Pubblicato il 17/08/2020
POLITICA

“Questa tendopoli non s’ha da fare”: i Sindaci del Calatino scrivono al Prefetto



I sindaci di Vizzini, Grammichele, Licodia Eubea, Militello V.C., Mineo, Palagonia e Scordia, in seguito dell'incontro interlocutorio che si è svolto oggi a Palazzo dei Minoriti, concordano sulle criticità rilevate dall’ASP ed evidenziano molteplici criticità ostative all’utilizzo dell’ex Deposito militare di Vizzini Scalo per l’accoglienza dei migranti in periodo di pandemia.


“Questa tendopoli non s’ha da fare”. È questo in sintesi il succo dell’appello che i Sindaci di 7 Comuni del Calatino hanno rivolto al Prefetto di Catania, in seguito dell'incontro interlocutorio che si è svolto oggi a Palazzo dei Minoriti. I Sindaci di Vizzini, Vito Saverio Cortese, di Grammichele, Giuseppe Purpora; di Licodia Eubea, Giovanni Verga; di Militello in Val di Catania, Giovanni Burtone; di Mineo, Giuseppe Mistretta, di Palagonia, Salvatore Astuti, di Scordia, Francesco Barchitta hanno messo nero su bianco “le molteplici perplessità che pesano sul progetto della cosiddetta tendopoli di Vizzini Scalo”.


“Come richiesto nell’incontro avvenuto in data odierna – scrivono -, i sindaci di Vizzini, Grammichele, Licodia Eubea, Militello V.C., Mineo, Palagonia e Scordia concordano sulle criticità rilevate dall’ASP, nell’incontro in Prefettura tenutosi ieri 13 agosto – tensostrutture troppo piccole rispetto al numero degli ospiti, assenza di autorizzazioni per l’utilizzo di acqua potabile e fossa IMHOFF, nonché del piano relativo allo smaltimento dei liquami biologici, carenza di mensa idonea e di dispensa, personale sanitario numericamente inadeguato, ecc… - e sul diniego espresso dalla stessa all’utilizzo “dell’area attrezzata presso il sito dell’ex base militare 112° Deposito dell’Aeronautica Militare in località Vizzini per l’isolamento fiduciario e di quarantena di Migranti”.


Inoltre i sette primi cittadini del Calatino evidenziano, in aggiunta, molteplici criticità “che non si addicono alla struttura in discussione, inquadrabile come una vera e propria struttura parasanitaria, e che pertanto risultano ostative all’utilizzo della stessa”.


Questi i nodi critici evidenziati:  

1. Incertezza sul numero delle persone effettivamente ospitabili;
2. Carenza di sorveglianza attiva degli ospiti da parte di personale medico e infermieristico 24 ore su 24, secondo i parametri di organico previsti dal Decreto del Ministero della Sanità del 13.09.1988 (la CRI ha previsto 3 medici e 3 infermieri per tutti gli ospiti– circa trecento- troppo pochi);
3. Assenza di una convenzione tra la CRI e un ospedale per il trasferimento di pazienti per visite e cure specialistiche NON correlate all'infezione COVID-19;
4. Assenza di individuazione della struttura che esegua i tamponi, le analisi e il trasporto dei campioni.
5. Mancata previsione di personale per l’igiene e la sanificazione quotidiana nel rispetto delle norme ministeriali;
6. Assenza di convenzione con struttura ospedaliera per il trattamento degli ospiti che presentano sintomi respiratori o febbre;
7. Assenza di un protocollo per gli ospiti che durante il periodo di osservazione presentano tampone positivo;
8. Assenza di piano operativo per gli ospiti della coorte nella quale ne risulti uno con tampone positivo;
9. Assenza di indicazioni sul trasferimento degli ospiti con tampone negativo al quattordicesimo giorno;
10. Assenza di piano di approvvigionamento dei farmaci;
11. Assenza di piano di approvvigionamento dei presidi di prevenzione (maschere, alcool gel, guanti etc.)
12. Assenza di piano per lo smaltimento dei rifiuti speciali e liquami;
13. Assenza di convenzione per il Servizio Ambulanze.

“Riteniamo che le criticità elencate – concludono i Sindaci -, oltre ai dinieghi espressi dall’ASP, siano ostative all’utilizzo della struttura e, non conoscendo con esattezza gli accordi presi con la Croce Rossa per la gestione operativa della struttura, pensiamo che lo Stato, in osservanza all’art. 32 della Costituzione, alle linee guida sui diritti fondamentali della persona emanate dall’OMS e alla Legge 833/78 sulla tutela della salute, per ciò che rappresenta non possa derogare o agire in maniera approssimativa”.

I sette Sindaci si dicono tuttavia “fiduciosi che il dialogo tra le Istituzioni possa condurre a determinazioni pienamente rispondenti alla tutela dei migranti e dei territori interessati”.

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