Pubblicato il 15/05/2020
ATTUALITÀ

Maturità 2020: questo esame non s’ha da fare…



Il Ministero punta fermamente sull’esame in presenza, per offrire un momento di “normalità” agli studenti, ma l'esame rischia di svolgersi in un’atmosfera irreale su cui pende minacciosa la spada di Damocle del contagio: una normalità artificiale e senza volti, tra guanti e mascherine, con gli studenti pressoché soli ad affrontare una sorta di interrogatorio che di normale non avrà nulla.   

 

di Giacomo Belvedere

È Sos dall’Ufficio scolastico regionale della Sicilia: il numero delle istanze per la candidatura a presidente delle Commissione degli Esami di Stato è inferiore a quello dell’anno scorso. Detto fuor dal linguaggio diplomatico: si rischia che molte commissioni non abbiano un presidente. Per cui si è stati costretti a prorogare i termini di presentazione delle istanze.  

L’Ufficio fa un appello accorato ai Dirigenti scolastici - di cui si dice certo che “in un momento tanto delicato, non mancherà la comprovata e preziosa collaborazione” -, perché acquisiscano ulteriori candidature. Il punto è che, a dispetto della “comprovata collaborazione”, sono stati proprio i Dirigenti scolastici a disertare le istanze in questione: la maggior parte dei Presidenti di Commissione d’Esame sono, infatti, solitamente pescati nel bacino dei DS.

Ed è un caso più unico che raro, perché negli scorsi anni ci sono stati problemi semmai nel reclutamento dei commissari, non certo dei presidenti, incarico piuttosto ambito. Ma quest’anno la paura fa 90. E non è solo la Sicilia ad aver lanciato l’allarme: sono almeno 7 le altre regioni in affanno. Segnali di allarme sono stati lanciati proprio dai presidi, che ripetutamente hanno espresso i propri timori al Ministero sulle modalità dell’esame in presenza, chiedendo un protocollo rigido sulla sicurezza. Sui presidi, in quanto datori di lavoro, pesano infatti le enormi responsabilità in termini di sicurezza: se ci scappa un contagio è infatti equiparato a un infortunio sul luogo di lavoro, con tutte le conseguenze penali e civili che ne derivano. Una vera spada di Damocle.

Un altolà è venuto anche dal Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione, che ha espresso le proprie riserve sull’esame in presenza, chiedendo con urgenza un protocollo di sicurezza nazionale “stringente, dettagliato e prescrittivo a garanzia della salute di tutto il personale coinvolto”. In assenza del quale - o nell'impossibilità di poterlo concretamente applicare – scrive il Consiglio – è “indispensabile prevedere che gli esami di maturità avvengano a distanza”. Ma per il Ministero ci sarebbero tutte le condizioni  per garantire la sicurezza e dunque si va avanti.

Perché questa insistenza del Ministero sull’esame in presenza? È presto detto: si è vittima di un’idea irrealistica e nostalgica dell’esame, nell’illusione, comune a molti, di poter tornare alla “normalità”. Ne è una spia quanto scrive l’Ufficio scolastico regionale della Sicilia: “per gli studenti si tratterà di un importante appuntamento, ancora più perché sarà un momento di "normalità", malgrado le modalità straordinarie di svolgimento, durante l’emergenza epidemiologica”.

È un’idea dura a morire. Ma non si potrà affatto tornare alla cosiddetta normalità e prima lo si capisce, meglio è per tutti. La pandemia ci chiede invece uno sforzo comune per ripensare la vita associata, con realismo, per guardare in faccia la realtà, e fantasia, per trovare nuove innovative vie di convivenza. E questo vale anche per il mondo della scuola, che l’emergenza Covid ha denudato, lasciando scoperte tutte le fragilità. Perché, per rispondere  realisticamente e con fantasia alla sfida della pandemia, occorre rivedere i canoni di “normalità” in cui era confinata la scuola sino a ora: ridotta a azienda, in cui conta far “profitto”  ed economizzare i costi. Di qui le classi pollaio e  l’ipertrofia dei mega istituti con migliaia di alunni.

Se è questa la “normalità” a cui si vuole tornare, onestamente si deve dire che è impossibile garantire la sicurezza di chi nella scuola vive e sono risibili le soluzioni tampone che si sono prospettate. O si diminuiscono per legge il numero di alunni per classe; si arresta l’insana corsa delle istituzioni scolastiche ad avere il maggior numero di alunni per non perdere l’autonomia; si pensano scuole non mega aziende, ma a misura di persona; si recluta nuovo personale e si cercano nuovi edifici, dove “spalmare” la numerosa comunità scolastica; o è meglio attendere che per miracolo il Covid scompaia da sé, per tornare a quella “normalità”, che normale non era.

Certo, ci vogliono investimenti  non da poco e si sa che lo Stato italiano è sempre stato avaro con la scuola. Ma sarebbe il caso di invertire la tendenza e ripagare l’enorme debito che ha con la scuola, che tutto sommato ha retto per la buona volontà di tanti che ci lavorano con passione. E invece. Dato che quest’anno nella formazione delle prime classi non si possono conteggiare gli eventuali bocciati (gli alunni saranno tutti promossi), hanno già fatto sapere che difficilmente saranno accolte le richieste per avere più classi. Cioè: si continua “normalmente” con le classi pollaio, in barba a tutti i proclami di cambiamento sbandierati.    

Ma i burocrati difettano proprio di fantasia. Li terrorizza il cambiamento. Tornando all’esame di maturità (vecchio termine obsoleto dei tempi in cui la scuola era luogo di crescita nell’humanitas  non di addestramento a fredde competenze), nella bozza del Ministero si intravede il tentativo disperato di conservare, per quanto possibile, tutto come prima: il cosiddetto mega orale è costruito sulla falsariga di quello precedente (l’interrogazione su un testo di Letteratura Italiana, surrogato della prima prova, l’elaborato che richiama la seconda prova, i materiali, ecc.) senza nessuno sforzo di pensarlo diverso.

Mi chiedo: cosa c’è di normale in un esame che fa piuttosto pensare a una seduta in una sala operatoria? Tutti con mascherine, guanti, visiere e quant’altro, con la sottile inconfessata paura di essere contagiati? Con l’impossibilità per gli studenti di farsi accompagnare (ammesso solo un accompagnatore), di sentire il calore degli amici, di trepidare assieme, soli di fronte a una commissione anch’essa impaurita, per quello che appare a tutti gli effetti come un interrogatorio? Gli esami di laurea si stanno svolgendo online,con la possibilità tra l'altro di essere seguiti da parenti e amici, e senza che per questo si sia abbassato il livello accademico della discussione della tesi. Ma per l'esame di maturità c'è un niet, che sa di partito preso.   

Aggiungiamo il rischio di interruzioni e sospensioni continue, se solo uno dichiari di avere una febbricola di 37,5. Con i collaboratori scolastici chiamati a sanificare continuamente i locali prima e dopo ogni esame e i ragazzi sottoposti, oltre all’ansia fisiologica per l’esame, a questo surplus di stress. Tutto per l’ostinazione a garantire a tutti i costi una “normalità” che di normale non ha nulla.

Quando si è di fronte a problemi complessi, non è più bravo chi trova subito la risposta, ma chi si pone la domanda  giusta. La domanda giusta non è: “come affrontiamo l’emergenza?”; ma: “come pensiamo a una scuola diversa?”. Ma per questo occorre evangelicamente essere astuti come i serpenti e semplici come le colombe:  ci vogliono il coraggio del realismo e i voli della fantasia, di cui c’è un deficit spaventoso.

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