Pubblicato il 10/08/2018
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San Lorenzo: imparare il desiderio dalle stelle cadenti



Stanotte tutti a guardare il cielo. C’è una grande lezione che ci viene dalle stelle cadenti. Il cielo è di tutti quelli che lo desiderano. Puoi egoisticamente innalzare recinti per marcare lo jus soli; ma non puoi mettere paletti per negare lo jus coeli.


di Giacomo Belvedere

«Mea nox obscurum non habet, sed omnia in luce clarescunt»: la mia notte non conosce oscurità, ma tutto nella luce si fa chiaro. Così recitano mirabilmente i Vespri della liturgia di San Lorenzo.

S. Lorenzo, la notte dei desideri, del pianto di stelle su quest’atomo opaco del Male, ci ricorda Pascoli. Desiderio viene da “de-sidera”. Indica una mancanza, una struggente nostalgia di stelle. Disegna un vuoto che solo il cielo può colmare. E il cielo è di tutti quelli che lo desiderano. Puoi egoisticamente innalzare recinti per marcare lo jus soli; ma non puoi mettere paletti per negare lo jus coeli.

Stanotte tutti a guardare il cielo. Gli astronomi ci spiegano che occorre guardare verso nord est e trovare il radiante, ossia il punto dal quale sembrano irradiarsi le meteore, che è nella costellazione di Perseo. I poeti ci vedono un sovrasenso simbolico: nord è il buio, est l’alba di un nuovo giorno. Tra nord ed est si trova la notte che non conosce oscurità. E riesce a  vedere le stelle chi sa attendere la luce. Con pazienza e senza fretta.

Perseo è l’eroe che sconfisse e uccise Medusa, la Gorgone che pietrificava col suo sguardo. Certi sguardi non liberano ma pietrificano. Sono gli sguardi del possesso da cui occorre purificarsi. Il desiderio è difatti la negazione della brama di possesso: schiude spazi infiniti all’essere e non può essere appagato dalla logica mercantile dell’avere, del “prima i miei desideri”.

Desidera chi si apre all’Altro; brama chi meschinamente si chiude nell’io. La differenza è abissale, tra i desideri sublimi del cuore, che spiccano il volo verso l’alto, e le brame meschine e volgari cupidigie del ventre, che ti fanno in basso batter l’ali.

Possa stanotte questa povera Italia tornare a scrutare il cielo. Da troppo tempo sa solo guardare tristemente il suo ombelico. Ma così uccide la felicità, soffocandola tra invidia, pregiudizio, egoismo, squallide beghe di condomini malevoli.

Desideriamo il cielo: lasciamo l’ombelico agli ottusi cercatori di likes.

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