Pubblicato il 17/04/2019
RELIGIONE
ph. Andrea Annaloro

La visita ai “Sepolcri” il Giovedì Santo: quando è nata e perché?



È una tradizione popolare molto diffusa in Italia il “giro dei Sepolcri”, la sera del Giovedì Santo. Il numero simbolico delle visite è sette. Il termine “sepolcro” fa storcere il naso a più di un liturgista, ma ha due padri illustri: S. Agostino e S. Filippo Neri.


 di Giacomo Belvedere

Con la messa in Coena Domini, che si celebra la sera del Giovedì Santo, la Chiesa cattolica dà inizio al triduo pasquale, in cui si fa memoria della passione, morte e risurrezione del Signore Gesù. Il computo del tre giorni avviene secondo l’uso antico, quando il giorno iniziava al tramonto, al brillare delle prime stelle della sera e dunque con la celebrazione vespertina del giovedì si entra nel triduo pasquale. Una tradizione popolare molto diffusa in Italia vuole che la sera del Giovedì Santo si faccia il cosiddetto “giro dei Sepolcri”, allestiti nelle varie chiese. Il numero simbolico delle visite è sette.


Il termine “sepolcro” è improprio e fa storcere il naso a più di un liturgista. Un documento del 1988 sulla Preparazione e celebrazione delle feste pasquali della Congregazione per il Culto divino consiglia di limitarne l’uso, perché l’altare deve ricordare l’istituzione del sacramento e non la sepoltura di Gesù. «La cappella della reposizione – si ammonisce – viene allestita non per rappresentare “la sepoltura del Signore”, ma per custodire il pane eucaristico per la comunione, che verrà distribuita il venerdì nella passione del Signore».


Tuttavia, nonostante moniti e divieti, l’usanza resiste nella pietà popolare. E tra i suoi padri annovera santi del calibro di Agostino e Filippo Neri. Il giro dei sepolcri, infatti, nasce dall’intreccio di tre devozioni diverse: l’adorazione eucaristica dell’ostia consacrata nella messa in coena Domini, il pellegrinaggio alle sette chiese, e la devozione delle quarantore.

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Il pellegrinaggio alle sette chiese risale a san Filippo Neri: le chiese erano le grandi basiliche romane (san Pietro, san Paolo fuori le mura, san Giovanni in Laterano, san Lorenzo, santa Maria Maggiore, santa Croce in Gerusalemme e san Sebastiano). Col tempo il pellegrinaggio si legò alla fine della Quaresima ed ebbe un carattere penitenziale.


Sempre legata a Filippo Neri, che ne diffuse il culto, ma assai più antica, è la tradizione delle quarantore. Quando non c’era la messa vespertina, alla sera vi era nelle chiese la cosiddetta “funzione”: rosario, esposizione del Santissimo, benedizione eucaristica. Il culmine del culto eucaristico era la pratica delle “Quarantore”, una tradizione che è stata per secoli nella vita della Chiesa, insieme alla festa del Corpus Domini, la più importante espressione di pietà popolare verso l’Eucaristia.


L’esposizione dell’Eucaristia poteva durare quaranta ore di seguito, notte e giorno, o più spesso, tre giorni consecutivi dal mattino alla sera. Filippo Neri fu a Roma uno dei più instancabili propagatori di questa pratica. La devozione è però più antica. Soprattutto durante la Settimana Santa, dal giovedì al sabato, si praticavano forme di preghiera e digiuno in ricordo delle quaranta ore trascorse da Gesù nel sepolcro, secondo un computo che si fa risalire a sant’Agostino. Il santo di Ippona calcola che dalle tre del pomeriggio del venerdì santo, ora della morte e di Cristo, all’alba della domenica di Pasqua, passano appunto quaranta ore. Le sei del mattino di Pasqua sono infatti la quarantesima ora, che ricorda simbolicamente i quaranta giorno del diluvio, i quarant’anni dell’esodo del popolo di Israele e i quaranta giorni di Gesù nel deserto.


Da questo suggestivo mix di devozioni diverse è nata la tradizionale «visita ai Sepolcri», da compiersi simbolicamente secondo il numero di sette visite. Una tradizione comunque legata all’adorazione eucaristica. Vox populi vox Dei: l’antico detto si rivela ancora una volta veritiero. La pietà popolare va senz’altro purificata da incrostazioni e ingenuità, ma affonda sempre le sue ragioni nella fede autentica del popolo. La visita alle chiese, dove è riposto il ss. Sacramento, può essere dunque un’occasione molto opportuna per riflettere nel silenzio della preghiera personale sul mistero della passione, morte e risurrezione di Cristo.

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