Pubblicato il 08/10/2018
INCHIESTA
Fra Adolfo Filippi (primo a sx), Berruecos 1969

Lo “strano caso” dei frati del Soccorso a Caltagirone. 3. Chi è fray Adolfo Filippi: un santo o un imbroglione?



Da Corleone giunge nel 1969 in Colombia un cappuccino siciliano, fra Adolfo Filippi, che si fa chiamare fray Felipe e nel 1975 fonda la comunità dei Frati minori del Cuore Immacolato di Maria. Per la sua febbrile attività, sociale e religiosa, diventa una gloria cittadina a Berruecos-Arboleda. Ai suoi frati, dalla spiritualità anticonciliare, i narcos non torcono un capello. Ma chi è in realtà fray Adolfo Filippi, alias fray Felipe del Santísimo Rosario? Un santo o un imbroglione?

di Giacomo Belvedere

I Frati Minori del Cuore Immacolato di Maria, protagonisti dal 1994 al 1998 a Caltagirone di una vicenda in cui restano ancora molti lati oscuri non chiariti, sono un Istituto religioso di diritto diocesano fondato nel 1975 da fra Adolfo Maria Filippi, che era un francescano cappuccino italiano parroco della chiesa di S. Michele Arcangelo ad Arboleda-Berruecos nel distretto di Nariño (sud-ovest Colombia). Non bisogna tuttavia pensare ad un vero e proprio ordine religioso, approvato canonicamente. I frati sono piuttosto un’associazione di fedeli pubblica clericale, di diritto diocesano, osservante la regola di S. Francesco, che aspira a diventare istituto religioso, costituita a Ibarra, in Equador, con il consenso di quella diocesi. Consenso che, come si vedrà, nel 2003 verrà bruscamente revocato, quando l’arcivescovo di Ibarra ordinerà la soppressione canonica dell’ordine in Ecuador per gravi ragioni teologiche e morali.

La sua storia è segnata da un netto e sconcertante bifrontismo: la prima parte, sino al 1995, vede il frate impegnato nella realizzazione di varie opere pastorali, sociali e religiose, che ne fanno una gloria cittadina di Berruecos. Il frate cappuccino vanta infatti anche una febbrile e instancabile attività edile nel territorio. Nella seconda parte, a partire dal 1995, si addensano sul suo capo oscure nubi, sospetti di eterodossia e immoralità, culminati con le sanzioni canoniche da parte dell’autorità ecclesiastica. Una sorta di dr Jekyll e mr Hyde col saio francescano. 


DA CORLEONE IN COLOMBIA - Originario di Corleone, in Sicilia, Adolfo Filippi studia nell’isola, dove fu ordinato sacerdote il 7 aprile 1963, anche se altre fonti danno il 5 maggio 1962. Stessa incertezza abbiamo sulla data di arrivo a Berruecos: il 26 maggio o il 28 dicembre del 1969. Resterà come parroco nella parrocchia di S. Michele Arcangelo dal 1970 fino al 1986. Il suo primo impegno fu preparare alla prima comunione i bambini di Buerruecos. Ma la sua azione pastorale si allargò presto anche delle zone vicine e si trasformò in lunghi anni di permanenza come parroco. Il cappuccino siciliano insegna presso gli istituti Mater Dei Maria Goretti, l'Università Mariana e la scuola Champagnat di Pasto.

All'inizio degli anni ‘70, si rende benemerito per un’interessante scoperta archeologica. Il 2 gennaio 1971 il parroco di Berruecos scopre importantissimi geroglifici scolpiti su una enorme roccia chiamata dagli indigeni, "Pietra delle scimmie". La pietra è ora chiamata “Pietra del Sole” perché tra le molte figure scolpite si distingue il sole al centro della roccia; attirano l’attenzione alcune figure di stile assiro-babilonesi, e fanno pensare a un’antichissima civiltà sconosciuta. Gli abitanti di Berruecos vedevano scimmie là dove alcune incisioni in forma di coda indicano la spirale della vita, un motivo molto comune nella cultura orientale, che si ripete spesso in tutta la pietra.

Dal 1972 si dedica alla costruzione del nuovo complesso parrocchiale di S. Michele Arcangelo, intagliato in pietra in stile eclettico. La costruzione richiederà più di 13 anni. A fra Adolfo Filippi sono attribuite molte altre opere sociali a Berruecos: il collegio, il Banco Agrario, la strada Santa Marta. Le sue molteplici opere realizzate spiegano perché a Berruecos è ancora vivo il ricordo del padre, considerato un benefattore della città.


I FRATI DEL CUORE IMMACOLATO DI MARIA - Il 1975 è un anno cruciale: il 21 luglio 1975, la vigilia della festa di Santa Maria Maddalena, Filippi inizia la costruzione, su un terreno donato da un benefattore, di quella che diverrà la Casa madre della nuova comunità dei Frati minori del Cuore Immacolato di Maria, l’Eremo di S. Maria Maddalena, in stile italiano in pietra. Quello stesso anno il frate cappuccino fonda la sua nuova comunità religiosa nella città di Ibarra, ottenendo poi l’approvazione del vescovo di quella regione.

L’eremo di Santa Maddalena era inizialmente una piccola cappella di argilla. A partire dal 1984 si inizia a edificare quello che diverrà l’attuale complesso, formato dalla chiesa e dall’eremo. La costruzione termina nel 1991. Filippi è ideatore e direttore dei lavori, coadiuvato da don Jose Elias Cordoba. Il frate insegna ai mastri muratori a lavorare la pietra e porta le immagini della Cappella dell’Eremo dalla sua nativa Italia. Oggi l’Eremo è considerato una delle attrazioni artistiche del luogo. L'eremo è situato a 2400 metri, in una zona montuosa, sul sentiero (vereda)  “La Rejoya”, chiamato oggi vereda S. Francesco, nome dato da fra Adolfo Filippi, e appartiene civilmente al territorio del comune di San Lorenzo, sempre nel distretto di Nariño, ma pastoralmente fa parte della parrocchia di S. Michele Arcangelo di Berruecos. La diocesi è quella di Pasto, suffraganea di Popayán.


L’ESPANSIONE MISSIONARIA - Dalla casa madre di S. Maddalena l’ordine si diramò a Popayán, capitale del distretto del Cauca, a 185 km dall’eremo, dove in seguito viene trasferita la segreteria dell’ordine. A Popayán  i frati si stabiliscono nel convento dei Tre Arcangeli. Ma l’espansione dell’ordine non si ferma. Nel 1975, come s’è detto, il frate cappuccino fonda la sua nuova comunità religiosa nella città di Ibarra, ottenendo poi l’approvazione del vescovo di quella regione. Consenso che successivamente verrà bruscamente revocato.

Il superiore generale a vita della nuova comunità religiosa è fra Adolfo Filippi, alias fra Filippo del Santissimo Rosario. La spiritualità dei frati si basa su tre pilastri: adorazione eucaristica quotidiana; culto mariano, legato alle apparizioni di Fatima; e regola francescana. Le Sorelle Minori del Sacro Cuore sono il ramo femminile. Dedicate alla preghiera contemplativa, in clausura, le suore vivono in comunione d'amore con Dio nella lode e adorazione continua. La spiritualità è la stessa di quella dei frati, con particolare rilevanza del culto riparatore del Sacro Cuore di Gesù.

Dal 1989 fray Felipe lascia Berruecos e si stabilisce a Ibarra, ma torna spesso a visitare i luoghi di origine. Nell’opera di fondazione e diffusione del nuovo ordine religioso, il frate italiano è sostenuto da fra Edgar Sanabria, noto come fra Michele della Croce, con il quale ha aperto case in Brasile, a Berruecos e nel sentiero El Uvo di Popayán, la capitale caucana. Si ha notizia anche di case dei frati in Argentina. Nemmeno le condanne ecclesiastiche, che a partire dal 1995 si abbatteranno sulla comunità, arrestano la spinta missionaria dei frati. Negli Stati Uniti, nel sud della Florida, nella città di Southwest Ranches, un borgo rurale di 7.000 abitanti a 46.7 km da Miami, sono presenti i Terciarios de los Sagrados Corazones, un’associazione non profit fondata il 25 febbraio 2003.

L'associazione risulta inattiva nel 2013, ma probabilmente, come è accaduto altrove, ha cessato le sue attività assai prima. Il nome spagnolo fa pensare che abbiano legami con la comunità ispano-americana e con gli immigrati dal Sudamerica. Che siano da collegare al Terz’Ordine secolare dei Frati Minori del Cuore Immacolato di Maria, lo proverebbe il fatto che, nel direttivo dell’associazione della Florida, spiccano i nomi di Adolfo Filippi, tesoriere e di Edgar Sanabria, vice presidente. È interessante, inoltre, che il recapito di Sanabria risulti a Popayán, in Colombia; quello di Adolfo Filippi in Italia, a S. Giorgio Piacentino, in provincia di Piacenza, che farebbe pensare a un’espansione dell’ordine anche in Emilia Romagna, oltre che in Sicilia, Campania e Marche.


FRAY FELIPE LASCIA I CAPPUCCINI - Non si sa di preciso quando fray Felipe dismette il saio marrone cappuccino, per indossare il nuovo abito, una tunica celeste con sopravveste bianca. Una foto del 1986, lo ritrae, vestito ancora da cappuccino, mentre viene presentato con i suoi frati a Giovanni Paolo II, durante la visita papale in Colombia, probabilmente il 4 luglio, giorno in cui il pontefice celebrò la messa a Popayán. A Caltagirone i frati indossano il saio francescano color marrone. Solo la stoffa è un po’ più ruvida del solito. Probabilmente i nuovi colori, attestati da tutta la documentazione fotografica e video posteriore al 2000, sono stati adottati dopo la soppressione canonica dell’ordine da parte della Chiesa cattolica. La giustificazione delle fonti ufficiali è che i colori dell’abito sono mariani, in linea con uno dei pilastri della loro spiritualità.

Ma a Silvia Di Natale, una scrittrice e sociologa italiana che, durante un viaggio in Colombia nel 2010, si trova a passare da Berruecos, i frati danno tutt’altra spiegazione. L’episodio è documentato nel suo libro Millevite. Viaggio in Colombia. “Perché la nostra comunità non è stata ancora riconosciuta”. È la risposta che le dà fra Carmelo, un frate che parla in perfetto italiano. Una risposta evasiva, che sorvola sulla raffica di condanne ecclesiastiche che dal 1995 al 2005 hanno colpito l'ordine e i suoi fondatori. Ma la sua interlocutrice incalza, vuole sapere di più. “Il frate celeste – scrive Di Natale - allarga la braccia delegando la risposta al Padre eterno”. Ma poi le spiega che i frati seguono la liturgia preconciliare tridentina di Pio V, con il celebrante che volge le spalle al popolo. Non si tratta propriamente della liturgia in latino, anche se fra Carmelo ammette che “sarebbe bello se si potesse tornare almeno un poco al latino”. La difficoltà pare non essere dovuta ai fedeli che non capirebbero il latino, ma agli stessi celebranti, che non possiedono le nozioni elementari dell’antica lingua di Roma. Comunque sia, sembra dunque che i frati, dopo la bufera che si è scatenata dal 1995 al 2005 su di loro, si siano avvicinati alle frange tradizionaliste e ultra conservatrici della Chiesa, anche se non risultano legami con i lefrebvriani. Lo dimostra anche il fatto che fray Felipe celebra con i guanti pontificali, riservati un tempo a chi aveva dignità episcopale, ma caduti in disuso dopo il Concilio Vaticano II.


NEL REGNO DEI NARCOS - Fino al 1995, comunque, sulla nuova comunità non si addensano ancora le nubi dell’eterodossia e delle condanne della Chiesa. La casa madre di Santa Maddalena offre un ambiente idoneo ad essere un’oasi di raccoglimento e di spiritualità francescana in mezzo alla natura. La casa è abitata dai frati che hanno una preghiera permanente e lavorano negli orti per il loro sostegno. In questo luogo si svolgono anche ritiri spirituali aperti ai laici.

Questo clima di spiritualità e pace, che caratterizza le case dell’ordine in Colombia, stride tuttavia con la dura e sanguinosa realtà circostante. L’eremo di Santa Maddalena sembra un’isola felice non toccata dagli omicidi, attentati e carneficine. Una catena di sangue lunghissima, in cui si scontrano per il controllo del territorio esercito, narcotrafficanti, la guerriglia delle Farc, il più grande gruppo guerrigliero di sinistra e dell'Eln e le organizzazioni paramilitari di destra. Anche la Chiesa cattolica è colpita con ferocia e vive in un clima di terrore. Si susseguono in quegli anni numerosi atti intimidatori, ricatti, sequestri di persona, contro persone e strutture ecclesiastiche. Dal 1990 al 1999 i sacerdoti uccisi in Colombia sono più di una ventina.

La spirale di violenza culmina il 19 marzo 2002 con l’assassinio di mons. Isaías Duarte Cancino, vescovo di Cali, la terza città del paese, capitale del distretto della Valle del Cauca, confinante con quello di Nariño. Mons. Duarte Cancino viene assassinato la sera nell’atrio della Parrocchia del Buon Pastore, a Balcazar, un quartiere povero della cintura di Cali, dove aveva celebrato il matrimonio collettivo di 75 coppie irregolari. Mons. Duarte Cancino, quando era vescovo di Uraba, si era offerto come mediatore di pace, nella sua terra lacerata dagli scontri tra le Farc,  e i paramilitari di destra. A Cali, l’arcivescovo, che si  era battuto per i diritti umani del suo popolo, si era scagliato contro il narcotraffico e denunziato duramente i politici che non si erano fatto scrupolo di usare i soldi dei narcos per finanziarsi l’ultima campagna elettorale per il Congresso. “Non è la formazione della coscienza morale del nostro popolo a causare problemi in Colombia – è la sua idea chiave -, ma l’acquiescenza verso il maledetto traffico della droga”. Per questo aveva creato a Cali un istituto superiore per la formazione dei diritti umani.
Ma nell'eremo di Santa Maddalena, non arriva l'eco delle stragi terroristiche e nessuno torce un capello ai frati e alle suore. Tempo perso tentare di rintracciato nella loro predicazione spiritualistica e sentimentale una seppur labile allusione alla guerriglia o al narcotraffico. Un’oasi di serenità nel bel mezzo del regno dei narcos.

3 a parte. Continua...


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