Pubblicato il 21/09/2019
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ph. Medici senza Frontiere

La Libia è un porto sicuro. Sicuro come la morte



Mentre sulla Ocean Viking ci sono ancora 182 persone, dopo l’evacuazione ieri di 35 persone salvate nella zona di soccorso maltese, l’Oim denuncia l’uccisione di un migrante di origine sudanese. L’uomo, che faceva parte di un gruppo di 103 migranti appena riportati a terra dalla Guardia Costiera libica, è stato ucciso durante un tentativo di fuga da un colpo di arma da fuoco allo stomaco il 19 settembre scorso nel centro di Abusitta a Tripoli. Come a dire: la Libia è un porto sicuro. Sicuro come la morte.


di Giacomo Belvedere
“Questa vergognosa decisione di lasciare a bordo il resto delle persone salvate - tutte in fuga dalla Libia - dimostra la natura discriminatoria, arbitraria e disumana di un sistema che continua a dare priorità ai giochi politici rispetto alla vita e alla dignità umana”. Lo scrive su Twitter la Ocean Viking, che in questi giorni ha salvato in quattro diverse operazioni 218 persone, dopo che ieri l’equipaggio ha ricevuto istruzioni di trasferire su una nave militare maltese le 35 persone salvate il 19 settembre nella zona di soccorso maltese.


Restano altri 182 sopravvissuti di altri salvataggi - tra cui 14 bambini (una bimba neonata di 8 giorni) e donne incinte -, che rimangono bloccati a bordo, senza un porto sicuro assegnato. Molti sono stati in centri di detenzione, esposti a violenze e insicurezza. L’Ocean Viking ha fatto richiesta di un porto sicuro a Malta e Italia, ma ancora la situazione è in evoluzione.

La Libia si era offerta di portare i migranti nel centro di Choms. Indicazione che Sos Mediterranee e Medici senza frontiere hanno respinto, ritenendo che la Libia non sia un safety place.


“Sicura è la morte”, titolava a luglio “Avvenire”, dopo la strage di profughi nel bombardamento del centro di Tajoura. Un titolo che, nonostante l’ipocrisia di chi finge di non vedere, è purtroppo ancora tragicamente attuale.

A riprova che la Libia non sia un porto sicuro, giunge la drammatica denuncia dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim). Secondo la testimonianza dello staff dell’Oim, che era presente sul luogo della tragedia, un migrante di origine sudanese è stato ucciso da un colpo di arma da fuoco il 19 settembre scorso nel centro di Abusitta a Tripoli. L'uomo faceva parte di un gruppo di 103 migranti appena riportati a terra dalla Guardia Costiera libica, che negli ultimi cinque giorni ha soccorso e portato a terra quasi 500 persone.


I 103 migranti, appena sbarcati, hanno opposto resistenza al trasferimento nei centri di detenzione. Un gruppo di uomini armati ha aperto il fuoco dopo un tentativo di fuga. Il migrante sudanese, colpito allo stomaco, è deceduto nonostante l'intervento immediato dei medici Oim.


“L’uso di armi da fuoco contro civili inermi è inaccettabile in ogni circostanza”, ha detto il portavoce dell’Oim, Leonard Doyle. L’Oim stima siano 5.000 i migranti, inclusi donne e bambini, detenuti in Libia, oltre 3.000 nelle aree di conflitto tra le forze governative e quelle del maresciallo Khalifa Haftar.
L'organizzazione considera la morte del migrante sudanese un “severo promemoria delle gravi condizioni in cui si trovano i migranti raccolti dalla Guardia costiera libica dopo aver pagato trafficanti per essere portati in Europa, solo per poi ritrovarsi nei centri di detenzione”, dove ci sono condizioni “disumane”, come denunciato dall’Onu. 

Come a dire: la Libia è un porto sicuro. Sicuro come le morte.

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