Cosa è successo davvero alla giovane donna nigeriana che ha partorito un bambino al “Gravina” di Caltagirone, ma che afferma di essere incinta di due gemelli e denuncia che è scomparso il secondo? Qui i pochi fatti certi e le tante domande in sospeso.
di Giusi Scollo – Giacomo Belvedere
Mentre la Procura di Caltagirone ha aperto un’inchiesta sulla denuncia di una migrante nigeriana di 25 anni, O.F.W., ospite del Cara di Mineo, che il 9 dicembre ha partorito un bambino, ma che sosteneva di essere in attesa di due gemelli, tanti sono gli interrogativi che ci poniamo. Ma prima cerchiamo di ricostruire i fatti.
I FATTI – La donna arriva in Sicilia il 6 Dicembre, dopo due giorni di viaggio in mare. Appena sbarcata a Catania, visto il suo stato, viene accompagnata al “Santo Bambino” di Catania per i primi controlli. Secondo quanto racconta la donna, presso il nosocomio catanese sarebbe stata sottoposta a un’ecografia, da cui si sarebbe accertata la presenza dei due feti. La donna viene dimessa e affidata psicologicamente e legalmente al Cara menenino, il centro di contrada Cucinella sotto la lente di ingrandimento per le tante inchieste giudiziarie, in una delle quali si vede coinvolto Luca Odevaine, l’uomo di Mafia Capitale. Della donna sappiamo, come riporta «LiveSicilia», che nel 2016 aveva lasciato la Nigeria passando dalla Libia. Senza padre, la giovane in Libia conosce un uomo del Mali e si innamora. Nel marzo 2016 rimane incinta ma, prima della traversata, avrebbe eseguito quattro ecografie a Tripoli, nell’ospedale Al-Banuan, che avrebbero confermata l’attesa di due gemelli. Difficile verificare l’attendibilità queste notizie. Senza contare che, a inizio gravidanza, le ecografie non danno la certezza al 100%.
Veniamo ai dati certi. «Lunedì 9 dicembre la donna – come si legge nella nota ufficiale dell’ospedale Gravina di Caltagirone – è giunta al Pronto Soccorso del nosocomio calatino alle ore 10.09 per algie pelviche in gravidanza alla fine della 40a settimana di gestazione. Trasferita per consulenza all’UOC di Ginecologia e Ostetricia, è stata sottoposta a visita e agli accertamenti dovuti, secondo le procedure previste. Sono stati eseguiti – si legge ancora nella nota- un’ecografia che documenta la presenza di feto singolo, con sviluppo corrispondente alla 40a settimana di gestazione e tracciato cardiotocografico. Durante il monitoraggio cardiotocografico, date le alterazioni del tracciato, si è reso necessario intervenire con taglio cesareo in emergenza. Alle ore 12.05, dopo due ore, la donna ha dato alla luce, con parto cesareo eseguito in anestesia spinale, un neonato, maschio, di 3,570 kg». La donna, che parla solo la lingua inglese, ha visto il figlio solo quattro giorni dopo il parto.
LE DOMANDE– Passiamo agli interrogativi. Perché la giovane donna, presunta incinta di due gemelli alla 40a settimana, dopo un lungo e difficile viaggio dalla Nigeria alla Libia, prima, e in mare dopo, per arrivare a Catania, viene dimessa dal nosocomio catanese? Perché non trattenere la donna e monitorarla? Un parto gemellare presenta delle difficoltà per tutte le gestanti, a maggior ragione per una donna che ha vissuto i 9 mesi di gravidanza sicuramente in una condizione precaria di stress particolare, accresciuta dai disagi e rischi del viaggio. Va sottolineato, inoltre, che la donna arriva in Sicilia, quando è giunta al termine della gravidanza, tanto è vero che partorisce dopo solo tre giorni dal suo arrivo.
Altro interrogativo. Nel corso di una gravidanza gemellare si sa che la parete dell’utero è sottoposta a una tensione maggiore. Per questa ragione solitamente, se non ci sono segni di sofferenza nella mamma o nei bambini, si può arrivare alla 38a-39a settimana. Ma di solito il parto avviene, o viene stimolato, fra la 36a e la 37a settimana di gestazione. Senza volerci sostituire a nessun medico, anzi proprio per questa ragione, ci appare per lo meno non congruente statisticamente con un parto gemellare, il parto alla 40a settimana.
Ma, soprattutto, a non convincere è il peso del bambino: 3,570 Kg. Basta documentarsi, per apprendere che i gemelli pesano meno di un bambino che è cresciuto solo nel ventre materno, per due ragioni: i gemelli sono due e la nascita avviene prima delle canoniche 40 settimane. A causa del ritardo di crescita, ogni gemello pesa in media il 27% in meno di un bambino singolo, perché dalla 31asettimana in poi aumenta di circa 175 grammi, rispetto ai 250 dei feti unici. Quindi, se in media il peso alla nascita di una gravidanza singola è di circa 3 chilogrammi, i gemelli arrivano mediamente a 2 Kg ciascuno. Inoltre, la donna – come si legge nella nota dell’Ospedale di Caltagirone – non viene sottoposta a anestesia totale. È stata sufficiente l’anestesia spinale. Quindi per il tutto il tempo del travaglio e del parto rimane vigile, collabora, è presente. E non si è accorta di nulla?
Gli interrogativi si affollano. È accertato che la donna ha avuto difficoltà linguistiche a comunicare con il personale medico e sanitario del Gravina, poiché parlava solo inglese e non comprendeva l’italiano. Il che potrebbe aver ingenerato equivoci o fraintendimenti. A quanto pare, le sarebbe stato comunicato, nel corso dell’ecografia al Gravina, che risultava un solo bambino. Ma, forse, la donna non ha capito. Perché a fianco alla donna non c’era un mediatore linguistico? Perché la si è lasciata sola?Ricordiamo che si trattava di un caso sensibile, giunta in Italia da tre giorni, spaesata, senza familiari o compagno, con alle spalle una traversata che non è certo stata un viaggio di piacere, in cui non osiamo immaginare quello che ha passato. Un caso delicato, che avrebbe necessitato di un’attenzione e supporto anche psicologico particolare. Dov’erano le figure professionali previste in questi casi nelle strutture che ospitano migranti? E che al Cara di Mineo, ci risulta, siano presenti e operanti. E il cui compito – se non erriamo – non dovrebbe essere quello di limitarsi ad accompagnare presso le strutture sanitarie ma anche di sostenere durante la degenza. Non vorremmo invece, e speriamo di essere smentiti, che la prassi sia quella di abbandonare i migranti al Pronto Soccorso come pacchi postali.
L’ASP: “INVEROSIMILE” – Dall’Asp 3 di Catania, frattanto, arriva una secca smentita: «La vicenda, così com’è raccontata, ha dell’inverosimile. È inaudito immaginare che un’intera equipe di operatori, almeno nove, complottino per far “sparire” un neonato dopo un parto cesareo, con anestesia spinale, eseguito su una donna».
La cartella clinica è stata sequestrata dalla Magistratura, che ha aperto un fascicolo. Anche la struttura sanitaria ha avviato un’indagine interna sui fatti.
Bocche cucite dalla Procura calatina. «Stiamo svolgendo gli accertamenti del caso – afferma il procuratore Giuseppe Verzera – aspettiamo l’esito di esami e perizie per verificare cosa sia veramente accaduto».
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