Pubblicato il 22/04/2014
INCHIESTA

Cara Mineo double face – Il coordinamento consiglieri comunali del Calatino: “Non è a misura umana” – 1 parte [VIDEO]



 di Giusi Scollo - Giacomo Belvedere - Giuliana Buzzone


CARA MINEO DOUBLE FACE – IL COORDINAMENTO CONSIGLIERI COMUNALI DEL CALATINO: “NON È A MISURA UMANA” – 1 PARTE [VIDEO] (Qui la seconda parte) Giovedì 17 aprile il Coordinamento dei Consiglieri comunali del Calatino ha tenuto una conferenza stampa presso il Villino Milazzo di Caltagirone per relazionare sulla situazione del Cara di Mineo, dopo la visita ispettiva effettuata domenica 13 aprile 2014 al seguito del deputato nazionale di Sel Erasmo Palazzotto. Il Coordinamento si è costituito recentemente come “Osservatorio permanente” sul centro di accoglienza di Mineo. Durante la visita i consiglieri hanno potuto osservare la struttura, parlare con i migranti e con alcuni operatori. Presenti i consiglieri comunali del calatino Gemma Marino di Caltagirone, Mario Noto e Nella RIsuscitazione di Mineo, Giuseppe Larocca di Grammichele. Del Coordinamento fanno parte anche i consiglieri Giuseppe Coniglione di Vizzini e Mario Scarlata di  San Michele di Ganzaria.

CONDIZIONI DI VITA INACCETTABILI – Nel corso della conferenza stampa sono state mostrate alcune immagini del campo. Sovraffollamento, precarie condizioni igienico-sanitarie, mensa inadeguata per numeri così grandi, tempi lunghissimi per avere i documenti: più che come un centro di accoglienza il Cara di Mineo appare come un campo profughi dove le condizioni di vivibilità sono inaccettabili. «Ci stiamo facendo tante domande – spiega Giuseppe Laroccanon abbiamo certezze. Le certezze sono che è impossibile gestire un centro che abbia 4.000 migranti all’interno. I problemi organizzativi sono tali e tanti che non è possibile senza che questo crei, come accade, delle precarie condizioni igieniche, delle grosse difficoltà nella distribuzione e nella fruizione del cibo, dei problemi di sovraffollamento all’interno delle abitazioni, l’impossibilità per queste persone – che rimangono tutte indistintamente non meno di un anno – di poter imparare la nostra lingua, di mettere da parte una piccola somma che gli possa servire una volta che gli venga riconosciuto il diritto d’asilo».

Ph. Giusi Scollo

Ph. Giusi Scollo

LE VANE PROMESSE – Nonostante le ripetute promesse, la situazione è esattamente quella registrata a gennaio quando, nel corso di un incontro del Prefetto di Catania Maria Guia Federico avvenuto nel centro menenino il 13 del mese con i rappresentanti delle varie etnie e nazionalità, si erano date rassicurazioni che si stava provvedendo a ovviare alle croniche lamentele dei migranti, soprattutto riguardo alle Commissioni territoriali e alle lungaggini burocratiche per il rilascio dei documenti. Ma le Commissioni che avrebbero dovuto occuparsi esclusivamente del Cara non sono infatti ancora partite. Delle quattro annunciate a gennaio, ce ne sono solo due, che trattano tutti i casi e non solo quelli del Cara di Mineo con ritmi lentissimi. E sembra che la promessa di allocare le due commissioni dedicate al centro menenino nella stessa struttura di contrada Cucinella, come avvenne all’inizio dell’emergenza Nord Africa, sia un sogno da restare nel cassetto delle pie intenzioni. «Stiamo parlando  di aria fritta», è il commento lapidario di Mario Noto. Che incalza: «Non riesco a capire dove vogliano mettere i nuovi arrivi; non riesco a capire il loro sistema di accoglienza; non riesco a capire quale sia il loro gestire il Patto della Sicurezza, che dovrebbe garantire sia la sicurezza per residenti di Mineo, sia la sicurezza per i residenti al Cara; non riesco a capire il fatto che da dicembre si parla più volte dell’istituzione di queste benedette Commissioni, ma queste Commissioni non sono mai partite».

Rispetto alla protesta del 19 e 20 dicembre scorso, la situazione si è ulteriormente aggravata per l’accrescersi del numero degli sbarchi. In Sicilia in 24 ore sono stati 1.219 gli immigrati tratti in salvo. Tutte le richieste dei migranti, formulate in una piattaforma unitaria di tutte le nazionalità durante i giornbi della protesta e presentate al Prefetto di Catania, sono state ignorate. L’unica risposta – ma non era stato chiesto dai migranti –  è stata il rafforzamento del presidio militare, con l’intervento di cinquanta nuove unità dell’esercito. Una risposta di tipo militare e repressivo che non risolve nessuno dei problemi del centro.

Il Prefetto Ct Maria Guia Federico

Il Prefetto Ct Maria Guia Federico

Fanno un certo effetto, a distanza di tre mesi, le dichiarazioni del Prefetto di Catania, Maria Guia Federico, che il 13 gennaio scorso garantiva che a breve, entro la fine del mese, sarebbero state operative le due Commissioni dedicate esclusivamente al Cara. E appare ancor più irreale e straniante, davvero stridente, alla luce di quanto riscontrato dai consiglieri durante l’ispezione, l’immagine di un Cara ambiente protetto e confortevole:  «Voi qui vivete – disse il Prefetto ai rappresentanti delle comunità – in un ambiente, se vogliamo, protetto, confortevole, perché fuori c’è una disperazione incredibile che probabilmente da qua dentro non si avverte». «Ma – aggiunse – vi posso garantire che non pochi italiani prenderebbero il vostro posto e starebbero volentieri qui dentro, viste le difficoltà che affrontano tutti i giorni».

LA MENSA INADEGUATA – Le foto scattate durante l’ispezione confermano quanto già documentato dalla nostra testata: gli ambienti interni sono pressoché senza mobilio, con i migranti costretti a mangiare per terra e ad arrangiarsi alla buona. Impressionanti le file chilometriche alla mensa.

Interno abitazione - Ph. Il Sette e Mezzo

Interno abitazione – Ph. Il Sette e Mezzo

Secondo quanto appurato dai consiglieri, la mensa può produrre mille pasti all’ora. Basta fare un po’ di semplici calcoli, spiegano i consiglieri del Coordinamento, per capire che c’è qualcuno che non riesce neppure a mangiare. Perché i conti non tornano. I richiedenti asilo ospiti hanno raggiunto infatti la cifra ufficiale di 3895 unità. Ma da fonti interne la cifra reale sembra essere arrivata già 4.500, forse anche a 5.000. Inoltre la sala della mensa è insufficiente a contenere tutti. E molti sono costretti a portarsi il cibo in buste di plastica per consumarlo fuori o negli alloggi. Dopo un’attesa così snervante, il cibo – in prevalenza riso – si presenta, come testimoniatoci più volte dagli stessi migranti, con un aspetto assai poco invitante: un ammasso colloso. Che qualcuno cerca di rendere più commestibile negli alloggi, aggiungendovi condimenti e salsine per migliorare il sapore.

«Forse a stabilire la verità ci vorrebbero i NAS, senza preavviso, se qualcuno li mandasse – è il commento sul suo blog “Diritti e Frontiere” del  prof. Fulvio Vassallo Paleologo, dell’Università di Palermo, che del problema e dei suoi risvolti giuridici si è più volte occupato. Vassallo Paleologo è avvocato, docente di Diritto di asilo e statuto costituzionale dello straniero, componente del Collegio del Dottorato in “Diritti umani: evoluzione, tutela, limiti”, presso il Dipartimento di Scienze giuridiche dell’Università di Palermo, e Direttore dell’Associazione “L’Altro diritto-Sicilia”. «I problemi di Mineo – sostiene il professore –  non derivano dal singolo, ma da chi ha permesso, e continua  a permettere, che in quel luogo fossero alloggiate oltre 4000 persone, oltre al alcuni che non sono neppure registrati. Ci sono poi quelli che si stanno arricchendo, ma per questo basta leggere i capitolati di appalto. Per chi può».

La fila alla mensa. Ph.Coordinamento Consiglieri del calatino

La fila alla mensa. Ph.Coordinamento Consiglieri del calatino

LA STABILIZZAZIONE DELLA PRECARIETÀ – I consiglieri segnalano anche la presenza di alcuni abusivi. Sono migranti, che pur avendo avuto i documenti non sanno dove andare. Non gli viene più assegnato, come prima, il bonus di 500 euro, che consentiva ai migranti in uscita di pagarsi il biglietto per potersi spostare altrove. La stragrande maggioranza infatti sogna di potersi ricongiungere ai propri parenti in Nord Italia o in Europa. Nel sistema Cara, reso ingovernabile, al di là delle buon intenzioni dei singoli operatori, dai numeri spropositati, si assiste al proliferare dell’arte di arrangiarsi, tollerata dagli stessi responsabili della struttura. Se devo restare al Cara il tempo utile per le pratiche di rilascio documenti (per legge non oltre i 35giorni!) può andarmi bene la precarietà. Ma se, come avviene di fatto, la mia permanenza si prolunga oltremodo, ecco che la precarietà viene stabilizzata e devo fare di necessità virtù.

Giova forse rinfrescare la memoria, e riprendere la definizione che del Cara dà la legge che li istituisce, il DPR 303/2004 – D.Lgs. 28/1/2008 n°25: «Sono strutture nelle quali viene inviato e ospitato per un periodo variabile di 20 o 35 giorni lo straniero richiedente asilo privo di documenti di riconoscimento o che si è sottratto al controllo di frontiera, per consentire l’identificazione o la definizione della procedura di riconoscimento dello status di rifugiato». Come scrivevamo nel Dossier pubblicato il 20 giugno 2013: «Ora, o al Ministero dell’Interno sono dei buontemponi che hanno voglia di scherzare  o sono degli inguaribili sognatori. Oppure il Cara di Mineo (e non solo quello) è fuori legge. Perché i tempi di attesa sono di un anno o anche 18 mesi. Di fatto, i ritardi nella formalizzazione della richiesta di asilo, hanno fatto sì che si trattassero i richiedenti asilo come se fossero comuni immigrati irregolari, segregandoli in luoghi che sono stati sottratti a qualsiasi controllo giurisdizionale. Inoltre, in assenza dei provvedimenti amministrativi, sono mancati anche provvedimenti da impugnare davanti all’autorità giudiziaria e per mesi la vita dei potenziali richiedenti asilo è stata confinata nel limbo della sospensione del diritto. Tant’è che la Commissione per i diritti umani del Consiglio d’Europa ha espresso una severa censura nei confronti dell’Italia perché è stata inadempiente rispetto agli obblighi di garantire standard minimi di accoglienza ai richiedenti asilo ed ai rifugiati».

Esterno casa - Ph. Coordinamento Consiglieri Calatino

Esterno casa – Ph. Coordinamento Consiglieri Calatino

Secondo quanto testimoniato dai consiglieri, al Cara è attivo e ben avviato un mercato nero, tollerato dai responsabili della struttura, dove si può comprare di tutto. E dove vigono regole non scritte. Ma in questa terra di nessuno è facile perdere il controllo della situazione. «Alcune etnie detengono il monopolio del commercio clandestino di qualsiasi cosa – ha denunciato Giuseppe Coniglione, consigliere comunale di Vizzini, presente all’ispezione – con il consenso della direzione, perché così in qualche modo “si arrangiano”, a detta del direttore».  

Inoltre, il sistema di schedare i migranti con un badge personale, oltre che rendere impersonale e anonimo il rapporto, si rivela anche deficitario sul piano della sicurezza. Chi garantisce che dietro il badge per l’identificazione, l’accesso alla mensa e alle  aree dedicate, ci sia il legittimo proprietario? Con numeri così grandi, parlare di controllo appare assai risibile o per lo meno aleatorio.  

Attesa all'ingresso - Ph. Coordinamento Consiglieri Calatino

Attesa all’ingresso – Ph. Coordinamento Consiglieri Calatino

«VIGILEREMO SUL CONSORZIO DEL COMUNI» – Il coordinamento dei consiglieri ha annunciato che attuerà un’azione di vigilanza sull’operato del Consorzio dei comuni “Calatino Terra d’accoglienza”, ente Gestore del Cara.  «Il consorzio dei comuni del Calatino deve assumersi le sue responsabilità» – hanno dichiarato i consiglieri. «Non può essere solo un organo che firma carte». Desta preoccupazione soprattutto la situazione delle donne sole e dei minori, le fasce più esposte a violenze o  soprusi. Da tempo, dalla prima inchiesta di «Avvenire» nell’aprile del 2011, che rivelò che alcuni casi di aborto sospetti verificatisi nella struttura avrebbero potuto «svelare, come sostenuto da fonti sanitarie e da operatori del volontariato, un collegamento proprio tra prostituzione e interruzioni di gravidanza», si lancia l’allarme sulla situazione delle donne al Cara. La procura di Caltagirone ha aperto un fascicolo per l’ipotesi di sfruttamento della prostituzione all’interno del centro per richiedenti asilo.

Notizie da verificare, certo, ma che non si possono rimuovere facilmente, bollandole come fantasie infondate. «Se ne parla, come voce di corridoio» – è la denuncia di Nella Risuscitazione. Le donne attualmente residenti al Cara sono, secondo i dati ufficiali, 346, la maggior parte senza marito, compagno o familiare. Risuscitazione aggiunge: «Sarà opportuno chiedere che il Consorzio non faccia finta di nulla tutte le volte che sui parla di prostituzione». Quindi la richiesta precisa al Consorzio dei comuni: «Istituite una commissione di controllo per verificare se questo avviene. È nei vostri poteri, è nel vostro essere Consorzio l’assumersi le responsabilità dell’essere Consorzio. Perché non mi basta essere Consorzio per una divisione di utili o per fare bandi, ma successivamente per un vero controllo di quello che è il territorio».

Ph. Andrea Annaloro

Ph. Andrea Annaloro

UN MODELLO ALTERNATIVO AL CARA – Dopo la visita al Cara di Mineo, il Coordinamento – annuncia Gemma Marino – chiederà un incontro, per confrontarsi con gli enti responsabili della struttura, in primis la Prefettura e il Consorzio dei Comuni “Calatino Terra di Accoglienza”, per evidenziare le varie criticità emerse  dalla visita e proporre soluzioni realizzabili. Un’interlocuzione ci sarà anche con il vescovo di Caltagirone Mons. Calogero Peri e le realtà ecclesiali diocesane, da sempre sensibili al problema legato alla realizzazione di una giusta politica dell’accoglienza e con l’Anci, per monitorare la problematica dei minori non accompagnati. Su questo delicatissimo problema, Marino segnala molta approssimazione: ci si presenta alle Prefetture chiedendo: “Io ho una struttura, avete dei minori stranieri, che me li porto?”. «Questa ci sembra una cosa aberrante», commenta seccamente. E quindi lancia una proposta alternativa al modello “Cara”, anche per rispondere alle accuse di voler mettere a repentaglio i posti di chi al Cara lavora: «Con i dati del bilancio del Cara e dei costi, vorremmo presentare delle proposte diverse, perché siamo sicuri che con l’enorme spesa sostenuta per mantenere il Cara, per non fare l’accoglienza, per non fare integrazione, possiamo raddoppiare, se non triplicare i posti di lavoro e fare un’accoglienza e un’integrazione che non sia così traumatica, né per gli ospiti che arrivano nel nostro territorio, né per i nostri cittadini».

Durante la conferenza stampa, è stato anche assicurato, che l’on. Palazzotto porterà un dossier sul Cara di Mineo in Commissione Immigrazione alla Camera. Un atto dovuto, che si aggiunge al lavoro del Coordinamento dei consiglieri del calatino.

Giusi Scollo – Giacomo Belvedere – Giuliana Buzzone

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IL VIDEO


LA FOTOGALLERY (Reportage Coordinamento Consiglieri del Calatino)


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© RIPRODUZIONE RISERVATA

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