Pubblicato il 23/06/2018
INCHIESTA

Cara Mineo, Cantone: “No a proroga. Si chiuda la gara entro il 30 giugno”



Nelle more dell’espletamento della gara di appalto, la Commissione Giudicatrice  aveva chiesto all’Anac “in ragione dell’indeffettibile esigenza di non interruzione del servizio”, la possibilità di un’ulteriore atto di proroga (quella attuale scade il 30 giugno) per la gestione dei servizi fino al 31 dicembre 2018. 

di Giacomo Belvedere

Nessuna proroga nella gestione delle forniture e dei servizi al Cara di Mineo, il mega centro di Accoglienza di contrada Cucinella, ai piedi della città di Capuana, fortemente voluto nel 2011 da Berlusconi e dal suo ministro dell’Interno Maroni. A Raffaele Cantone, presidente dell’Anac, era stata chiesta, nelle more dell’espletamento della gara, la possibilità di procedere alla stipula di un’ulteriore atto di proroga (quella attuale scade il 30 giugno) per la gestione dei servizi, fino al 31 dicembre 2018, per “garantire la continuità dei servizi e con espressa clausola di cessazione dell’efficacia in caso di perfezionamento dei nuovi affidamenti in un momento antecedente a detto termine”.

L’Anac era stata, inoltre, chiamata a pronunciarsi sull’eventuale esclusione delle ditte che non avevano indicato i propri costi di manodopera ai sensi dell’art. 95 comma 10 del Codice degli Appalti e su alcune “anomalie” presenti nelle offerte delle ditte e coop classificatesi al primo posto per i lotti 1 e 3. Problemi che avevano stoppato la chiusura definitiva della gara. Alla prima questione l’Anac ha risposto l’11 aprile 2018, suggerendo di richiedere a tutti gli operatori economici partecipanti di specificare, nell’ambito delle offerte economiche già formulate e non suscettibili di alcuna modifica, la parte di importo imputabile ai costi di manodopera. Parere fatto proprio dalla Commissione, che nella seduta del 23 aprile scorso, ha dato mandato al Rup di richiedere a tutte le ditte e coop apposita dichiarazione.

Sulla seconda questione, Cantone ha in sostanza chiesto di sciogliere i nodi ancora aperti e accelerare i tempi, per chiudere le procedure della gara d’appalto entro il 30 giugno, opponendo un secco no ad ulteriori proroghe: “la circostanza che il contratto in essere sia stato già prorogato, da un lato – spiega Cantone –, e che l’esigenza di un’ulteriore proroga nasca dai tempi di espletamento della gara in corso, dall’altro, rende critico il ripetuto ricorso a tale istituto”.

Il 30 novembre 2017 è scaduto il discusso appalto triennale da 97 milioni di euro. Indetta la gara, le buste contenenti le offerte sono state aperte il 14 novembre 2017 in Prefettura, presso l’Ufficio Territoriale del Governo di Catania. Per il prosieguo delle attività di competenza, concernenti la procedura di gara, il Seggio di Gara si è riunito ancora in seduta pubblica il 21 novembre 2017. Quindi, il 27 e 28 marzo scorsi, sempre presso i locali della Prefettura, la Commissione Giudicatrice ha provveduto, dopo la valutazione e comparazione delle offerte tecniche ed economiche, ad assegnare i relativi punteggi, attribuiti sulla base della sommatoria tra punteggio tecnico e punteggio economico. Quindi lo stop e la richiesta di parere all’Anac sulle anomalie riscontrate e su un’ulteriore proroga, a cui è stato risposto negativamente.

Certo fa specie notare la lentezza con cui si sta svolgendo la gara attuale, soprattutto se la si paragona ai tempi velocissimi delle precedenti gare d’appalto (2011, 2012 e l’appalto da 97 milioni del 2014), che si concludevano in pochi giorni. Bandi definiti da Cantone «il classico bando su misura: mancava che indicassero anche il nome diretto del vincitore», un bando “sartoriale”, «costruito in modo da escludere la concorrenza, con una logica unitaria senza divisione di lotti». Inoltre, dopo le inchieste che si sono abbattute sul centro menenino e a cui lavorano le Procure di Roma, Catania e Caltagirone, è logico aspettarsi che i commissari vogliano muoversi con i piedi di piombo.

CANTONE: “FATE PRESTO” – L’Anac suggerisce di far presto e di “ricorrere ad esecuzione anticipata, valorizzando l’urgenza di di espletare servizi di natura essenziale per l’igiene e la salute delle persone nel centro di accoglienza”. Tenuto conto – continua la nota dell’Anticorruzione – che il termine indicato per l’acquisizione delle giustificazioni da parte delle ditte e coop, fissato all’11 giugno, “precede di più di due settimane la scadenza della proroga già assentita (30 giugno), si suggerisce di valutare preliminarmente la possibilità di una calendarizzazione delle operazioni di gara che consenta di addivenire all’aggiudicazione entro il 30 giugno p.v. ed alla aggiudicazione efficace nel successivo breve termine possibile. Il ricorso ad esecuzione anticipata consentirebbe notevolmente di ridurre i tempi di una nuova proroga. Tuttavia l’Anac lascia uno spiraglio aperto, anche se vincolato a rigidi paletti. “La soluzione prospettata dalla Prefettura, secondo l’Anac, in ragione dell’indeffettibile esigenza di non interruzione del servizio, potrebbe quindi ritenersi ammissibile subordinatamente alle valutazioni sopra rappresentate, e comunque per il tempo strettamente necessario affinché l’aggiudicazione divenga efficace. Una volta divenuta efficace l’aggiudicazione, infatti, i nuovi esecutori potrebbero avviare l’esecuzione del contratto in via d’urgenza, con conseguente cessazione della proroga”. Si vuole insomma evitare di ripetere la logica, già vista al centro menenino, della proroga infinita, come nel 2013, anno in cui ci furono, in attesa dell’indizione della nuova gara d’appalto, ben 7 proroghe.

L’APPALTO – L’importo complessivo presunto dell’appalto, determinato dalla sommatoria degli importi dei 4 lotti, è di € 49.941.788,00 oltre IVA e oneri di sicurezza. Meno dei 97.893.000 milioni dell’appalto precedente. La durata dell’appalto è di tre anni non rinnovabili e decorrerà dalla data indicata nel contratto di appalto per ogni singolo lotto. Tuttavia, si precisa che, qualora il numero e la frequenza degli arrivi di migranti nel territorio nazionale rendessero necessario un incremento delle capacità ricettive della struttura di accoglienza, il RUP, su disposizione del Ministero dell’Interno, farà ricorso agli aumenti di prestazione dei singoli lotti rapportati al numero maggiore di presenze nel centro fino al massimo previsto del 50% (cfr. d.lgs. 18 aprile 2016, n.50, comma 1, lettera a). A questo aumento se ne potrebbe aggiungere un altro di un quinto, per sopraggiunte necessarie modifiche (d.lgs. 18 aprile 2016, n.50, comma 12). Il tetto dell’importo potrebbe lievitare dunque, senza necessità di una nuova procedura, sino a un importo massimo di 84.195.930,00.

La novità più evidente è che il superamento della figura del gestore unico e la suddivisione dell’appalto in quattro lotti prestazionali (servizi alla persona, comprensivi di mediazione culturale, assistenza sanitaria, sociale e psicologica, somministrazione di pasti e generi alimentari, servizio di pulizia ed igiene ambientale e fornitura di beni) ha senz’altro, almeno in questa prima fase, favorito la concorrenza: sono molte di più, rispetto al passato, le ditte e coop partecipanti.

Il centro deve rispondere a due precise caratteristiche: deve avere una ricettività di 2.400 posti (meno rispetto ai 3.000 previsti dal precedente appalto, ma – come s’è visto – suscettibili di aumenti emergenziali) e deve essere «sito nel territorio della provincia di Catania». Sulla carta, dunque, potrebbe anche non essere ubicato a Mineo, ma riesce difficile immaginare quali altre strutture, anche demaniali, oltre a Mineo, siano in grado di ottemperare ai requisiti richiesti. 

Una clausola di salvaguardia, infine, è volta a preservare i livelli occupazionali, stabilendo che «gli aggiudicatari si impegnano ad assorbire nel proprio organico il personale operante nei centri come previsto dall’articolo 50 del Codice, nel rispetto dei principi dell’Unione Europea, in particolare della libera concorrenza, nonché della libertà di iniziativa economica di cui all’art. 41 della Costituzione Italiana, ferma restando l’applicazione dei CCNNLL del settore di cui all’art. 51 del Decreto Legislativo 15 giugno 2015 n. 81».

LOTTO 1 Comprende fornitura di servizi alla persona, gestione amministrativa e registrazione stranieri, assistenza generica e sanitaria alla persona e connessi. L’importo a base di gara, IVA esclusa, del lotto 1 è pari ad € 16.898.040,00, oltre oneri per la sicurezza per i rischi interferenziali stimati in € 67.592,16 non soggetti a ribasso per le prestazioni di cui agli artt. 2, 3 e 4 del capitolato. L’importo predetto è rapportato ad un numero di posti presunto complessivo pari a n 2.400 per i tre anni di vigenza del contratto. Il costo giornaliero per ospite è determinato in € 6,43 Iva esclusa.

La graduatoria provvisoria vede al primo posto la Cooperativa Badia Grande di Trapani, capofila di un Rti che comprende la Fondazione San Demetrio di Piana degli Albanesi, il Consorzio Agri.Ca di Agrigento, aderente alla confcooperative, la Chiron di Catania e il Consorzio Aretè di Trapani (pp. 93,54).

Resterebbe fuori, dunque, piazzandosi al secondo posto con pp. 89,29, il Rti capitanata dalla romana Tre Fontane, di cui fanno parte anche Medihospes di Bari, l’Iride di Scordia e il Consorzio Umana Solidarietà di Palermo. Le ultime due coop del Rti, Iride e Consorzio Umana Solidarietà, orbitano attorno al Consorzio Sol.Calatino, il cui Presidente Paolo Ragusa si è dimesso perché coinvolto nelle note inchieste delle Procure di Catania e Caltagirone.

“Sulla base della graduatoria – ha segnalato tuttavia la Commissione – risultano anomale le offerte presentate dalle Ditte Rti Tre Fontane Coop. Sociale e Rti Cooperativa Badia Grande”, vale a dire le prime due della graduatoria, che potrebbe dunque essere ribaltata, se i punteggi attribuiti non dovessero reggere alla verifica del Rup Francesco Puglisi, supportato dalla Commissione. E un’altra grana avrebbe potuto rivoluzionare la graduatoria. Il rappresentante legale della coop Badia Grande ha difatti fatto mettere a verbale che “le offerte avrebbero dovuto indicare, a pena di esclusione, i propri costi di manodopera ai sensi dell’art. 95 comma 10 del Codice degli Appalti”. Su questa spinosa questione, come s’è detto, la Commissione si è riservata di valutare, chiedendo il parere all’Anac.

LOTTO 2 – È il lotto più corposo e comprende la fornitura pasti. L’importo a base di gara, IVA esclusa, è pari ad € 19.710.000,00 oltre oneri per la sicurezza per i rischi interferenziali stimati in € 39.420,00 non soggetti a ribasso per le prestazioni di cui all’art. 5 del capitolato.

La gara, in questo caso, non ha riservato sorprese, sebbene si è trattato di una lotta tra titani. Si conferma la Cascina, colosso della ristorazione da 35 milioni di pasti annui, fondata nel 1978 da un gruppo di universitari aderenti a Comunione e Liberazione. Una vittoria che dovrebbe essere definitiva, dal momento che la Commissione annota che “sulla base della graduatoria non risulta anomala alcuna offerta”. Non sono, inoltre, state avanzate contestazioni. 

LOTTO 3 – Servizio di pulizia ed igiene ambientale. L’importo a base di gara, IVA esclusa, è pari ad € 3.525.548,00, oltre oneri per la sicurezza per i rischi interferenziali stimati in € 14.102,19 non soggetti a ribasso per le prestazioni di cui all’art. 6 del capitolato. Il lotto è staro provvisoriamente aggiudicato al Consorzio Progetto Multiservizi di Roma: pp. 85,46. Sull’esito della gara pende una censura della Commissione, che ha ritenuto “anomala” proprio l’offerta presentata dalla ditta che ha il primo posto nella graduatoria provvisoria. La decisione finale è stata rinviata al giudizio del Rup Francesco Puglisi, supportato dalla Commissione.

Anche in questo caso l’esito della gara ha offerto sorprese: è fuori la Pizzarotti, impresa proprietaria dell’immobile, consorziata con la Papalini di Fano, che data la posizione (6° posto) difficilmente potrà rientrare in gara, anche nel caso di una ridefinizione della graduatoria. La presenza della Pizzarotti nel raggruppamento vincente, aveva garantito, all’invincibile armata delle coop di mettere in campo anche la proprietà degli immobili (per i quali, comunque, l’impresa di Parma percepiva un indennizzo di 6.200.000 euro, scesi nel 2014 a 4.500.000 euro), e di garantire un’offerta all inclusive: servizi, ristorazione, assistenza sanitaria, immobile.

LOTTO 4 Fornitura di effetti letterecci, vestiario, prodotti per l’igiene (indumenti esterni vari, indumenti, calzature, articoli da viaggio e accessori, asciugamani, biancheria intima, prodotti per la cura personale). L’importo a base di gara, IVA esclusa, è pari ad € 9.808.200,00 (di cui € 3.022.200,00 soggetto a ribasso e la restante parte pari a € 6.786.000,00 non soggetta a ribasso, in quanto inerente a spese per pocket money e schede telefoniche) oltre oneri per la sicurezza per i rischi interferenziali stimati in € 19.616,40 non soggetti a ribasso per le prestazioni di cui all’ art. 7 del capitolato.

Per il lotto 4 è pervenuta solo una busta: l’Hospital Service s.r.l. di Mozzagrogna in provincia di Chieti, una srl che si è costituita nel 2002 e di cui è proprietario il re delle lavanderie industriali Antonio Colasante. L’impresa ha anche una sede commerciale a Tremestieri Etneo. La ditta ha presentato un ribasso percentuale del 20,98%. Chiusa l’attività di valutazione dell’offerta economica, gli atti sono stati trasmessi al Rup, per la verifica dei requisiti.

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