Pubblicato il 24/12/2018
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Natale 2018: c’è un Dio straniero nel presepe



È un vangelo crudo e provocatorio quello del Natale. Checché ne dicano i benpensanti, i valori cristiani sono tutto fuorché buonismo da quattro soldi, bigiotteria religiosa spacciata per loro colato della fede. Il presepe fa posto ai dannati della terra, agli ultimi che nessuno vuole, a chi arriva sui barconi o a chi muore sotto i portici, senza chiedergli preventivamente la carta d’identità o il permesso di soggiorno.

di Giacomo Belvedere


C’è un Dio straniero nel presepe. Il Figlio dell'uomo che nasce a Betlemme è un forestiero. Se ne facciano una ragione i bellicosi difensori dei cosiddetti “valori cristiani”. Il valori cristiani sono un’altra cosa. Checché ne dicano i benpensanti, i valori cristiani sono tutto fuorché buonismo da quattro soldi, bigiotteria religiosa spacciata per loro colato della fede. È un vangelo crudo e provocatorio quello del Natale.


IL CRUDO VANGELO DEL NATALE - Quel Bambino non fu accolto dai suoi. Non c’era posto per lui in una casa. Fu un presagio: la sua vita fu segnata sin dal primo momento. Non ci fu mai posto per lui. «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell'uomo non ha dove posare il capo», rispose amaramente, ormai adulto - quasi facendo un bilancio della sua vita errabonda - a chi gli prometteva di seguirlo dovunque lui fosse andato. Chi lo voleva seguire, non avrebbe avuto una casa, sarebbe stato forestiero, avrebbe dovuto rinunciare a tutte le sue sicurezze: questo insegnava. E difatti, nato all’addiaccio, dovette presto fuggire clandestinamente con tutta la famiglia, in Egitto, un paese non certo amico per un israelita. I suoi genitori pensarono bene che aiutarlo a casa sua, con il feroce Erode che lo cercava per ucciderlo, non era certo una buona idea.


UN DIO PROFUGO - Un Dio costretto dagli uomini a essere profugo, senza casa, braccato e cacciato dalla sua patria. Per questo disse che chi avesse accolto un forestiero avrebbe accolto lui. Un Dio per sempre straniero. Tentò con pazienza di togliere dalla mente dei suoi discepoli l’idea che “prima i nostri” fosse un’idea cristiana. Perché per i primi non c’era posto nel suo Regno. Un duro vangelo, che stentarono a capire persino i suoi amici, disposti a giurare su un vangelo di potere, ma  restii a seguirlo nella via impervia che lui indicava. E difatti nel momento della verità ultima lo abbandonarono e tradirono. Solo da un assassino e da un soldato pagano gli vennero parole di sostegno sul Calvario. Dai reietti e dagli estranei fu riconosciuto; dai suoi, preoccupati di preservare i sacri valori della religione, fu sbeffeggiato e inchiodato su una croce.


CIRENEI NON CROCIATI - Speravano così di fermarlo per sempre, di porre fine alla sua follia, mettendoci una pietra tombale sopra. Si sbagliavano. Allora tentarono di mistificare e inventarono le crociate, brandendo la croce come un’arma. Ma la croce, aveva detto lui, non era un segno da puntare contro, ma un peso da caricarsi sulle spalle. Anche le croci di chi non ce la faceva: i cirenei e non i crociati erano i suoi discepoli.


IL PRESEPE DEI DANNATI - Ed oggi ci chiede, ancora una volta, di mettere nel presepe i dannati della terra, gli ultimi che nessuno vuole. Del presepe dei potenti non sa che farsene: è il presepe degli Erode di turno, di chi è disposto a far morire cinicamente innocenti pur di conservare il suo scranno di potere. “Ama il prossimo tuo”, ripete ancora oggi, provocatoriamente, “fatevi prossimo” di chi arriva sui barconi o di chi muore sotto i portici, senza chiedergli preventivamente la carta d’identità o il permesso di soggiorno. Come fece il samaritano, uno straniero. Gli altri, il sacerdote e il levita, avevano altro da fare. Dovevano infatti preservare i loro “valori cristiani”. 

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