Pubblicato il 07/04/2020
RELIGIONE / DIOCESI

Mons. Peri: “I miei esercizi spirituali in compagnia di fratello Covid-19”



Mons. Calogero Peri, non ha voluto rinunciare a predicare gli esercizi spirtituali, nonostante si trovi ricoverato nel reparto di Malattie Infettive del  “Gravina di Caltagirone”. Esercizi predicati “in compagnia di fratello Covid-19”, ma che, proprio per questo, acquistano un sapore specialissimo di autenticità e di vita vissuta, e ci danno un messaggio di consolazione e speranza in questo momento tra i più difficili della nostra storia. Questa la meditazione del lunedì santo.


di Giacomo Belvedere

 “… Per vivere pienamente il presente”: è il tema degli esercizi spirituali, a cui il vescovo di Caltagirone, mons. Calogero Peri, non ha voluto rinunciare, nonostante si trovi ricoverato nel reparto di Malattie Infettive del  “Gravina di Caltagirone”, poiché risultato positivo al Covid-19.  


Esercizi predicati “in compagnia di fratello Covid-19”, ma proprio per questo acquistano un sapore specialissimo di autenticità e di vita vissuta, in questo momento tra i più difficili della nostra storia.


Il letto dell’ospedale diventa provvidenzialmente la cattedra più idonea, da cui il Pastore della Chiesa Calatina, condividendo sulla sua pelle le sofferenze del tempo presente, rivolge il suo messaggio di consolazione e di speranza, e indica la via per uscire fuori dalle strettoie della paura e dell’angoscia che ci tolgono il respiro.


Perché il Coronavirus non causa solo dispnea fisica in coloro che ne sono contagiati, ma anche affanno spirituale: nell’invito ad aprirsi al vento dello Spirito senza farsi abbattere, sta il cuore del messaggio che mons. Peri offre a chi crede e a chi non crede, a tutti coloro che in questi giorni hanno smarrito la via della speranza.         


 “… Per vivere pienamente il presente” di mons. Calogero Peri

Esercizi spirituali 2020

6 aprile 2010 - Lunedì della Settimana Santa

Questa sera, lunedì santo, avremmo dovuto iniziare insieme gli esercizi spirituali. Sapendo già che non ci saremmo potuti ritrovare in cattedrale tutti insieme, avevo pensato ad una diretta streaming e a un argomento da suddividere nelle tre serate.


Essendo io in ospedale in compagnia di fratello Covid-19,  non mi è possibile. Avremmo potuto rimandare registrazioni di esercizi di anni passati, ma ritengo che per vivere pienamente la vita abbiamo il presente. E, in questo presente, avrei voluto con voi commentare l'episodio di Gesù che, all'età di 12 anni, con Maria e con Giuseppe, come al solito, sale a Gerusalemme per la festa di Pasqua. Questo avvenimento ce lo racconta l’evangelista Luca al capitolo 2, 41-52. Ascoltiamo il brano.


 “I genitori di Gesù si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di Pasqua. 43Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono secondo la consuetudine della festa. 43Ma, trascorsi i giorni, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero. 44Credendo che egli fosse nella comitiva, fecero una giornata di viaggio e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti; 45non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme. 46Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai maestri, mentre li ascoltava e li interrogava. 47E tutti quelli che l'udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte. 48Al vederlo restarono stupiti, e sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo». 49Ed egli rispose loro: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?». 50Ma essi non compresero ciò che aveva detto loro.
51Scese dunque con loro e venne a Nàzaret e stava loro sottomesso. Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore. 52E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini”.


… Noi tutti sappiamo come questo episodio non si svolga secondo le consuetudini degli altri anni, ma contenga una grande sorpresa. Sì, la prima sera, avrei voluto meditare su quanto la Pasqua di quest’anno anche per noi non si svolga secondo l'abitudine, come ce la saremmo aspettata, come tante altre volte l'abbiamo vissuta. E ci possiamo sentire tanto disorientati e penalizzati. Penso che tutti noi abbiamo la possibilità di chiederci: “ma io come ho vissuto la Pasqua? Come ho vissuto le mie tante Pasque?


Ognuno conosce dentro di sé la risposta più vera. Non avevamo certamente messo in conto una riflessione, un approfondimento, una verifica, così traumatici e traumatizzanti. Dovremmo a venirne fuori però con qualche conclusione, qualche considerazione, e poi anche qualche proposito che ci aiuti a banalizzare questa Pasqua, a pensarla veramente come il centro della nostra vita, la fonte della nostra fede, della nostra speranza e della nostra gioia.


Voglio comunque fare questo viaggio a Gerusalemme con un altro stato d'animo per fare veramente la Pasqua con Gesù e i suoi discepoli? Voglio venire fuori dell'abitudine in cui anche la Pasqua rischia di essere travolta da altri interessi, da altre preoccupazioni, da altre precedenze?


Penso che le domande che ci possiamo fare non siano soltanto queste. Sicuramente ce ne saranno tante altre che ci possono aiutare a vivere veramente la Pasqua, anche in questa situazione, con spirito rinnovato, con attenzione, con delicatezza, in un’atmosfera di silenzio, di rispetto per il dramma che contiene. Essa, infatti, è piena del dolore di Dio, del suo sangue, delle sue lacrime e delle sue delusioni, della sua paura, della sua solitudine, ma anche di tutto il suo amore.


Quella Pasqua è piena anche di tutti i dolori del mondo, della sofferenza, della solitudine degli uomini, di quello che di brutto tutti continuiamo a commettere e a metterci.


Questa sera portiamoci tutti dietro e soprattutto dentro queste e tante altre domande che ci possono aiutare a non vivere mai più una Pasqua secondo abitudine, ma sempre più nella sua grandezza, nella sua verità, nel suo essere il dono di Dio. Il dono grande dell'amore di Dio che, senza calcoli, si è perso per noi e per tutti per non perdere nessuno e salvare veramente tutti per amore e solo per amore.


La nostra Pasqua somiglia un po' la Sua? C’è qualcosa di quell’amore, di quella donazione, di quell'essere per l'altro per continuare ad amare e a fare Pasqua come l'ha fatta e ce l’ha lasciata Lui? Cosa facciamo in Sua commemorazione? Siamo riconosciuti e riconoscibili dalla Pasqua che facciamo e dall'amore che ci mettiamo e doniamo? Qualunque cosa avessimo fatto, possiamo sempre, anzi dobbiamo sempre, riprovarci. Allora sarà veramente Pasqua, lo sarà un po' di più e per tutti. Pasqua lo saremo un po' di più anche noi, lo saremo per noi e lo saremo principalmente per gli altri.

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