Pubblicato il 24/04/2020
CRONACA

Il Covid annulla il 41bis? È polemica per i domiciliari concessi a Ciccio La Rocca. Santaopaola resta in carcere



“Il ministero della Giustizia si è già attivato –insorge il deputato del M5S Eugenio Saitta, componente della commissione Giustizia della Camera Saitta - per far luce sui motivi di tale decisione ed io mi farò personalmente interprete, con il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, di questa richiesta di chiarimenti arrivatami direttamente dai cittadini del calatino che ritengono inaccettabile la scarcerazione di un boss come Francesco La Rocca”.


di Giacomo Belvedere 

Dove non poté la grazia, poté la disgrazia? È tornato a casa, a San Michele di Ganzaria il boss della famiglia di Caltagirone, Francesco La Rocca. Secondo quanto ha rivelato il Fatto Quotidiano, l’anziano boss, 82 anni, avrebbe avuto il beneficio dei domiciliari dal giudice di sorveglianza di Milano, in considerazione dello stato di salute  e dell’emergenza Coronavirus. La Rocca stava scontando la condanna definitiva all’ergastolo presso il carcere di Opera.


Non così, invece, per il boss della mafia etnea Nitto Santapaola. “È ristretto in regime di 41bis” e “quindi in celle singole e con tutte le limitazioni del predetto regime che lo proteggono dal rischio di contagio”. Con questa motivazione il giudice della Sorveglianza di Milano ha invece bocciato la richiesta di differimento pena ai domiciliari per motivi di salute del capomafia ergastolano Nitto Santapaola. 


Sotto accusa una nota del DAP (Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria), che avrebbe autorizzato ad allargare le maglie in considerazione dell’emergenza Covid-19. Ma dal DAP è arrivata una secca smentita: “Il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria non ha diramato alcuna disposizione a proposito dei detenuti appartenenti al circuito di alta sicurezza o, addirittura, sottoposti al regime previsto dall’art. 41bis dell’Ordinamento Penitenziario”.


Il DAP chierisce che “quella inviata il 21 marzo scorso agli istituti penitenziari è una richiesta con la quale, vista l’emergenza sanitaria in corso, si invitava a fornire all’autorità giudiziaria i nomi dei detenuti affetti da determinate patologie e con più di 70 anni di età”. “Un semplice monitoraggio, quindi, con informazioni per i magistrati sul numero di detenuti in determinate condizioni di salute e di età, comprensive delle eventuali relazioni inerenti la pericolosità dei soggetti, che non ha, né mai potrebbe avere, alcun automatismo in termini di scarcerazioni”.


E dunque u ziu Cicciu, come viene chiamato, è tornato nella sua casa nel quartiere del Carmine, che il 25 marzo 2016 fu scenario di un episodio controverso: la processione del Venerdì Santo fu deviata, ignorando  il percorso autorizzato dal parroco e dalle istituzioni, per rifare una parte dell’itinerario che era stata omessa, tra cui piazza Monte Carmelo dove è la residenza di La Rocca.


“Quando la processione è arrivata all’altezza della via che sale in questa piazza – raccontò ai nostri microfoni il Procuratore di Caltagirone Giuseppe Verzera -, delle persone sono intervenute, persone dell’entourage di La Rocca, e si sono messe accanto ai portatori della “varetta” e l’hanno fatta salire fino a lassù. Lì l’hanno deposta per circa 30 minuti, è scesa la moglie del La Rocca, è  stata un po’ di tempo davanti al Cristo e sul balcone della sua abitazione c’era uno stendardo rosso. Dopo circa 30 minuti sono scesi e si sono ricongiunti al resto della processione, perché tutti gli altri, la gran parte è rimasta giù, una piccola parte è salita su. E sono rimasti giù all’incirca 50 minuti ad aspettare”.


Una deviazione casuale? “È una mia opinione personale – dichiarò Verzera - che esula dal contenuto delle carte processuali, posso pensare che aver modificato il percorso possa essere stato interpretato in maniera negativa dall’entourage del La Rocca, cioè preso come una sorta di indebolimento, nell’immaginario collettivo, della forza criminale della famiglia stessa. E quindi loro non hanno accettato questa decisione e hanno ristabilito quello che era il percorso degli anni scorsi”.  


La figlia Rosaria così commentò il 27 marzo su Fb l’episodio, postando due antiche foto in cui si vede il capostipite della famiglia La Rocca portare a spalla il fercolo del Cristo morto, foto che «rivelano la sua fede di buon cristiano». «Se il tragitto è stato deviato – continuò – solo per volere del popolo: tutti ricordano lo “ZIO CICCIO” come una persona da voler bene, degna di essere rispettata, non per pretese ma perché ha sempre voluto bene i suoi paesani ed è stato ricambiato. e per questo quel bellissimo e caloroso applauso dinanzi casa mia, molto commovente ed emozionante per dimostrare che mio padre è un grande UOMO. Descrivo mio padre e finisco con voi con solo tre parole: UMILTÀ, CARITÀ E AMORE e qui c’è DIO. Questo è il motto con cui mio padre ha educato i suoi figli e ne siamo fieri e lo difenderemo fino alla fine dei suoi giorni!».


La notizia dei domiciliari al boss della famiglia mafiosa di Caltagirone non ha mancato di suscitare polemiche e perplessità. “Ritengo che sia opportuno conoscere le motivazioni offerte dalla magistratura a supporto di questa decisione”, ha affermato il deputato del M5S Eugenio Saitta, componente della commissione Giustizia della Camera.


“Il ministero della Giustizia si è già attivato – continua Saitta - per far luce sui motivi di tale decisione ed io mi farò personalmente interprete, con il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, di questa richiesta di chiarimenti arrivatami direttamente dai cittadini del calatino che ritengono inaccettabile la scarcerazione di un boss come Francesco La Rocca”.


“Sono sicuro – conclude il deputato pentastellato - che il ministero farà luce sul perché di un provvedimento di scarcerazione, applicato ad un boss che non sembra correre concreti rischi di contagio a causa del regime di carcere duro al quale era sottoposto e in un momento in cui i rari colloqui consentiti con i familiari risultano sospesi in forza delle norme introdotte con il dal 'Cura Italia'. Proprio nello stesso decreto abbiamo ribadito anche l'assoluta preclusione della detenzione domiciliare ai detenuti condannati per reati ostativi, primo fra tutti per il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso, e questo anche nel caso in cui il residuo di pena da scontare sia esiguo”.

La scarcerazione di La Rocca arriva mentre, in Sicilia, ancora non si erano spente le polemiche per i domiciliari concessi, dal tribunale di sorveglianza di Milano a Francesco Bonura e dal Tribunale del Riesame di Palermo a Giuseppe Sansone.


Secondo quanto sostiene l'avvocato Giovanni Di Benedetto, legale del boss Francesco Bonura (78 anni), la sua scarcerazione sarebbe legata a gravi motivi di salute e non all'emergenza coronavirus. “A fronte di una condanna pari a 18 anni e 8 mesi – argomenta il legale - a Bonura restano da scontare, considerati i maturandi giorni di liberazione anticipata, meno di 9 mesi di carcere. Nel contesto della lunga carcerazione il Bonura ha subito un cancro al colon, è stato operato in urgenza e sottoposto a cicli di chemioterapia; di recente i marker tumorali avevano registrato una allarmante impennata. Se a tutto ciò si aggiunge, come si deve, l'età (Bonura ha 78 anni) ed i rischi a cui lo stesso, vieppiù a Milano, era esposto per il Coronavirus risulta palese la sussistenza di tutti i presupposti per la concessione de differimento della pena nelle forme della detenzione domiciliare in ossequio ai noti principi, di sponda anche comunitaria, sull'umanità che deve sottostare ad ogni trattamento carcerario”.

Sarebbe dunque “del tutto errato – conclude illegale - il riferimento al recente decreto 'Cura Italia', che non si applica al caso di specie e che non ha nulla a che vedere con il differimento pena disposto per comprovate ragioni di salute e sulla base della previgente normativa”.


Per gli avvocati Giovanni Rizzuti e Marco Giunta, difensori di Giuseppe Sansone, quasi settantenne ed affetto da patologie, “Sansone si trova in attesa di giudizio e, come tale, risulta assistito dalla presunzione di non colpevolezza. Lo stesso non si trovava al regime penitenziario speciale di cui all'articolo 41 bis e nei suoi confronti - proseguono - non è stata mai anche soltanto ipotizzata una partecipazione al sodalizio mafioso aggravata dal ruolo di capo o promotore”.

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