nel calatino tenta di riaccreditarsi sulla scena pubblica, dopo le disavventure giudiziarie legate al Cara di Mineo,  che lo hanno costretto a lasciare la presidenza di Sol.Calatino e per le quali ha in corso tre procedimenti penali. Due della Procura di Caltagirone: il primo  per una presunta compravendita di consiglieri comunali a Mineo per farli transitare dall’opposizione alla maggioranza; il secondo per concussione, corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio e tentato abuso d’ufficio, riguarda invece la posizione monopolistica che paiono avere avuto in passato alcune coop nell’aggiudicazione degli appalti da parte del comune di Mineo; il terzo procedimento, invece, della Procura di Catania, per abuso d’ufficio, turbativa d’asta e turbata libertà del procedimento di scelta del contraente, è legato all’inchiesta su Mafia Capitale e  al mega appalto sartoriale da 90 milioni del Cara di Mineo. Con il Cara di Mineo lontano ormai dalle luci della ribalta e prossimo alla chiusura, Ragusa, come l'araba fenice, tenta di risorgere dalle proprie ceneri.  


QUALE PROSPETTIVA POLITICA? – Al di là dei propositi enunciati, si è intravista un prospettiva politica durante le giornate sturziane caltagironesi?  Il discorso si fa problematico. Certo, a guardare alle presenze politiche, tutte di centro destra, non ultima quella del Presidente del partito Popolare europeo, Joseph Daul, sembrerebbe emergere un orientamento in una direzione precisa. Non è un caso che non si sono fatti vedere – eccetto nell’ultima seduta plenaria e in posizione defilata – gli esponenti locali, calatini e regionali, del PD.  L’idea del Grande Centro è stata inoltre lanciata esplicitamente dall’on. Tajani, che ha ammiccato al mondo cattolico, prospettando lo scenario di un grande spazio al centro.


BAGNASCO: "NO ALLA SINDROME DEL NEMICO" - Ma sarebbe una lettura semplicistica. La questione è assai più complessa e manifesta un disagio da parte del mondo cattolico ad articolare un discorso politico nuovo non ancora risolto. Perché la società odierna delle appartenenze “liquide” è assai diversa rispetto a quella di don Luigi Sturzo nel 1919. E occorrerebbe rifarsi a Sturzo, non per ripeterne schemi storicamente superati, ma per  coglierne la grande lezione di saper guardare alla storia con inventiva e immaginazione “senza pregiudizi né preconcetti”. Pregiudizi e preconcetti che purtroppo inficiano il dibatto all’interno del mondo cattolico, condannandolo a ripetere stanchi cliché del passato. Il cardinale Bagnasco, a una nostra domanda in merito, ha tenuto a sottolineare che l’unità del mondo cattolico deve essere sui “valori irrinunciabili”. «Ora la politica deve fare il proprio dovere: il primo – ha precisato durante il suo intervento del 14 giugno - dovrebbe essere quello di mettersi al tavolo senza la sindrome del nemico, bensì con la fiducia nelle diversità, quelle differenze che sono esaltate in alcuni campi, ma sono odiate e emarginate in altri. È il solito schema dei due pesi e delle due misure! La politica è l’arte della sintesi alta non della esclusione a priori o del compromesso al ribasso, tanto meno della faziosità: deve partire dalla convinzione sincera che ogni soggetto può portare un frammento di verità, di istanze legittime, di metodi da non escludere a prescindere».


BASSETTI: "NON SEGUIRE I PIFFERAI" -  Idee rilanciate dal cardinale Bassetti, che ha evidenziato nel suo intervento del 15 giugno, la necessità di “superare quella dannosa e sterile divisione del passato tra i cosiddetti “cattolici del sociale” e i “cattolici della morale” che ancora continua a resistere nelle nostre comunità». «Non ci si può dividere – ha continuato - tra coloro che si occupano solo di bioetica e coloro che si occupano soltanto di povertà, perché non esistono tematiche di serie A e di serie B. Per Bassetti i cattolici in Italia devono impegnarsi «a formare una civiltà basata sull’umanesimo cristiano. Una civiltà basata sulla centralità della persona umana e che rinuncia, in nome del Vangelo, ad ogni volontà di oppressione del povero, ad ogni mercificazione del corpo umano e ad ogni rigurgito xenofobo». «Oggi come ieri  - ha concluso - essere “liberi e forti” significa andare controcorrente, rimanendo fedeli al Vangelo in ogni campo dell’agire umano, anche in quello politico, e farsi annunciatori gioiosi dell’amore di Cristo con mitezza, sobrietà e carità. Come ho già avuto modo di dire – e lo ripeto ancora oggi – essere “liberi e forti” significa farsi difensori coraggiosi della dignità umana in ogni momento dell’esistenza: dalla maternità al lavoro, dalla scuola alla cura dei migranti. Perché, in definitiva, la vita non si uccide, non si compra, non si sfrutta e non si odia». L’invito è a ricucire le lacerazioni interne al mondo cattolico: «Un’opera di rammendo da svolgere con spirito di servizio e carità, senza piegarsi a visioni ideologiche, utilitaristiche o di parte. Senza seguire lo spirito del mondo e i pifferai magici dalle promesse facili. E partendo proprio da questo Mezzogiorno maltrattato e dimenticato, ricco di talenti ma povero di lavoro e di opportunità». L’allusione a Salvini è velata, ma nemmeno tanto. 


DE BORTOLI: "CATTOLICI IRRILEVANTI" - Una voce critica, a questo proposito, si è alzata da Ferruccio De Bortoli, che ha dato una scossa, seppur col suo modo garbato e pacato,alla platea dei convegnisti. “In una società secolarizzata - ha detto -, in cui i diritti soggettivi vengono meno, il rispetto degli altri, si sente ancora più bisogno di una presenza cattolica significativa”. De Bortoli  ha lanciato alcune stimolanti provocazioni al mondo cattolico, invitandolo a uscire dall’irrilevanza e a non chiamarsi fuori di fronte alle sfide di una società complessa come quella attuale. “Secondo meha sottolineato nell’intervista che ci ha concesso - i cristiani hanno un dovere di seminare e di essere presenti con la loro testimonianza e non di chiamassi fuori come se fossero esclusi, un po' nostalgici e risentiti. Questo è un atteggiamento che un po' si percepisce. Dall'altro lato trovo che la chiesa non appare come un corpo unito, ma dimostra di essere percorsa da divisioni  e correnti interne”.

Anche se, sulla ricomposizione di un “Grande Centro", l'ex direttore del «Corriere», è apparso scettico: “I ritorni al passato sono velleitari e illusori”, e anche l'idea di creare un terzo Polo, “ammesso che ci siano gli altri due”. “Una forza liberale cattolica sarebbe comunque necessaria” - ha concluso -,“bisogna avere il coraggio di sperimentare: i fallimenti sono stati molto superiori ai successi, ma bisogna sempre tentarci”.

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