Pubblicato il 13/04/2019
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ph. Sea Eye

Alan Kurdi, concesso lo sbarco: i 64 naufraghi distribuiti in 4 Paesi



Saranno la Germania, Francia, Portogallo e Lussemburgo a farsi carico dei 64 migranti salvati dalla Alan Kurdi. Lo ha annunciato il premier maltese Joseph Muscat. Alla Alan Kurdi non è stato concesso di entrare in porto. “Nessuno rimarrà a Malta, che non può assumersi questo onere da solo”, precisa il premier maltese.

di Giacomo Belvedere

I 64 migranti della Alan Kurdi, nave della ong tedesca Sea Eye, che si trovano da 11 giorni in acque internazionali senza un porto, saranno ridistribuiti tra Germania, Francia, Portogallo e Lussemburgo. Lo ha annunciato stamani il premier maltese Joseph Muscat. A bordo della nave ci sono state comprensibili reazioni di esultanza alla notizia della fine dell'odissea.

L'esito della vicenda a seguito di trattative tra la Commissione europea e il governo maltese. Ai 62 migranti rimasti ancora a bordo della nave sarà concesso di sbarcare a Malta, ma alla Alan Kurdi non è stato concesso di entrare in porto. “Nessuno rimarrà a Malta, che non può assumersi questo onere da solo”, precisa il premier maltese.

IL TWEET DEL PRIMO MINISTRO MALTESE


Ieri intanto si è resa necessaria un'ulteriore evacuazione, dopo che nei giorni scorsi già due donne, Princess e Blessing, di cui una incinta, erano state trasportate a Malta per problemi di salute. Stavolta si è trattato di un membro dell'equipaggio della Alan Kurdi. I 17 membri dell'equipaggio sono a bordo da 25 giorni e da 11 si sono presi cura dei 64 naufraghi. “Questo non è un normale stato di cose - commenta Sea Eye. Questo stato di cose deve terminare immediatamente!”.

Anche Open Arms denuncia: “Le persone a bordo della Alan Kurdi potranno sbarcare finalmente, ma la barca non potrà entrare in porto. Chi salva vite viene considerato un criminale, chi abbandona uomini, donne e bambini in mare viene chiamato "guardiacostiera" e finanziato generosamente. Vergogna Europa”.


Durissimo il comunicato emesso ieri da Mediterranea. La Ong, che ha anche presentato un esposto presso la Procura di Agrigento contro il Ministro Salvini, è categorica: “Prima si sbarca, poi si discute. Le navi della società civile devono resistere nell’affermare il diritto”.

“Da 10 giorni - si legge nel comunicato - la nave Alan Kurdi di Sea-Eye è in mezzo al Mediterraneo Centrale dopo avere soccorso, a largo della Libia, 64 persone, tra cui famiglie con bambini piccolissimi. Due donne sono state già evacuate d’urgenza per gravi condizioni di salute. I rifornimenti di acqua e cibo sono arrivati solo grazie a un’altra nave della società civile, quella dell’organizzazione MOAS. Nemmeno di questo si sono preoccupati i governi europei. Lo stato di bandiera della Alan Kurdi, la Germania, ha a quanto sembra avviato delle “negoziazioni” con Italia e Malta per arrivare a una “soluzione”. Quelle con l’Italia sono fallite immediatamente, di quelle con Malta non si sa nulla se non che la nave è ancora al di fuori delle acque territoriali di competenza de La Valletta. Di nuovo lo stesso spettacolo illegale e disumano in cui sulla pelle delle persone in mare si negozia tra governi, ma stavolta cercando di fare scomparire più possibile questa vicenda nel silenzio”.



“Alan Kurdi - precisa la Ong -ha effettuato un soccorso nel pieno rispetto del diritto del mare. Ha allertato tutti i centri di coordinamento marittimo della zona, inclusi quello di una Libia ormai in fiamme e quello della Tunisia. Ha provato a chiedere un porto sicuro a tutti gli Stati raggiungibili. L’Italia ha emanato una direttiva ad hoc in cui ha considerato un eventuale passaggio della nave nelle sue acque di competenza come “non inoffensivo” citando a caso e strumentalizzando i principi della Convenzione UNCLOS. Per andare a fondo dell’illegittimità di questo operato alcuni rappresentanti della società civile italiana, con il supporto del team legale di Mediterranea, hanno presentato un esposto presso la Procura di Agrigento. Sempre l’Italia si è macchiata di avere posto sotto ricatto le donne e i bambini presenti a bordo, “concedendo” loro la possibilità di sbarcare, ma senza i loro mariti e padri dei bambini. Un vero e proprio ricatto oltre che una violazione del principio dell’unità familiare che smaschera anche tutta l’ipocrisia e la strumentalità delle retoriche di questo governo sui “valori della famiglia”. Queste donne, spiegando pubblicamente le loro ragioni, hanno scelto di restare coi loro compagni e di non separare i figli dai padri, e per questo sono state derise dal Viminale in un crescendo di spregio della vita e della dignità delle persone.


“Queste piccole navi – conclude Mediterranea - come Alan Kurdi, Sea Watch 3, Mare Jonio, diventate loro malgrado l’obiettivo politico da colpire da parte di un potere sempre più violento e arbitrario, devono avere il coraggio di restare invece ancorate ai principi del diritto internazionale dei diritti umani e del diritto internazionale del mare, rilanciandoli, riaffermandoli, continuando a opporli all’arroganza dei governi. Prima si sbarca, poi si discute, e questo è un principio che non può essere tradito o subordinato a vane promesse dei governi”.


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