Pubblicato il 04/08/2020
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ph. Il Sette e Mezzo

Un nuovo Cara alla tendopoli di Vizzini Scalo? Incubo per alcuni, sogno nostalgico per altri



Uno spettro si aggira per il Calatino: dietro i lavori di allestimento della tendopoli presso l’ex deposito militare di Vizzini Scalo risorge dalle sue ceneri lo spettro del Cara di Mineo? Spettro temuto o invocato, come vedremo, incubo per alcuni, sogno nostalgico per altri. 

di Giacomo Belvedere

Uno spettro si aggira per il Calatino: lo spettro del Cara di Mineo, che molti vedono risorgere dalle sue ceneri nei lavori di allestimento della tendopoli presso l’ex deposito militare di Vizzini Scalo. Spettro temuto o invocato, come vedremo, incubo per alcuni, sogno nostalgico per altri. 


L’ex residence degli Aranci - 403 villette dismesse dai militari americani distanza a Sigonella - nato il giorno di San Valentino del 2011, da una folgorazione improvvisa avuta sulla ss417 Catania-Gela, all’altezza del bivio per Mineo, dall’allora premier Berlusconi e dal suo ministro dell’Interno Maroni ; diventato in breve il Cara più grande d’Europa e, di fatto, il 16° Comune del Calatino, con i suoi 4 mila e più ospiti; sopravvissuto per altri 5 anni alla bufera di Mafia Capitale, che il 2 dicembre 2014 si abbatté sul centro menenino, fu chiuso con tanto di grancassa mediatica nell’estate 2019 dal ministro dell’Interno Matteo Salvini che, ironia della storia, finiva l’impresa aperta nel 2011 dal suo omologo della Lega Roberto Maroni. Una storia pluriennale che abbiamo raccontato su questa testata a più riprese. Ed oggi il Cara di Mineo sembra rinascere dalla sue ceneri come l’araba fenice.   


Il fantasma del Cara getta infatti la sua ombra inquietante sulla tendopoli in allestimento presso l’ex deposito dell’Aeronautica militare a Vizzini Scalo. Certo è che la notizia della tendopoli ha fatto andare il pranzo di traverso al sindaco di Vizzini Cortese, che dice di aver saputo della tendopoli a ora di pranzo dal Prefetto e che lunedì scorso, durante la riunione del comitato per la sicurezza e l’ordine pubblico, convocata in Prefettura per discutere del progetto della tendopoli, è stato messo di fronte al fatto compiuto: per la bonifica dell'area, l'allestimento delle strutture e l’erogazione dei servizi è stata stipulata una convenzione tra la Croce rossa italiana ed il Prefetto di Catania.  La tendopoli potrà ospitare temporaneamente circa 300 migranti in quarantena e non malati, e il suo utilizzo sarà subordinato alla saturazione dei posti creati sulle navi predisposte, per il solo tempo della quarantena, esaurito il quale i migranti verranno rimpatriati.


Come contropartita alcune rassicurazioni. La struttura sarà recintata e posta in sicurezza anche con l'utilizzo di sistemi di videosorveglianza, presidiata dalle forze dell’ordine (Carabinieri, Polizia di Stato, e Guardia di Finanza) e - su espressa richiesta del primo cittadino di Vizzini - anche da parte dell’Esercito Italiano.


Ma le rassicurazioni con cui si tenta di esorcizzare il fantasma del Cara di Mineo, non fanno dormire sonni tranquilli al sindaco Cortese: “Un incontro dall'esito annunciato – ha commentato amaramente. La scelta governativa di utilizzare il sito del Ministero della Difesa rimane non suscettibile di alcuna alternativa. Spiace, comunque, prendere atto che la scelta del sito è legata ad una volontà governativa indiscutibile, che ha prevaricato il dialogo con le Istituzioni locali, costrette a subire una decisione inappellabile e non annunciata”.


Il Sindaco vizzinese aveva convocato un Consiglio comunale straordinario, per esprimere  “tutte queste riserve e l’idea che una visione per il futuro del territorio possa essere così mortificata da una scelta palesemente contraddittoria”, chiedendo ai comuni del territorio e ai rispettivi Consigli Comunali di far propria la mozione di censura votata all’unanimità dall’assise vizzinese, ma rimasta inascoltata in Prefettura a Catania.  


Nella tendopoli, dunque, saranno accolti fino a 300 migranti, “per il solo periodo dell'emergenza in atto e come soluzione temporanea ed eventuale, che il governo nazionale ha chiesto di adottare solo nel caso non ci fosse più posto nelle due navi da crociera predisposte per la quarantena dei migranti sbarcati sulle coste siciliane”. Lo confermano i deputati siciliani Camera e all’Ars dei Cinquestelle,  Rizzo, Saitta, e Cappello, che asseriscono di aver avuto “ampie rassicurazioni” in tal senso dal viceministro Crimi.


"Una cosa è certa – aggiungono i deputati pentastellati -: a Vizzini non ci sarà un nuovo Cara come quello di Mineo, quello previsto non è un campo profughi e ci batteremo affinché non lo diventi mai, non venga attivato e anzi vigileremo affinché siano garantiti gli standard di sicurezza promessi per la tutela dei cittadini, in caso contrario  ne chiederemo l’immediato smantellamento”.


C’è da dire, tuttavia, che anche il Cara di Mineo nacque come risposta all’Emergenza Nord Africa, proclamata nel 2011 dal Governo Berlusconi, ma poi è sopravvissuto ben oltre la fine del periodo emergenziale. Inoltre anche allora la gestione della struttura venne affidata alla Croce Rossa. Un dejà-vu? Forse non sarà vero che la storia si ripete, ma queste coincidenze di certo inquietano non poco chi teme una riesumazione del vecchio Cara.


L'ex Deposito di Vizzini Scalo non è la prima volta che merita le attenzioni del Viminale. Negli ultimi mesi del 2014, avrebbe dovuto essere la sede del progetto “Hope”, un polo di formazione destinato a stranieri e residenti del comprensorio, finanziato da circa un terzo dei 3 milioni di euro destinati ai comuni del Calatino come risarcimento per l’insistenza nel loro territorio del centro menenino. Un progetto fortemente voluto da Luca Odevaine, il super esperto factotum del Cara di Mineo, allora all’apogeo del successo, ma prossimo alla caduta rovinosa di lì a poco. E ancora, nel 2016, quindi dopo che la tempesta giudiziaria si era abbattuta sul centro menenino, si ventilò l’ipotesi di fare dell’ex Deposito militare di Vizzini Scalo, in Contrada Salonia, una sorta di Cara 2, di dimensioni più ridotte rispetto al fratello maggiore di Contrada Cucinella.


Se, tuttavia, il fantasma del Cara di Mineo è un incubo per alcuni, è un sogno nostalgico per altri. “Se serve un hub dell'accoglienza, allora si abbia il coraggio di riaprire quello che è stato chiuso ‘solo per mostrare i muscoli’ e non perché non fosse più necessario!”. Chi usa toni così assertivi e perentori è Paolo Ragusa, oggi Presidente regionale di ALS-MCL Sicilia e vice Presidente nazionale dell’Associazione Lavoratori Stranieri del Movimento Cristiano Lavoratori. Le sigle forse oggi ai più non diranno molto, ma chi ha buona memoria sa bene  che nell’album dei ricordi del Cara di Mineo Paolo Ragusa ha un posto di assoluto rispetto. 


Ragusa è stato infatti presidente di Sol.Calatino, prima di lasciare la carica in seguito alle note inchieste giudiziarie. Sol.Calatino è una delle coop e ditte che hanno costituito l’invincibile armata, l’Ati (associazione temporanea di imprese) che dal 2011 al 2014 ha sbaragliato la concorrenza e vinti tutti gli appalti milionari al Cara di Mineo: sono il Consorzio Casa della Solidarietà, Sisifo, Sol.Calatino, Senis Hospes, Cascina Global Service, Pizzarotti e c. s.p.a, Comitato provinciale della Croce Rossa Italiana. Una sorta di arca di Noè in cui si imbarcavano tutti, dalle coop rosse a quelle bianche, un’alleanza dalle larghe intese, raggiunta grazie alla mediazione di Luca Odevaine, e costruita per vincere facile tutti gli appalti, definiti dall’allora presidente dell’Anac, Raffaele Cantone, “sartoriali”, cuciti su misura.


Ma i complessi legami fra i protagonisti delle gare di appalto non finivano qui: come in una grammatica variabile, le parti assumevano alternativamente, a seconda dei casi, il ruolo di soggetto o complemento oggetto. Le parti in causa erano difatti legate da intrecci molteplici. I Comuni, ad esempio, che facevano parte del Consorzio che della gara era stazione appaltante, erano nel contempo legati dal Patto territoriale a Sol.Calatino, che del patto era ente capofila, in una sorta di curioso role play in cui ci si scambiano le parti, ma le facce nell’album di famiglia sono sempre le stesse, nonostante cambi la posizione nella foto.


Ragusa, che prima della bufera giudiziaria aveva un profilo molto esposto, anche sul piano politico – sua l’idea di un patto territoriale tra enti locali e terzo settore -, reso più prudente dalle vicissitudini giudiziarie, ha scelto in questi anni di scegliere un profilo più defilato, più sociale e meno politico. 


Ma oggi rispolvera la sua vecchia idea (che precede e precorre addirittura la stessa nascita del Cara menenino) del “protagonismo degli enti locali e del terzo settore”. Un ritorno all’agone politico e un’uscita dalle quinte per riassumere un ruolo di primo piano sul palcoscenico? È presto per dirlo. Certo è che marcatamente politiche sono le sue dichiarazioni, una difesa a spada tratta dell’esperienza del Cara di Mineo: “Il sistema nazionale di accoglienza – dichiara - si reggeva sulla presenza del Cara di Mineo. Alla prima emergenza che si è presentata, dopo la sua chiusura, è emersa tutta la fragilità dell'organizzazione del Paese Italia. Questo dimostra che il centro di Mineo è stato smantellato solo per ragioni di propaganda politica, ma di fatto contro l'interesse nazionale”.

Poi l’affondo sulla tendopoli: “L’idea di realizzare una tendopoli presso l'ex deposito militare di Vizzini Scalo appartiene ad una logica di improvvisazione che rischia di non tutelare la dignità dei migranti, mortifica la vocazione produttiva di quel territorio e lo rende insicuro in tempo di Covid”. Quindi una mano tesa, quasi un suggerimento tra le righe: “Questa iniziativa fa persino un torto ai tanti ex lavoratori del Cara di Mineo che improvvisamente si sono ritrovati senza un lavoro a causa di una scelta del governo che prima cancella la struttura di contrada Cucinella ed ora ne apre una a distanza di pochi chilometri, ma senza restituire il lavoro a chi l'ha perso!”. Come a dire: se si tratta di recitare nuovamente la mia parte, io sono pronto.

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