Pubblicato il 09/05/2019
POLITICA
ph. Marina Italiana

Gaffe di Salvini: “Marina militare salva migranti in acque libiche: non apro i porti”. Ma si sbaglia



 È falso che il soccorso sia avvenuto in acque libiche, chiarisce un comunicato risentito della Marina:  è venuto a 75 km, cioè a 40 miglia nautiche dalla Libia, e dunque in acque internazionali. “Una piccola imbarcazione, con a bordo 36 persone sprovviste di salvagenti, che imbarcava acqua e che quindi era in procinto di affondare e le persone a bordo erano in imminente pericolo di vita”. E scattano le leggi del mare.


di Giacomo Belvedere

È scontro tra il ministro factotum Matteo Salvini e la Marina militare italiana? Parrebbe di sì. L'oggetto del contendere, come al solito, i migranti, argomento che fa vedere rosso all'inquilino del Viminale. Tanto da fargli perdere persino la prudenza e commettere una gaffe istituzionale. Quello che si è consumato oggi, infatti, appare uno scontro istituzionale surreale, in cui non sembra che all'inquilino del Viminale sia ben chiaro l'oggetto del contendere. 


“C'è una nave della Marina militare che in acque libiche raccolto 40 immigrati: io porti non ne do”, ha tuonato stamane Salvini a Pesaro. La nave è la Cigala Fulgosi, che ha salvato stamane 36 naufraghi, tra cui 25 uomini, 2 donne e 8 bambini. “O si lavora tutti nella stessa direzione – ha continuato il ministro -, o non può esserci un ministro dell'Interno che chiude i porti e qualcun altro che raccoglie i migranti È vero che bisogna chiarire alcune vicende all'interno del governo”. Se non è un attacco diretto all'operato della Marina italiana e alla ministra della Difesa Trenta, poco ci manca.


Ma corrisponde al vero quello che dice il ministro dell'Interno, che, cioè, i 40 migranti sono stati raccolti in acque libiche dalla Marina italiana?

No, come ha chiarito egregiamente l'inviato di Radio Radicale Sergio Scandura è falso, perché, come ha dichiarato la Marina in un comunicato ufficiale, dove, al di là del tono diplomatico si intuisce l'irritazione nei confronti dell'intervento a gamba tesa del ministro dell'Interno, il soccorso è venuto a 75 km, cioè a 40 miglia nautiche dalla Libia, e dunque in acque internazionali.


Inoltre la Marina italiana chiarisce che la Nave Cigala Fulgosi partecipa “all’Operazione Mare Sicuro unitamente ad altre unità aeronavali della Difesa, missione assegnata dal Governo e dal Parlamento e finalizzata a proteggere gli interessi nazionali nel Mediterraneo centrale”, e “sta conducendo attività di presenza, sorveglianza e deterrenza, anche in ragione all’attuale situazione di sicurezza presente in Libia. Tale unità è posta in particolare a protezione distante di nave Capri, anch’essa facente parte dell’Operazione Mare Sicuro, che si trova ormeggiata in porto a Tripoli per fornire assistenza tecnico-logistica ai mezzi della Marina militare e della Guardia Costiera libica”. Inoltre “L’unità è anche a salvaguardia del personale italiano presente a Tripoli nonché delle piattaforme estrattive dell’ENI presenti al largo delle coste libiche”. Dunque non era in quelle acque per caso, ma, per usare un linguaggio caro al Ministro dell'Interno, per difendere gli interessi nazionali. 


Inoltre, e qui si tocca il nodo centrale della questione, la Marina puntualizza che la “Nave Cigala Fulgosi questa mattina mentre conduceva la missione assegnata, a circa 75 chilometri dalla costa libica ha incontrato una piccola imbarcazione, con a bordo 36 persone sprovviste di salvagenti, che imbarcava acqua e che quindi era in procinto di affondare e le persone a bordo erano in imminente pericolo di vita”. Condizioni in cui scattano le norme internazionali e la cosiddeta legge del mare” che ogni marinaio conosce. “In aderenza alle stringenti normative nazionali ed internazionali – precisa infatti la Marina italiana -, nave Cigala Fulgosi è intervenuta salvando i 36 occupanti del natante, di cui 2 donne e 8 bambini per i quali è attualmente in atto la verifica delle condizioni di salute e delle relative identità, in stretto coordinamento con le competenti autorità nazionali”.


Ora, due chiarimenti sono d'obbligo, ad uso e consumo del ministro. primo:  nel momento in cui vengono imbarcati in una nave della Marina Italiana, quei migranti sono in territorio italiano. Secondo: gli eventi di soccorso Sar (SAR corrisponde all’inglese “search and rescue” ovvero “ricerca e soccorso”) in mare non sono sotto la direzione del Ministero della Difesa, ma dell'MRCC di Roma, vale a dire il Maritime rescue coordination centre, rappresentato dal Comando generale della Guardia costiera con base a Roma. Le operazioni di soccorso si svolgono su aree di responsabilità SAR (e non solo su quelle territoriali). L’area di responsabilità italiana coincide con circa un quinto dell’intero Mediterraneo, ovvero 500mila km quadrati. Prendersela con il ministro Trenta è dunque sbagliare clamorosamente l'obiettivo.


Forse al titolare del Viminale non guasterebbe imparare a fare bene il proprio mestiere, senza impicciarsi di affari che non gli competono. Eviterebbe così di fare figuracce risibili.

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