Pubblicato il 20/06/2013
INCHIESTA

Dossier “Carissimo Cara” – 1. Costi umani ed economici del mega centro di accoglienza di Mineo



 di Giacomo Belvedere


DOSSIER “CARISSIMO CARA” 1. MINEO O CARAIl 14 giugno scorso un gruppo di immigrati originario del Mali, ospitato nel centro Cara di Mineo, (una ventina secondo l’agenzia Ansa, un centinaio secondo altre fonti), ha inscenato una violenta protesta, lanciando sassi contro gli agenti di polizia. Sei poliziotti sono rimasti feriti. La polizia ha fatto uso di lacrimogeni. I manifestanti hanno danneggiato alcune strutture e auto dei dipendenti in sosta dentro il centro e dato fuoco a cassonetti della spazzatura. Per un paio di ore si sono  viste due  colonne di fumo che si levavano dall’interno della struttura. Sembra che al momento della colazione, un giovane maliano, rimproverato per aver tentato di saltare la fila, abbia reagito con violenza contro un operatore e contro le Forze di Polizia intervenute per sedare la lite e sia stato per questo tratto in arresto. Fatto che avrebbe scatenato la rivolta dei connazionali. La situazione si è normalizzata intorno alle 14.00. Un comunicato del Movimento Poliziotti, fondato da Maurizio Cudicio, Vice Segretario Nazionale del sindacato di Polizia A.D.P. Autonomi di Polizia, lamenta che «dei sei feriti tra le forze dell’ordine nessuna testata giornalistica nazionale ha fatto risaltare la notizia, evidenziando per l’ennesima volta la disattenzione che questa società ha verso le divise».

Poi aggiunge: «viene il dubbio che davvero questo paese abbia delle anime troppo terzomondiste e troppo poco filo italiane». Interrogato sui disordini degli scorsi giorni, il direttore del Cara Ianni Maccarrone spiega al cronista de «La Sicilia»: «Sappiamo che molti maliani sopportano il disagio di mesi di attesa, ma abbiamo  fatto tutto il possibile per garantirne la dignità, moltiplicando le attività e fatto ogni sforzo per aiutarli nell’inserimento al lavoro e nel territorio. I richiedenti asilo sanno bene che ritardi non dipendono da noi e che le leggi vanno  rispettate. Danneggiare le strutture del Centro e mettere a repentaglio l’incolumità degli altri ospiti, del personale e delle forze dell’ordine non è il “grazie” che ci aspettavamo per il lavoro svolto». E Paolo Ragusa, presidente del Consorzio Sol. Calatino Caltagirone, che gestisce varie attività all’interno del Cara, rincara la dose: «Il Cara è organizzato in modo da poter ospitare e rispondere alle esigenze degli immigrati presenti, senza che ciò pregiudichi il funzionamento delle strutture e tutto quanto occorre per la convivenza civile». Tutto chiaro dunque. Immigrati ingrati. Noi li trattiamo coi guanti gialli e loro rispondono picche. La stampa in colpevole silenzio. Il caso è chiuso. Ma la Sicilia è la terra di Pirandello, dove le verità più adamantine sfumano nella nebbia del dubbio e del vago, non appena ti avvicini per scrutarle meglio. Così è se vi pare. Ma forse c’è un’altra verità.  Occorre intanto dire che il Centro di Accoglienza di Mineo non è una casa di cristallo. Alla stampa, accusata di disattenzione, non è in effetti stato concesso l’accesso alla struttura durante i disordini. Ragioni di sicurezza. Ma anche nei momenti di tranquillità, la struttura è chiusa ai mezzi di informazione e alle associazioni di volontariato. E dunque ciò che si sa viene da indiscrezioni più sussurrate che dette. Se interroghi i migranti leggi nei loro occhi la diffidenza e la paura. Segnale che qualcosa non va. Mons. Peri, vescovo di Caltagirone, che più volte è intervenuto sulla questione Cara, a proposito degli ultimi episodi, parla di “disagio” che attraversa queste esperienze: «Questi episodi sottolineano evidentemente che qualcosa non va. Mi auguro che quest’ultimo episodio possa essere una spinta maggiore a vedere e a trovare una soluzione». C’è anche un duro comunicato del Siap, il sindacato di Polizia che accusa senza mezzi termini: «Il Cara di Mineo è un paese senza regole». E dalle associazioni antirazziste si leva un’“altra” verità. Ma prima cerchiamo di capire cosa è il Cara.

cara mineoCARA O NON CARA, QUESTO È IL PROBLEMA – In primo luogo non vanno le sue dimensioni. Il Cara di Mineo è il più grande d’Europa. Al di là, dunque, del pur lodevole impegno dei singoli, tende a produrre strutturalmente dinamiche distorte e a perpetuare piuttosto la logica della segregazione e del ghetto che quella dell’accoglienza e dell’integrazione.  Inoltre la presenza di oltre 50 etnie diverse, spesso divise da storiche rivalità,  non può non avere negative influenze sulle relazioni interne al centro. La prima cosa che si scopre è che il Cara di Mineo non è un Cara, ma si è di fatto trasformato in qualcos’altro. C.A.R.A. è acronimo per Centro di Accoglienza per richiedenti Asilo. Leggiamo nel sito del Ministero dell’Interno la definizione: «Cara: (DPR 303/2004 – D.Lgs. 28/1/2008 n°25). Sono strutture nelle quali viene inviato e ospitato per un periodo variabile di 20 o 35 giorni lo straniero richiedente asilo privo di documenti di riconoscimento o che si è sottratto al controllo di frontiera, per consentire l’identificazione o la definizione della procedura di riconoscimento dello status di rifugiato». Ora, o al Ministero dell’Interno sono dei buontemponi che hanno voglia di scherzare  o sono degli inguaribili sognatori. Oppure il Cara di Mineo (e non solo quello) è fuori legge. Perché i tempi di attesa sono di un anno o anche 18 mesi. Di fatto, i ritardi nella formalizzazione della richiesta di asilo, hanno fatto sì che si trattassero i richiedenti asilo come se fossero comuni immigrati irregolari, segregandoli in luoghi che sono stati sottratti a qualsiasi controllo giurisdizionale. Inoltre, in assenza dei provvedimenti amministrativi, sono mancati anche provvedimenti da impugnare davanti all’autorità giudiziaria e per mesi la vita dei potenziali richiedenti asilo è stata confinata nel limbo della sospensione del diritto. Tant’è che la Commissione per i diritti umani del Consiglio d’Europa ha espresso una severa censura nei confronti dell’Italia perché è stata inadempiente rispetto agli obblighi di garantire standard minimi di accoglienza ai richiedenti asilo ed ai rifugiati. Anche il Segretario Generale  Provinciale del Siap di Catania, Tommaso Vendemmia ammette che il Cara di Mineo, che avrebbe dovuto accogliere gli immigrati al solo scopo di istruire le pratiche per la richiesta di asilo politico,  è «di fatto, è un vero centro di accoglienza degli immigrati che approdano nelle nostre coste. Il Cara, infatti, è passato da 1000 ospiti a 3000 in poco tempo». Senza che ci sia stato un potenziamento degli effettivi all’Ufficio Immigrazione della Questura di Catania. A Mineo, secondo il Siap, «vi sono oltre 8000 fascicoli, esistono oltre 4000 pratiche da trattare», a ognuna delle quali è legato il destino di una persona. «Dall’esito di queste attività – spiega Vendemmia-  dipendono le proteste degli stranieri ospiti che spesso sfociano in veri tumulti. Ciò mentre le pratiche  devono essere gestite da quattro agenti».

cara mineo10CARO CARA, QUANTO CI COSTI – Il Cara di Mineo è stato inaugurato il 18 marzo 2011, nell’ambito dello “stato di emergenza sul territorio nazionale” dichiarato dall’allora governo Berlusconi in risposta alle migrazioni verso l’Europa dai paesi del Nord Africa in rivolta e dalla guerra in Libia. Si fece la scelta di concentrare in questa struttura migliaia di persone in attesa della decisione della commissione territoriale o del giudice del ricorso contro il diniego, presso il tribunale di Catania, piuttosto che praticare un’accoglienza diffusa in tutte le regioni italiane. Creando una pericolosa “bomba umanitaria”. Il “Villaggio della Solidarietà’” di Mineo venne ospitato nelle 403 villette del residence “Villaggio degli aranci” dismesso nel 2011 dai militari statunitensi allo scadere del contratto con la Pizzarotti Parma, proprietaria della struttura. Il residence diventò il “Villaggio della Solidarietà”, non in virtù di un contratto d`affitto ma di un decreto di requisizione (esattamente il n. 16455 del 2 marzo 2011). Antonio Mazzeo, in un suo Report sul Cara postato sul suo blog il 5 marzo 2012, ha calcolato quanto costa il Cara. Solo per l’affitto sei milioni di euro all’anno, intascati dalla Pizzarotti. Ci sono poi da aggiungere i soldi – e sono tanti – per la gestione diretta del Cara: nutrizione, vestizione e scansione dei tempi vuoti degli ospiti-semidetenuti. La struttura è affidata al Consorzio siciliano di cooperative sociali Sisifo (LegaCoop), capofila di un raggruppamento composto da Sol.Calatino Caltagirone (aderente al Consorzio Sol.Co. Catania, rete di imprese sociali siciliane operante a Mineo dal 28 dicembre 2009), la coop-azienda di ristorazione Cascina di Roma, la Senis Hospes  e la Domus Caritatis. Mazzeo stimava che nel 2012 avrebbero preso «29,56 euro al giorno più Iva per ogni richiedente asilo per dieci mesi (sino ad oggi erano 24,69 euro), oltre a 30.450 euro “per oneri di sicurezza”. Con il Cara a pieno regime, duemila ospiti, fatturerebbero complessivamente 17.736.000 euro più Iva e oneri di security. Con i mille e seicento di oggi, un po’ più di 14 milioni di euro». Questo a marzo del 2012. Oggi si parla di quasi tremila ospiti. A questo vanno aggiunte le spese per la manutenzione generale del residence (acqua, luce, etc.), le trasferte delle Commissioni territoriali e gli stipendi di quanti, militari e civili, a vario titolo operano nel Centro. Di questo fiume di soldi non gode, invece, il comune di Mineo, che ha perso le entrate dell’ICI che questa struttura pagava prima della sua utilizzazione come centro di Accoglienza per Richiedenti Asilo. Tant’è che il sindaco di Mineo Giuseppe Castania, su mandato unanime del Consiglio comunale, in una lettera inviata al Ministro Maroni il 14 marzo 2011 si diceva  contrario al metodo utilizzato dal Governo nella scelta del progetto di trasformazione del “Residence degli Aranci” di Mineo in “Villaggio della Solidarietà”,  lamentando il fatto che «se è vero che il Residence degli aranci è stato requisito per pubblica utilità, sempre il comune di Mineo perderà circa 140 mila euro l’anno di ICI (alla faccia delle ricadute economiche positive!)». L’associazione Astra di Caltagirone, associazione volontari per la protezione civile, ha inviato il 15 giugno scorso una lettera aperta ai ministri Cecile Kyenge e Angelino Alfano, in cui si criticano le scelte del Governo e lo si invita ad una politica sull’immigrazione più efficace ed anche più economica. La lettera era stata già inoltrata l’8 dicembre del 2012 al Ministro Cancellieri, senza avere avuto risposta alcuna. Astra fa un po’ di calcoli: «Si prenda il costo annuale di affitto del Villaggio degli aranci, si aggiunga quello di gestione e il costo per mantenere tutte le Forze dell’Ordine che, a diverso titolo, sono presenti per il Cara. Si tolga un 10% di risparmio (ma anche più). Si divida il 90% di questo costo per progetti SPRAR da mettere a bando. Si ottiene così, matematicamente: una vera accoglienza per gli ospiti; un mantenimento o addirittura un aumento di possibilità di lavoro per gli operatori sociali; l’ inserimento nei territori, con vera possibilità di successo, dei richiedenti asilo; un risparmio per la nazione; la soluzione, una volta per tutte, dell’“emergenza” che emergenza non è». Si potrebbero in tal modo, secondo Astra, realizzare 90 progetti SPRAR (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) solo nella Sicilia orientale, progetti di dimensioni medio-piccole più a misura d’uomo, meno faraonici e costosi. «Perché tralasciare una cosa che funziona e rifugiarsi in soluzioni emergenziali che durano così tanto nel tempo?», si chiede l’associazione calatina. L’impressione è che invece gli interessi politico-economici prevalgano sulla solidarietà.

L’appartenenza politica delle ditte che hanno in gestione il Centro menenino ècara castiglione trasversale: Sisifo è vicino al Pd siciliano; Sol.Calatino è in area Pdl. Fino al dicembre 2012 il soggetto attuatore del Centro d’accoglienza di Mineo era il presidente della Provincia di Catania l’on. Giuseppe Castiglione, uomo di spicco del Popolo della Libertà siciliano. Successivamente, in vista della cessazione dell’emergenza Nord Africa, si è costituito un  consorzio tra i Comuni del calatino, denominato “Calatino Terra di Accoglienza” che si dovrebbe occupare della gestione ordinaria del Cara. Per la prima fase transitoria alla presidenza del Consorzio è stato confermato l’on. Castiglione, alla luce della sua pregressa esperienza nella gestione straordinaria del centro di accoglienza. Il Cara è stato anche il convitato di pietra durante le recenti elezioni comunali a Mineo. A fianco del neo eletto sindaco  Anna Aloisi, candidata da una lista civica sponsorizzata dal Pdl, sono scesi in campo non solo i luogotenenti siciliani del Pdl, ma anche Paolo Ragusa, presidente di Sol.Calatino.

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