Pubblicato il 01/09/2015
INCHIESTA

Cara di Mineo, l’appalto, la sedia vuota e i soliti noti



di Giacomo Belvedere – Giuliana Buzzone

Parla Luca Odevaine, il superconsulente del Cara di Mineo, arrestato il 2 dicembre 2014 nell’ambito dell’inchiesta Mafia Capitale, incaricato dai responsabili del centro di tenere i rapporti col Ministero dell’Interno e intercettare fluissi di denaro provenienti dai Fondi europei, non è propriamente un fiume in piena, semmai un rivolo di parziali ammissioni a denti stretti non prive di contraddizioni, sotto la spinta dei giudici che lo incalzano. Dai verbali dell’interrogatorio avvenuto nel carcere di Torino il 7 luglio scorso, e pubblicati oggi dal Corriere della Sera e dal Sole 24 ore, emergono i primi riscontri con le intercettazioni dei Ros e si fa luce sulla sua figura di “facilitatore” degli appalti al Cara di MIneo. Odevaine ammette di aver intascato 10.000 euro al mese dalla cooperativa La Cascina (dalle intercettazioni risulta che avrebbe chiesto un “aumento” sino a 20.000, dato il maggior numero di migranti nel Cara di Mineo), che è una delle coop che si sono aggiudicate l’appalto milionario per la gestione del Centro richiedenti asilo di Mineo, in Sicilia. E rivela i retroscena che portarono alla gara del 2011 per l’aggiudicazione del primo appalto per la gestione e le forniture al mega centro di Mineo. La madre di tutte le gare che si sarebbero susseguite in seguito, ricalcando, con alcune variazioni tattiche nel terzo appalto del 2014 che non ne cambiano la sostanza, sempre lo stesso schema: un appalto cucito su un general contractor in grado di offrire un pacchetto all inclusive, dall’immobile, alla ristorazione, ai servizi alla persona, alla sanità.

Al Cara di Mineo Luca Odevaine ricopre, dal 2011 al 2014, alternativamente o a volte contemporaneamente, le funzioni di consulente, supervisore, responsabile dei rapporti istituzionali, dipendente part time per la gestione dei fondi europei. Ma soprattutto è stato senza soluzione di continuità membro di tutte le commissioni che hanno assegnato dal 2011 al 2014 gli appalti per le gestione dei servizi nella mega struttura menenina. Una posizione assolutamente strategica, dunque, rafforzata dall’essere negli stessi anni seduto, come rappresentante dell’Unione Province Italiane, al tavolo di coordinamento nazionale per l’immigrazione. Con un piede saldamente a Roma e uno a Mineo, secondo l’accusa che ha portato al suo arresto per corruzione aggravata, Odevaine riusciva a orientare verso le coop di Carminati e Buzzi i flussi dei migranti transitanti da Mineo, ricevendone in cambio lauti compensi. Chi lo ha voluto al tavolo romano e al centro menenino è stato l’uomo forte di Angelino Alfano in Sicilia orientale: l’attuale sottosegretario all’Agricoltura Giuseppe Castiglione, che lo ha nominato in forza del suo duplice ruolo di presidente dell’Upi (dall’11 dicembre 2009 al 31 ottobre 2012, quando rassegna le dimissioni da Presidente della Provincia di Catania per potersi candidare alle elezioni politiche del 2013) e soggetto attuatore, dal 28 giugno 2011, del Cara di Mineo.

LA SEDIA VUOTA – La sua carriera al centro di contrada Cucinella inizia dunque al seguito di Castiglione, oggi indagato dalla Procura di Catania per turbativa d’asta. Correva l’anno 2011. La gestione umanitaria e assistenziale del centro, inaugurato il 18 marzo 2011, è assegnata inizialmente dal Prefetto di Palermo Caruso, senza l’indizione di un bando ad evidenza pubblica e la presentazione di un piano dei servizi da gestire, per il periodo dal 18 febbraio 2011 sino al 30 giugno 2011, alla Croce Rossa Italiana, che avrebbe potuto impiegare fondi propri destinati alla gestione delle situazioni di emergenza.

Ma si annuncia un cambio di rotta: a seguito dell’ordinanza del Presidente Berlusconi del 13 aprile 2011, la gestione dell’emergenza passa a Franco Gabrielli, Capo del Dipartimento della Protezione Civile, nominato Commissario delegato per l’emergenza umanitaria nel territorio nazionale. L’affidamento alla Croce Rossa della gestione del Cara di Mineo, scaduta il 30 giugno, verrà successivamente prorogato sino 30 settembre per dar tempo al nuovo soggetto attuatore Giuseppe Castiglione, presidente della provincia di Catania (nominato il 28 giugno) di indire una regolare procedura ad evidenza pubblica e non con procedura d’urgenza. È la grande occasione per Odevaine che sbarca in Sicilia e, secondo le intercettazioni dei Ros ha un incontro con Castiglione e un misterioso personaggio che avrebbe dovuto vincere la gara. Il Cara siciliano, divenuto nel frattempo una mega struttura con migliaia di ospiti, è diventato un piatto sin troppo ghiotto su cui l’organizzazione Mafia capitale intende allungare i suoi tentacoli, confidando – come rivelano le indagini di “Mondo di Mezzo” – nella sua longa manus Luca Odevaine.

Castiglione, secondo quanto afferma Odevaine nell’intercettazione col commercialista Stefano Bravo, sarebbe andato a prenderlo all’aeroporto di Catania e lo avrebbe portato a pranzo: «C’era pure un’altra sedia vuota… dico eh “chi? E praticamente arrivai a capire che quello che veniva avrebbe dovuto vincere l’appalto». Oggi si sa – da quanto emerso dall’ultimo interrogatorio – che la sedia vuota era per Salvo Calì, presidente del consorzio Sisifo.

L’APPALTO DELLE LARGHE INTESE «Castiglione – si legge nei verbali dell’interrogatorio – non mi disse esplicitamente che Sisifo doveva vincere la gara, ma io capii perfettamente anche perché accompagnandomi all’aeroporto mi disse che Sisifo era per lui il gruppo più adatto a gestire Mineo; mi disse che erano cooperative di centrosinistra, e quindi lui non aveva un interesse politico, ma li promuoveva perché li considerava capaci. Mi disse anche che vi era una esigenza politica primaria di favorire cooperative operanti sul territorio».

«In realtà – ammette Odevaine ai pm – il bando era stato scritto in modo da rendere certa la vittoria dell’Ati [associazione temporanea di imprese, ndr], in particolare inserendo un punteggio aggiuntivo per l’Ati che comprendesse cooperative operanti sul territorio». Bisognava dar conto ai “siciliani”, Sisifo e Sol Calatino, ma Odevaine propose di allargare l’affare alla Cascina, potente coop della ristorazione legata a Comunione e Liberazione. Secondo alcune intercettazioni riferite dalla stampa nazionale, Odevaine avrebbe confidato di aver fatto da mediatore per far entrare La Cascina nell’affare della gestione del Cara di Mineo, perché «se non se fa una roba che c’abbia una sua professionalità rischiamo un disastro». La “roba” fatta con professionalità sarebbe quella di «creare un gruppo forte (…) che sta roba qua vince». Il suo piano è chiaro: «Castiglione – afferma – si è avvicinato molto a Comunione e Liberazione, insieme ad Alfano, e adesso CL di fatto sostiene strutturalmente tutta questa roba di Alfano e del centrodestra (…) sono tra i principali finanziatori di tutta questa roba […], io li ho messi insieme, e si è strutturata questa roba, dopodiché abbiamo fatto questa cosa di Mineo». Una sorta di replica in salsa siciliana, del patto di ferro tra coop bianche e rosse che si spartivano al 50% gli affari nella capitale. «La decisione – si legge nei verbali del 7 luglio 2015 – fu presa congiuntamente da Paolo Ragusa, da Castiglione, da me e da Giovanni Ferrera, il quale era anche il responsabile del procedimento».

L’INVINCIBILE ARMATA – Il consorzio Sisifo è capofila della società consortile che vince l’appalto, di cui fanno parte il “Consorzio Sol.calatino Società Cooperativa Sociale”, “La Cascina Global Service s.r.l.”, la “Senis Hospes Società Cooperativa Sociale”, la “Casa della Solidarietà Consorzio di Cooperative Sociali”, l’Associazione Italiana della Croce Rossa” e l’“Impresa Pizzarotti & C. s,p.a.”. Si tratta di un’invincibile armata pronta a sbaragliare, la concorrenza, in un regime di sostanziale monopolio dei soliti noti, che il presidente dell’Anac Raffaele Cantone ha bollato come “illegittimo”. Una sorta di arca di Noè in cui si imbarcano tutti, dalle coop rosse a quelle bianche.

Il potente Consorzio Sisifo, con sede a Palermo in via Alfonso Borrelli 3 (indirizzo che corrisponde alla sede regionale della Legacoop) e sede amministrativa a Catania in piazza Roma 16, i cui locali sono di proprietà dell’eurodeputato Ncd Giovanni La Via, gestisce anche il Cara di Foggia e i Cpsa di Cagliari e di Lampedusa, quest’ultimo balzato agli onori della cronaca per lo scandalo delle docce antiscabbia.
La Casa della Solidarietà è un consorzio di cooperative sociali, vicine a Comunione e Liberazione di cui fanno parte, oltre alla Casa della Solidarietà stessa, tre cooperative: Domus Caritatis, Tre Fontane e Osa Mayor, che nel Consorzio mantengono la propria autonomia. Nell’anno 2012 il Consorzio si aggrega con la cooperativa La Cascina, colosso della ristorazione da 150 milioni di euro annui. Nell’inchiesta romana sbuca il nome di Tiziano Zuccolo, (non indagato), presidente della Casa della Solidarietà e rappresentante dell’Arciconfraternita del Santissimo Sacramento e di San Trifone, una delle cooperative capitoline maggiormente attive ed influenti nel settore del sociale. Sull’Arciconfraternita anche il Vicariato di Roma ha voluto vederci chiaro, disponendo due ispezioni canoniche e intimandone nel 2012 la soppressione per evitare ambigue commistioni con attività estranee alle finalità religiose. In una telefonata intercettata tra Zuccolo e Salvatore Buzzi, si ravviserebbe secondo i Pm romani una sorta di accordo in cui i due si spartiscono a metà un gruppo di profughi siriani.
Il Consorzio Sol.Calatino è assai vicino al Ncd del ministro dell’Interno Angelino Alfano e del suo luogotenente in Sicilia on. Castiglione. Inoltre il suo presidente, Paolo Ragusa, è il mentore e pigmalione politico che ha portato alla vittoria alle amministrative scorse il sindaco di Mineo e presidente del Consorzio dei Comuni “Calatino Terra d’Accoglienza” Anna Aloisi. E non sorprende affatto che il Ncd alle recenti elezioni europee sia volato a Mineo al di sopra del 39%. «Il tema fondamentale di tutta questa vicenda di Mineo – spiega Odevaine ai giudici – sono le assunzioni di personale. Quella struttura è diventata l’industria più grande della zona, l’Ikea sta a 20 chilometri e ha 150 dipendenti, attualmente il Centro di Mineo ne sta occupando circa 400 tra una cosa e l’altra». In un momento di crisi di lavoro, che in Sicilia si fa ancor più acuta, posti di lavoro vogliono dire voti sicuri.

I SICILIANI – I dirigenti delle coop siciliane Sisifo e Sol Calatino, da un’informativa dei Ros, risultano aver avuto a che fare con la giustizia, ancor prima che Mafia Capitale scoperchiasse i vaso di Pandora. Salvo Calì, presidente di Sisifo, sino a febbraio 2013, (successivamente sostituito da Domenico Arena), presidente della Fondazione Integra, che produce il docufilm “Io sono io e tu sei tu”, spot pubblicitario sul Cara delle meraviglie, è inoltre dirigente medico dell’Asp 3 di Catania, direttore del Distretto sanitario di Giarre, ma anche segretario del Smi, Sindacato medici italiani. A suo carico risultano «precedenti di polizia in ordine al reato di truffa, e per essere stato indagato dal Nucleo antisofisticazione dei Carabinieri di Catania per abuso d’ufficio e falsità ideologica in atti pubblici». Anche il suo successore Domenico Arena risulta nel 2014 «indagato in stato di libertà» perché «in qualità di rappresentante della Sisifo, stipulava contratti di lavoro autonomi con alcuni masso-fisioterapisti e dava loro incarico di eseguire abusivamente trattamenti fisioterapici».
Anche Paolo Ragusa, presidente di Sol Calatino, dimessosi a seguito delle inchieste a suo carico, attualmente indagato dalla Procura etnea per turbativa d’asta e da quella di Caltagirone per una presunta parentopoli e baratto di posti di lavoro a consiglieri comunali in cambio di appoggio politico all’amministrazione di Mineo, finisce nella nota dei Ros, «per precedenti di polizia per associazione per delinquere, estorsione e truffa, archiviati nel 2008 dalla competente Procura».
Secondo le ultime ammissioni di Odevaine, i dirigenti de La Cascina si sarebbero lamentati «del fatto che Ragusa imponeva loro la scelta dei fornitori dai quali acquistare, e Ragusa gestiva le convenzioni con i privati presso i quali gli ospiti del Centro potevano spendere 2,5 euro al giorno con una tessera».

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