Pubblicato il 14/01/2014
INCHIESTA

DOSSIER – Caltagirone: quale accoglienza? – 1 parte




DOSSIER – CALTAGIRONE: QUALE ACCOGLIENZA? – 1 PARTE – Siamo stati minacciati di querela. Per un articolo in cui abbiamo fatto la cronaca di una protesta di migranti a Caltagirone, che il 7 gennaio hanno bloccato la via Vittorio Emanuele, importante arteria del centro storico. Proteste del genere sono assai rare a Caltagirone, che pure vanta da anni diverse esperienze di accoglienza di migranti. In precedenza, dobbiamo risalire al 28 febbraio 2013, quando ci fu la protesta, relativa ai documenti e al bonus dei 500 euro, dei richiedenti asilo ospiti alla Casa di Riposo Ipab.  E dunque la notizia c’era. Abbiamo registrato le lamentele degli ospiti della struttura, tra l’altro confermate da altre fonti giornalistiche, e le reazioni della gente. Non è stato possibile avere la versione del centro, perché, come dichiarato a chiare lettere su Fb, l’operatore presente al momento dell’accaduto  «con qualcuno della redazione stessa non vuole avere nulla a che fare».

Ma a qualcuno è apparso che falsificassimo la realtà. Altri ci hanno accusato di avere dato di Caltagirone un’immagine razzista. Le accuse in verità sono assai contraddittorie: chi ci accusa di aver amplificato, chi invece di aver sottaciuto la gravità del problema. Ma tant’è. A chi si preoccupa dell’immagine di Caltagirone, facciamo presente che non ti accorgi di essere razzista fintanto che il problema della convivenza con altre culture, razze e religioni non bussa alla tua porta. E, se sei impreparato, la prima reazione è di incomprensione e rifiuto. Ma proprio per questo occorre essere vigili e attuare un’opera di sensibilizzazione e informazione, per bloccare al suo nascere la mala pianta del pregiudizio, che alligna in ognuno di noi. E, francamente, abbiamo scelto di omettere le espressioni più “colorite” che abbiamo sentito con le nostre orecchie. Certo, leggere sulla rete commenti di chi invita a mettere queste persone, un po’ ingrate, su un aereo per portarle dinanzi al parlamento Europeo, non ci fa stare tranquilli.

rocco sciacca

«Vergognosa ricostruzione» – tuona un commento su Fb in calce all’articolo. «Manderemo il pezzo al nostro legale al fine di verificare se ci sono gli estremi per una querela». Chi dimostra tanta indignazione è Rocco Sciacca, 33 anni, laureato in scienze sociologiche, responsabile dell’Ufficio Sviluppo e del Settore Immigrazione di Sol.Calatino, consorzio che gestisce il Cara di Mineo assieme a Sisifo (LegaCoop), nell’occhio del ciclone in questi giorni per la gestione del Cpsa di Lampedusa, alla coop-azienda di ristorazione Cascina di Roma, vicina a Comunione e Liberazione, alla Senis Hospes e alla Domus Caritatis.

Sciacca è anche coordinatore, sempre per Sol.Calatino, del progetto Iris (interventi di riabilitazione e integrazione socio-economica) e uno dei responsabili dello Sprar (Servizio di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) di Vizzini e Licodia Eubea. Il progetto Iris, biennale, avviato nel mese di settembre 2012, si occupa di interventi di riabilitazione e integrazione socio-economica per 15 rifugiati politici e richiedenti protezione internazionale che appartengono alle categorie considerate “vulnerabili” (disabili fisici e mentali, vittime di tortura e violenza). Il progetto, a cui partecipano anche i comuni di Licodia Eubea e di Vizzini, è stato finanziato con 250mila euro del Fondo europeo per rifugiati e 90mila del consorzio Sol.calatino, capofila del progetto. Ma Sciacca non si occupa solo di imprenditoria sociale. È stato infatti il consigliere comunale più votato a Scordia alle elezioni amministrative del 2008, eletto nella lista del Pd. Successivamente, nel 2011, ha abbandonato il Pd per  transitare nel gruppo misto e il 24 giugno 2013 a capo della lista civica “Alleanza per Scordia” è andato al ballottaggio nelle amministrative, misurandosi con Franco Tambone, sostenuto da Pd e Megafono di Crocetta. Nonostante fosse in vantaggio al primo turno, Sciacca col 36,29 non è riuscito a spuntarla su Tambone che ha ottenuto il 63.71%. Sciacca dunque rappresenta un esempio di quella saldatura tra politica e economia sociale, che è una delle strategie portate avanti dal Consorzio Sol.Calatino. Perché Sciacca abbia deciso di intervenire pesantemente a gamba tesa contro la nostra testata, lasciamo al lettore giudicare.

anna aloisi

Il progetto politico fallito a Scordia, era riuscito, alcuni giorni prima, a Mineo, dove era stata eletta Sindaco alle elezioni comunali del 9 e 10 giugno 2013, Anna Aloisi, candidata da una lista civica nata dal Pdl. A fianco del neo eletto sindaco menenino erano scesi in campo non solo i luogotenenti siciliani del Pdl, ma anche Paolo Ragusa, presidente di Sol.Calatino, che non ha mai fatto mistero delle sue simpatie politiche per la Aloisi, che il Presidente di Sol.Calatino continua a sostenere con cadenza quasi giornaliera nei suoi interventi affidati alla rete e ai media. Le radici politiche di Ragusa sono nel vecchio Pci. A 14 anni, piuttosto che discutere di calcio, ragazze e di moto, come tutti i suoi coetanei, già teneva comizi. Vanta dunque una lunga militanza in campo politico, nel sindacato, nei Grest estivi e nelle attività di animazione del territorio dell’Arci. Forte dell’esperienza maturata in campo politico, Ragusa decide di dedicarsi alle cooperative sociali: dapprima la società cooperativa sociale “Alba” di cui è socio, e quindi, a partire dalla data di costituzione, l’11 febbraio 2003, Sol.co Calatino di cui è nominato presidente. Ma la ricerca costante di una sponda politica gli è rimasta sempre nel sangue, seppur con geometrie variabili, dal Pd, all’Mpa al Pdl. Con l’esplodere nel 2011 dell’emergenza Nord Africa ha l’occasione per il salto di qualità, legando indissolubilmente la sua storia al centro-destra di Giuseppe Castiglione e al Cara di contrada Cucinella. Del suo trascorso nella sinistra, gli è rimasta probabilmente l’idea gramsciana dell’egemonia.  Così viene teorizzato, in una lettera aperta postata nel sito del Consorzio il 7 ottobre scorso, il Ragusa-pensiero:«è urgente strutturare in maniera permanente questa grande rete di accoglienza integrata diffusa sul tutto il Paese, affidandosi al protagonismo degli enti locali e dei soggetti del privato sociale, a cominciare dalla cooperazione sociale».

La discesa in campo di Ragusa non ha mancato e non manca di suscitare aspre polemiche nella città di Capuana. Di “conflitto di interessi” e di “un’amministrazione comunale asservita alle comodità di una entità economica privata” parla in una nota del 10 gennaio Alba Siciliana – unità territoriale di Mineo : «Si è costituito – si legge nella nota – un rapporto privilegiato e esclusivo con chi – già ancora prima delle elezioni e della campagna elettorale – ha costruito la propria succursale d’azienda nella politica di Mineo, con nomi che coincidono da tempo con il libro paga del Consorzio e del Cara. Di conseguenza viene messo sempre in cima alle priorità del governo cittadino, in una corsia preferenziale personalizzata a proprio uso e consumo». Ragusa ha sempre risposto alle accuse ribadendo i vantaggi in termini di occupazione e lavoro portati dal Cara: «Ma quanto sarebbe povera e depressa la nostra città, insieme all’intero Calatino, senza questa grande “fabbrica delle relazioni umane”? Se le oltre 300 persone che oggi vi lavorano dovessero perdere la loro occupazione, potranno rivolgersi agli estremisti di destra e di sinistra o ai nuovi “masanielli” di piazza?». Così in un post del 10 novembre 2013.

Ph. Giusi Scollo

LA PROTESTA DEL 7 GENNAIO – Ma veniamo ai fatti di Caltagirone. Nella struttura di via Vittorio Emanuele  operano, secondo quanto si viene a sapere da Fb, in un intervento molto critico nei nostri confronti, 5 dipendenti: un mediatore culturale plurilaureato, due operatori socio-assistenziali (OSA) entrambi plurilaureati, e 3 operatori di stanza. A quanto pare la struttura dovrebbe essere un’estensione dello Sprar di Vizzini gestito da Sol.Calatino. Il 17 Settembre il Ministero dell’Interno ha ampliato notevolmente i posti Sprar, che nel triennio 2014 – 2016 sono passati da 3 mila a 16 mila. Il 12 dicembre 2013, inoltre, nel corso del Tavolo nazionale di coordinamento, si è deciso di reperire ulteriori strutture di accoglienza in modo da portare la disponibilità di posti a oltre 21 mila. Nelle more dell’approvazione della graduatoria per l’attivazione dei nuovi posti Sprar, molti di essi sono già operativi per effetto della estensione dei progetti territoriali in corso di esecuzione.

Nella nota si riconosce che vi sono problemi sanitari: «Una delle cose di cui si lamentano in maggior misura sono dei gonfiori alle mani ed ai piedi, alcuni anche al viso». Soffrono insomma di geloni. E «per ignoranza – si legge – chiedono ora gli antiinfiammatori ora le tachipirine convinti che quelle medicine possano aiutarli, medicine che non possono essere date se non a seguito di opportuna prescrizione medica». I geloni sono delle infiammazioni cutanee, anche molto dolorose, che colpiscono le estremità del nostro corpo, in particolare mani e piedi. I fattori, che maggiormente influiscono sulla loro formazione, sono il freddo e una cattiva circolazione. In commercio esistono molti prodotti per la loro cura. Per i geloni non sono in effetti efficaci gli anti-infiammatori detti FANS, (farmaci anti-infiammatori non steroidei, il più comune: l’aspirina), o la tachipirina. A livello farmacologico meglio optare per una crema a base di cortisone, alternandola nel caso di infezione, ad una a base di antibiotici. Ma non ci risulta che per i FANS o la tachipirina serva la prescrizione medica. Sono disponibili anche nelle parafarmacie.

Ph. Giusi Scollo

Tuttavia, se una persona è soggetta a queste infiammazioni, piuttosto che la cura, è molto più efficace la prevenzione. La prima forma di prevenzione è coprirsi molto bene durante i mesi più freddi e avere un abbigliamento adeguato. Cioè, guanti di lana per proteggere le dita, cappellino e sciarpa per le orecchie, ma soprattutto calze e scarpe con un buon rivestimento interno per proteggersi dal freddo. Le dita dei piedi sono le parti più colpite e difficili da curare, meglio preferire il cotone e la lana ai tessuti sintetici e poco traspiranti.

Ora, secondo quanto dichiarato dalla struttura, «tutti gli ospiti sono stati vestiti di tutto punto con tute Givova, jeans, scarpe invernali e scarpe da ginnastica che usano quando vanno a giocare a calcio». E tuttavia, si aggiunge, «sono soliti rovistare nell’immondizia per cercare qualcosa, che comunque se portata in struttura viene lavata e disinfettata». Magari qualche capo di vestiario più pesante potrebbe servire più efficacemente a prevenire i geloni.

Ricordiamo, inoltre, che, a livello nazionale, l’assistenza sanitaria agli stranieri (comprese le vaccinazioni obbligatorie) è garantita ai sensi degli artt. 34 e 35 del D.Lgs n. 286/1998.

Quanto al cibo «mangiano e bevono a sazietà, certo cucina europea, con alcune prescrizioni sui tempi di cottura e sui condimenti». Forse, di tanto in tanto, una cucina non europea, ascoltando anche i loro suggerimenti, avrebbe più il sapore dell’integrazione, come prevede una recente circolare del Ministero dell’Interno dell’8  gennaio scorso in cui si prescrive per i centri Sprar un vitto «rispettoso dei principi e abitudini alimentari» dei migranti.  

Un’accoglienza, dunque, a cinque stelle, pur con qualche criticità. Dati che non mettiamo in discussione. Il punto è che la percezione che hanno gli ospiti è ben diversa, se sono arrivati  a protestare platealmente. Questo è il fatto che ci siamo limitati a registrare. E su cui invitiamo i responsabili della struttura a riflettere seriamente. Magari è un problema di comunicazione. O forse sono solo degli ingrati. Ma sarebbe meglio una verifica.

[Continua]

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