Pubblicato il 14/05/2013
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Perché il Sette e Mezzo?



PERCHÉ “IL SETTE E MEZZO”? – Molti si saranno chiesti il significato del nome che abbiamo scelto per la nostra testata, che avrà suscitati curiosità e interesse. La maggior parte avrà pensato al noto gioco delle carte siciliane. C’è del vero in questo, anche se non è questa la principale motivazione che sta dietro la scelta di chiamare il giornale «Il Sette e Mezzo». Ci piacerebbe però poter essere la “matta”, la carta fuori dalle regole che spariglia la partita quando i giochi sono fatti e si sa ormai chi è il vincitore. La “matta” è quella dose di sana follia che ti consente di vincere col massimo punteggio proprio quando in mano non hai nulla, solo mezzo punto. Che manda a casa chi pensa di vincere facile. Scartata la spiegazione pià facile e immediata, occorre risalire all’anno 1866 per ritrovare le ragioni della scelta del nome. No, non vantiamo un così antico lignaggio. Siamo una testata neonata. Ma vorremmo riallacciare i fili di una storia interrotta tanti anni fa. Nel 1866, appunto.


LA NOSTRA STORIA CHE NON CONOSCIAMO – In quell’anno, per sette giorni e mezzo, dal 16 al 22 settembre, tutto il popolo di Palermo insorse contro uno Stato unitario che aveva promesso la libertà ma aveva rivelato il suo volto vessatorio e poliziesco. Tra i ribelli, ex garibaldini delusi e partigiani borbonici, reduci dell’esercito meridionale e repubblicani, i nemici di una volta, si ritrovarono insieme oltre gli steccati ideologici, in nome della comune civiltà. Il governo italiano decise di mostrare i muscoli: proclamò lo stato d’assedio e fece intervenire l’esercito, mentre le navi della Regia Marina e quelle inglesi bombardarono per 4 giorni la città. Palermo fu messa a ferro e fuoco da 40.000 soldati. Molti dei rivoltosi furono arsi vivi e oltre mille civili passati per le armi. Al comando della spedizione era il generale Raffaele Cadorna, segnalatosi poi in altre lodevoli e gloriose imprese contro i contadini in rivolta per l’odiosa tassa sul macinato e alla Breccia di Porta Pia, dove sbaragliò le poche truppe pontificie, che avevano l’ordine di limitarsi ad un puro atto di resistenza simbolico. Per i suoi altissimi meriti il generale fu nominato deputato e senatore. Il figlio, Luigi, è rimasto negli annali di storia patria. Capo di Stato maggiore del Regio Esercito nel corso della prima guerra mondiale, si segnalò per l’alterigia sprezzante con cui trattava i suoi uomini, considerati carne da macello, e per l’ignominiosa disfatta di Caporetto. Una famiglia benemerita.


NOI NON STIAMO CON CADORNA – Noi del giornale «Il Sette e Mezzo» non stiamo con i Cadorna, dovunque siano e sotto qualunque spoglia si celino. Siamo contro questa razza di miles gloriosus che unisce la supponenza e arroganza alla totale incapacità e incompetenza; che ha compiti di governo non per i suoi meriti ma per appartenenza di famiglia, di partito, di casta; che si fa forte con i deboli e debole con i forti; che vince a Palermo contro la folla inerme ma fugge vergognosamente a Caporetto contro un esercito ben armato e addestrato. È questa nefasta specie umana la mala pianta che ammorba il nostro paese. Per queste ragioni stiamo e staremo sempre con gli uomini e non con i caporali, come li definiva Totò. Un’ultima annotazione. L’insurrezione finì nel sangue all’inizio dell’ottavo giorno. Nel simbolismo cristiano, l’ottavo giorno è quello della Resurrezione, della vittoria della Vita dopo la catastrofe del Venerdì Santo. Sogniamo per la nostra amata Sicilia quella resurrezione che le è stata negata nel 1866. Vorremmo che le fosse restituito intero quell’ottavo giorno che allora fu troncato a metà.


Il Sette e Mezzo


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