Pubblicato il 15/11/2018
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ph. Il Sette e Mezzo

“Specchio, specchio, delle mie brame, chi è il più No Muos del reame?”



C’era una volta la Riserva naturale di Niscemi, in contrada Ulmo. Così cominciano tutte le fiabe. Poi qualcuno vi piantò una foresta di 47 antenne e infine tre enormi parabole. Finirà come in tutte le fiabe, con: “E tutti vissero felici e contenti”?

di Giacomo Belvedere

C’era una volta la Riserva naturale di Niscemi, in contrada Ulmo. Qualcuno, un giorno, ebbe la bella idea di piantarvi una specie rara, una foresta di 47 antenne. All’opera si misero gli americani, maestri in questo genere di coltivazione. Visto il successo della nuova specie arborea, che attecchì prodigiosamente, benché pianta di importazione, la Marina a stelle e strisce d’oltreoceano chiese il benestare per arricchire la flora della Riserva con tre enormi funghi, tre parabole di un sistema satellitare detto Muos, utilissime, a suo dire, per favorire le comunicazioni nel mondo. Al ministro della Difesa, Ignazio La Russa e al Presidente della Regione Siciliana, Raffaele Lombardo, le parabole piacquero assai, manco fossero le parabole evangeliche: da siciliani, quali erano, intendevano in questo modo valorizzare il territorio dell’isola.

Ma non tutti erano di quell’avviso. Si sospettava, infatti, che quei funghi fossero velenosi: proteste, manifestazioni, appelli, si susseguirono senza sosta negli anni. A questo punto della fiaba, un colpo di scena, fece sperare ai No Muos di aver trovato una sponda istituzionale: venne eletto Rosario Crocetta, un Presidente della Regione, che aveva nel suo curriculum il marchio dell’antimafia e che era il primo governatore dell’isola gay. Tutto ciò accese le speranze, che sembrarono prendere corpo quando l’eroico Rosario revocò d’autorità l’autorizzazione all’impianto del Muos. Ma, come Paolo sulla via di Damasco, Rosario ebbe in seguito un’improvvisa illuminazione e si convertì al verbo delle parabole, revocando la revoca.

I No Muos, tuttavia, non si persero d'animo, mostrandosi refrattari alla voce suadente delle sirene del Muos. Tanto più che a Caltagirone, nella città della ceramica, un Procuratore della Repubblica, Giuseppe Verzera, aveva messo sotto inchiesta le tre mirabolanti parabole, ritenendole assolutamente abusive. Purtroppo non dello stesso avviso fu il giudice, che mandò assolti tutti gli imputati, perché il fatto non sussisteva.

Non tutto, tuttavia, sembrava perduto. Roma fu conquistata da un gruppo di valorosi condottieri che avevano nel loro stemma gentilizio cinque stelle. Quei prodi occuparono posti di potere cruciali, per la storia in questione: misero una donna siciliana, Elisabetta Trenta, al Ministero della Difesa, un baldo giovane calatino, Gianluca Rizzo, alla Presidenza della Commissione Difesa della Camera. Alla regione contavano su un ambientalista doc come Giampiero Trizzino, che aveva l’idea fissa di smantellare il Muos. I giochi sembravano fatti, tanto più che il leader delle stelle, tale Luigi Di Maio, con un passato di giornalista pentito, aveva profetizzato importanti novità.

La ministra Trenta, Rizzo e Trizzino si videro a Roma, poi annunciarono trionfanti un “fatto storico”: l’Avvocatura dello Stato non si sarebbe presentata all’udienza del 14 novembre del Consiglio di giustizia amministrativa, che doveva occuparsi della spinosa questione. E così fu.


A quei rombiballe dei No Muos, mai contenti, l’assenza del Governo all’udienza sapeva invece di abbandono del campo. «Avrebbero dovuto saperlo – scrissero con vivo disappunto - i dotti consulenti legali della Ministra Trenta, assieme all’avvocato e on. Trizzino, come non fosse “normativamente previsto” e fuori tempo massimo “recedere dalla posizione processuale precedentemente assunta neanche “eventualmente ritirando le memorie già depositate». «Ci vuole un atto politico – conclusero sarcastici -, non le solite giravolte equilibristiche dietro cui nascondersi. Il resto è politichese».

Il non velato sarcasmo non  piacque affatto a Trizzino. Nonostante non fosse sua abitudine rispondere alle provocazioni, durante l’attesa annoiata di un volo, decise di scendere sul terreno dell’ironia, e rifece il verso ai No Muos: “Tutto il resto è satira e in politica ci sta… vado al gate”. Il deputato regionale aveva in serbo un coup de théâtre: uscì dal cilindro una lettera inviata il 26 ottobre 2018 dal Ministero della Difesa all’avvocatura dello Stato, in cui si chiedeva di recedere dalla posizione processuale davanti al Cga. Indubbiamente gli bruciava di essere raffigurato con un naso di Pinocchio da quegli sfrontati dei No Muos. Nessuna bugia: la lettera esisteva e il M5S non aveva tradito le sue battaglie ambientali. Inoltre il valente deputato regionale, chiariva che il Muos era “un sistema di telecomunicazione ad esclusivo servizio delle forze armate americane, che non ha nulla a che vedere con la sicurezza della nostra nazione. Quindi, coloro i quali sostengono che il Ministro per la Difesa o qualunque altra autorità italiana possa entrare e smantellarlo con una chiave inglese, dice una grande fesseria”. E ancora: “Il Muos, grazie alla complicità dei precedenti Governi (di destra e di sinistra), ha ottenuto tutte le autorizzazioni le quali hanno resistito al processo amministrativo fino al II grado di giudizio. Dunque, chi racconta che lo Stato oggi può revocarle, non conosce il riparto delle competenze amministrative e, con molta probabilità, parla o scrive non avendo nulla di meglio fare (come me in questo momento)”. Una bella professione di realpolitik: abbiamo le mani legate, questo il sugo del discorso, per colpa di chi ci ha preceduto. 


Ma per i No Muos mandare una lettera fuori tempo massimo, dato il termine perentorio dei 30 giorni, chiaramente non rispettato, e non presentarsi in udienza senza aver presentato una nuova memoria, aveva  avuto un effetto boomerang e confermato la precedente dell'undici ottobre, quella contro di noi. Insomma, una “bella minchiata”.

Questa bella fiaba è ancora in corso. Ma – dicono i soliti informati - che all’Ars il deputato Claudio Fava abbia depositato una mozione, chiedendo “che venga rapidamente discussa, affinché l'Assemblea Regionale Siciliana si esprima contro le autorizzazioni a nuovi lavori nella base e chieda ai Governi regionale e nazionale, ciascuno per le proprie responsabilità, di smantellare il Muos”. Non abbiamo la sfera di cristallo per dirvi come finirà. Ma le fiabe – si sa – finiscono sempre bene. Forse si porterà a Palazzo dei Normanni la famosa “Bocca della Verità”, che si trova nella chiesa di Santa Maria in Cosmedin a Roma, per poi, come le forche caudine, sottoporre  tutti i deputati regionali alla prova. Oppure, altro happy end: i deputati siciliani dovranno guardarsi allo specchio recitando l’antica formula. “Specchio, specchio, delle mie brame, chi è il più No Muos del reame?”. E così tutti vissero felici e contenti.  

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