Pubblicato il 25/06/2015
POLITICA

In Commissione di inchiesta Castiglione ripercorre le sue funzioni e il Cara



All’indomani dell’esito del voto delle mozioni  presentate dalle opposizioni per il ritiro delle deleghe al sottosegretario alle politiche agricole Giuseppe Castiglione ieri si è tenuta l’audizione dello stesso convocato dalla commissione d’inchiesta parlamentare sul sistema di accoglienza che un mese fa in missione in Sicilia ha visitato proprio la struttura del Cara di Mineo, rilevandone e comunicandone parecchie criticità.

Castiglione, il cui nome si legge tra gli stralci di alcune intercettazioni riportate nelle ordinanze emesse dal Gip Flavia Costantini sul sistema Mafia Capitale, ha risposto alle domande postegli, nervoso a ragion veduta trattandosi quelle che gravano sul suo nome di imbarazzanti accuse, oltre quelle di natura giudiziaria che lo vedono indagato per turbativa d’asta, anche quelle che provengono dalle opposizioni politiche e da alcuni scritti giornalistici che lo inquadrano come artefice di un “sistema”.  Anche se a dire il vero il Cara di Mineo oltre ad essere stato uno dei set in cui si girava il “sistema Odevaine” è stato ambiente scenografico di un sistema che, se venisse confermato tale dal lavoro della magistratura, non può portare il nome solo di Giuseppe Castiglione, che allora rivestiva ruolo istituzionale di presidente della provincia etnea ed anche di presidente dell’Upi, ma di una regia che nella struttura di contrada Cucinella, allora ancora Residence degli Aranci, aveva visto ancor prima che l’emergenza Nord Africa divenisse un fatto ufficiale, una buona fucina economica di attività sociali.

La prima questione posta dal Presidente della commissione Gennaro Migliore, che lui sottolinea sia importante, riguarda il comprendere se l’allora presidente della Provincia avesse avuto allora «la percezione che la Sicilia fosse stata individuata come la terra nella quale dovevano essere concentrati tutti i richiedenti asilo d’Italia, una cosa importante da capire», dice Migliore, perché la Sicilia tutt’oggi è il luogo dove insistono in maniera preponderante i centri di accoglienza e il maggior numero di richiedenti asilo, circa il 20% del totale, domanda a cui si lega la richiesta di una considerazione visto che il Cara di Mineo una volta aperto divenne in prima battuta il centro in cui, oltre i richiedenti di protezione internazionale giunti in quei frangenti, vennero trasferiti potenziali richiedenti asilo da tutto il territorio italiano. Giuseppe Castiglione si affretta a sottolineare la sua imputazione di turbativa d’asta sia provvisoria e riguardi un arco temporale che va dal 2011 al 2014 senza dunque individuare come dice lui «una condotta illecita specifica» e che rispetto all’appalto di 100 milioni di euro, essendo stato soggetto attuatore dal giugno 2011 a giugno 2013, non ci potrà essere «nessun coinvolgimento, nessun ruolo attivo da parte mia chiusa la mia esperienza nel giugno del 2013». Ripercorre così attraverso alcune date la sua estraneità all’individuazione della struttura che ricade nel territorio di Mineo, piuttosto una ricognizione quella operata col Prefetto di allora, Santoro, di «conventi, istituti religiosi, opere pie», così imputando la scelta della requisizione dell’immobile Pizzarotti e la gestione assistenziale della Croce Rossa, al Prefetto di Palermo Caruso, in concerto col Viminale, il quale era stato nominato commissario delegato per l’emergenza  umanitaria il 18 febbraio 2011 con una ordinanza di protezione civile 3924. Castiglione afferma di non aver poi mai saputo della disponibilità della base di Comiso presumendo non fosse nelle condizioni di poter accogliere il flusso dell’emergenza e che mai in nessun tavolo qualcuno gliene avesse posto l’esistenza. Il 13 aprile con una nuova ordinanza di protezione civile, 3933, fa notare che nella gestione dell’emergenza della Protezione Civile il prefetto Gabrielli è nominato commissario delegato per l’emergenza umanitaria. E cosi di seguito la narrazione della proroga alla Croce Rosse ed altro.

Le prime domande poste dal presidente di commissione pongono il punto interrogativo sull’anomalia della nomina proprio di Castiglione come soggetto attuatore del Cara di Mineo piuttosto che direttamente del Prefetto, come invece ha avuto luogo in altre circostanze simili, seguono poi quelle sugli appalti e la nomina tra le altre cose Luca Odevaine presidente della commissione giudicatrice.

Il sottosegretario mentre i commissari lo ascoltano con attenzione ad ogni sua parola ribadisce pure un concetto su cui leva la propria difesa da quando coinvolto nella faccenda Mafia Capitale «voglio sfidare se qualcuno nel 2011 poteva mettere in discussione la professionalità del dottor Odevaine, se io non ho avuto nessun dubbio nel nominarlo al Cara di Mineo, non ha avuto nessun dubbio Zingaretti, che stimo, a nominarlo come capo della polizia provinciale di Roma, nessun dubbio avrà avuto la Melandri a nominarlo consigliere del ministero dei Beni Culturali, nessuno il Sindaco Veltroni (capo di gabinetto ndr). Per me quella era una garanzia di trasparenza». Un forte alibi fondato sulle caratteristiche ed esperienze professionali di Luca Odevaine, conosciute da tutti meno che da lui, referenze di cui si sarebbe fidato.

Castiglione così risponde ai  quesiti spartendo le responsabilità, per non sentirsi unico imputato, in particolare con il Prefetto Gabrielli. «Abbiamo avuto un rapporto di grande collaborazione con il prefetto Gabrielli, anche per la nomina del dottor Odevaine come consulente, per portare questa esperienza al Cara di Mineo, io lo chiesi al commissario delegato. Chiesi al prefetto Gabrielli con una mia nota se era possi­bile avvalermi della professionalità, dell’esperienza di Odevaine» dice Castiglione, leggendo anche una nota del prefetto che gli rispose che “al riguardo si comunica che nulla osta in ordine al conferimento del predetto incarico in considerazione dell’importanza e della delicatezza della gestione del centro, della nota professionalità posseduta dal dottor Odevaine e della sostanziale gratuità dello stesso che prevede solo il rimborso delle spese” (testo della nota).

Dal canto suo Gabrielli, ascoltato dai commissari il 18 giugno ha affermato di non ritenere di avere responsabilità «Mineo io l’ho trovato, non l’ho scelto, arrivo il 7 aprile 2011, mi consegnano il centro di Mineo, che solo dopo è diventato un Cara, e in qualche modo lo devo usare. C’erano dentro la Croce Rossa e soprattutto le persone. La gestione era in linea con quella emergenziale. La cosa migliore in quel momento era non muovere nulla» dice anche «Quando nominai come soggetto attuatore per Mineo il presidente della provincia di Catania Castiglione, perché la Regione si era tirata indietro, lui aveva poche possibilità di venire a Roma e quindi nomina Odevaine. Non voleva un siciliano per non essere accusato di fare pastette».

Castiglione suggerisce poi nel corso della sua esposizione sulle gare d’appalto di tenere a mente un passaggio dice «molto importante» e cioè che dal primo gennaio 2013 la Protezione Civile passa la gestione in via ordinaria al Ministero dell’Interno che «si riappropria della funzione di stazione appaltante», il consorzio che poi nascerà non ha delegata la funzione di stazione appaltante sino al dicembre del 2013 e quindi è solo soggetto attuatore. E dunque dichiara alla commissione che si pensò visto il numero dei migranti e la posizione del centro di studiare un modello organizzativo e il coinvolgimento degli enti locali, «su questo si fecero molte riunioni in prefettura», dice Castiglione, venne alla luce così il Patto, e discutendo con l’allora Ministro Cancellieri, lui come «ex soggetto attuatore che doveva lasciare», il prefetto Cannizzo e il capo dipartimento, il direttore Angela Pria si pensò successivamente a creare il Consorzio dei Comuni. Con l’art. 6 dell’ordinanza 33 di protezione civile del 2012 si autorizzò il prefetto di Catania a stipulare apposita convenzione con un consorzio che nasceva inizialmente con quattro comuni e poi si sarebbe allargato, il Consorzio, poi chiamato, Calatino terra d’Accoglienza.

Le questioni su chiarimenti a Castiglione sono giunte da Palazzotto per Sel che ha domandato a Cstiglione come mai abbia accettato di fare da provvisoria guida del Consorzio dei Comuni mentre già rivestiva il ruolo di Sottosegretario essendo entrambi unitamente ruoli parecchio gravosi, e cosa potesse riferire alla commissione riguardo l’emendamento nella legislatura passata che in quella attuale attraverso il quale sono stati stanziati 3 milioni di euro e che era previsto solo per i comuni che hanno nel loro territorio una struttura per richiedenti asilo con più di 3mila persone.  Il cui unico profilo è chiaramente quello del centro menenino sul quale sono accesi i fari della magistratura. Ha chiesto poi  come mai le condizioni precarie all’interno del centro segnalate anche da diverse associazioni non abbiano fatto nascere al sottosegretario allora soggetto attuatore un sospetto su come fossero spesi i finanziamenti rispetto ai servizi erogati nel centro. Altre questioni sono state poste dalla deputata del M5S Lorefice la quale ha chiesto alla luce delle condizioni della struttura e della vita dei migranti rimbalzate sui media, dell’assenza di trasparenza, l’assunzione di personale sulla base di conoscenze, se nel periodo in cui l’on Castiglione si occupava del Cara non avesse mai riscontrato nulla di tutto ciò. A esprimere preoccupazione, derivante da quanto visto durante la missione, quanto sta emergendo dalle inchieste della magistratura e considerate le ingenti somme investite per servizi che sulla carta presuppongono qualcosa che nei fatti non viene poi erogato in maniera soddisfacente ed efficace rispetto le intenzioni, è stato poi l’on. Marazzitti che è anche vice presidente della commissione. Domande le cui riposte del sottosegretario non hanno aggiunto nessun elemento di novità, certo è che Castiglione chiama in causa il sistema istituzionale nazionale che dal 2011 ebbe ruolo sul centro menenino e sull’emergenza immigrazione.

Giuliana Buzzone

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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