Pubblicato il 09/07/2019
ATTUALITÀ
ph. Andrea Annaloro

Salvini al Cara di Mineo. Noi non ci siamo



Oggi Salvini è al Cara di Mineo. «Il Sette e Mezzo» ha scelto di non esserci. Perché, in fondo, la notizia non c’è. E non solo perché si sa già cosa dirà Salvini, ma perché, chiuso il Cara, restano dolorosamente aperti tutti i problemi del centro menenino. come la polvere che nascondi sotto il tappeto. E dunque abbiamo scelto di non parlare della non-notizia che si vede, per parlare invece della notizia che non si vede: gli “invisibili” del Cara di Mineo, di cui lo Stato non si cura più, e a cui mons. Peri ha offerto un posto dove stare.

di Giacomo Belvedere

Oggi Salvini è al Cara di Mineo per spegnere la spina a quello che è stato il più grande Centro di accoglienza per richiedenti asilo d’Europa. Un evento a cui il Ministro dell’Interno teneva particolarmente. Nella propaganda martellante dell’inquilino del Viminale, che della sicurezza fa la sua parola d’ordine, il verbo “chiudere” ha una forte valenza simbolica: chiudere il Cara, chiudere i porti, erigere muri. È la chiusura all’altro, al diverso, allo straniero, sentito come un pericolo, che surrettiziamente si suggerisce, parlando alla pancia dellelettorato. Chiudere appare la soluzione più facile, un’ossessione claustrofobica dettata dalla paura. E sulla paura, abilmente gonfiata, Salvini sta costruendo le sue fortune elettorali. Sta costruendo sulla sabbia, anche se, ad oggi, i sondaggi gli danno ragione.


SALVINI, DÉJÀ VU - Al Cara di Mineo è stata organizzata dunque una conferenza stampa: non è la prima volta che Salvini usa il centro menenino come trampolino per la sua scalata al potere; e, stavolta, l’occasione è ghiotta, sotto i riflettori delle testate nazionali e non solo. «Il Sette e Mezzo» ha scelto di non esserci. Perché, in fondo, la notizia non c’è. E non solo perché si sa già cosa dirà Salvini: “avevo promesso anni fa che avrei chiuso il Cara di Mineo, e l’ho fatto, perché io sono uno che mantiene le promesse. La pacchia è finita. I porti sono chiusi. L’Italia è degli italiani”. E così via. Non c’è bisogno della sfera di cristallo per indovinare quali slogan inanellerà il Ministro dell’Interno.


LA POLVERE SOTTO IL TAPPETO - Ma c’è una seconda ragione, per cui la notizia non c’è. Salvini chiude il Cara, ma il Cara non sarà affatto chiuso oggi. Intendiamoci: oggi il Cara apparirà vuoto. Abitato solo dalla Forze dell’Ordine e da circa 100 cani randagi, abituati ad un vitto regolare ed oggi ridotti alla fame e divisi in branchi aggressivi in lotta per la sopravvivenza. Ma, ovviamente, ci si è premurati perché nessun ospite superstite venga a guastare la festa al leader della Lega. Tutti fuori. E tra alcuni giorni, verosimilmente a settembre, consegna delle chiavi a Pizzarotti. Il punto è che, chiuso il Cara, restano dolorosamente aperti tutti i problemi del Cara: nessuna prospettiva per i circa 300 lavoratori, a parte vuote ed evanescenti promesse; nessuna prospettiva per gli ex ospiti. Una chiusura che ha un esito assolutamente nichilistico: ma nascondere la polvere sotto il tappeto, non vuol dire che la stanza è pulita.


GLI INVISIBILI - E dunque abbiamo scelto di non parlare della non-notizia che si vede, per parlare invece della notizia che non si vede: gli “invisibili” del Cara di Mineo. Nessuno sa quanti sono, perché non risultano in nessun elenco ufficiale. Sono – spiega nella sua fanpage Facebook MeDU, l’associazione Medici per i Diritti Umani, che ha operato all’interno del CARA per quattro anni – “persone che entravano e uscivano dai buchi delle recinzioni o scavalcando e che cucinavano cibo comprato fuori. La loro esistenza è stata talvolta negata ma oggi, con la chiusura del centro, ecco che sono ricomparsi alla luce del sole”.


C’è chi è stato trasferito dal Cara menenino altrove, ma trovandosi male nei nuovi centri, è ritornato a Mineo; c’è chi lavora in nero delle campagne del Calatino, e non vuole lasciare il lavoro; c’è chi ha rifiutato il trasferimento nelle settimane precedenti e il cui badge è stato conseguentemente annullato. C’è anche chi, per problemi di salute, è rimasto per alcuni giorni fuori dal Cara senza timbrare il badge, fatto che porta all’esclusione automatica. MeDU nota che ci sono anche “pazienti psichiatrici non in grado di orientarsi, che il giorno del loro trasferimento non si sono presentate (è questo il caso di un grave paziente seguito da MeDU)”.


Nel corso dei 4 anni di progetto, MeDU ha assistito circa 450 persone altamente vulnerabili, grazie al finanziamento, tra gli altri del Fondo Volontario delle Nazioni Unite per le Vittime di Tortura. Ultimamente, prima degli ultimi fogli di via, erano circa 40 pazienti assistiti dal team, tra i quali si contavano sopravvissuti a tortura e naufragio, incluso un minore. Molti di loro, oltre a tenere regolari sedute di psicoterapia, assumevano una farmacoterapia prescritta dallo psichiatra del team.


PER SALVINI "ABUSIVI" - A tutti questi “invisibili” si sono aggiunti “i possessori del permesso di soggiorno per motivi umanitari che, a causa del decreto sicurezza, non possono essere trasferiti in altri centri ma solo essere messi alla porta”. Siamo al paradosso: i sospirati “documenti” – quante proteste per ottenerli in questi anni al Cara menenino! -  invece di essere un vantaggio, si rivelano un handicap.

Questa umanità dolente di umiliati e offesi viene sbrigativamente definita dal Ministro dell’Interno “abusiva”. “Svuotato il Cara di Mineo – ha scritto trionfante su Twitter il 3 luglio scorso Salvini -, con il trasferimento di ieri degli ultimi 68 ospiti. Allontanati anche ventisette abusivi rintracciati con ispezioni mirate nella scorsa serata. Martedì prossimo sarò a Mineo per festeggiare l’ennesima promessa mantenuta”. Che fine hanno fatto quei 27 “abusivi”, per i quali lo Stato non offre alcuna soluzione? Questa è la notizia che ci interessa raccontare, andando oltre la facile propaganda e gli slogan precotti. “Sembrano essere invisibili, come polvere sotto il letto”, commenta amaramente MeDU.


ACCOLTI A CALTAGIRONE - C’è chi questi “invisibili” ha scelto di vederli. È il vescovo di Caltagirone mons. Calogero Peri, che si è adoperato per trovare una soluzione. Il vescovo calatino non è nuovo a iniziative del genere.

Mons. Peri si è offerto di ospitare Cara menenino in una struttura della diocesi. Il vescovo calatino non è nuovo a gesti del genere. Lo aveva già fatto quando ospitò a Caltagirone 37 minori eritrei non accompagnati, scampati al tragico naufragio del 3 ottobre 2013 al largo delle coste di Lampedusa. Allora ci fu una gara di solidarietà, sull'onda dell'emozione suscitata dai 368 morti e circa 20 dispersi. Ma oggi il clima è assai più gelido e la solidarietà appare quasi un reato.


SALVINI VS PERI - Il vescovo calatino a dicembre scorso era stato preso di mira da Salvini. “In Italia – aveva dichiarato il vescovo calatino al quotidiano «Avvenire» - specialmente prima delle vacanze estive, passa una bella pubblicità: non è civiltà abbandonare i cani per strada e chi lo fa è punito dalla legge. Invece, abbandonare per strada i migranti o, se sembra troppo forte, ‘accompagnarli’ e lasciarli per strada , è ‘sicurezza’, è legge”. E il leader del Carroccio aveva colto la palla al balzo per montare la polemica: “Dico al vescovo di Caltagirone, che fa paragoni improbabili tra cani e persone, che ci sono CINQUE MILIONI di italiani che vivono in condizioni di povertà assoluta. Essendo il mio stipendio pagato dagli italiani, la mia attenzione va prima a loro”. Polemica che poi era stata rilanciata su Twitter, suscitando gli entusiastici consensi dei suoi, ma attirandosi anche feroci critiche.


MONS. PERI: “IL TEMPO DELLE PAROLE È FINITO” - Ma a mons. Peri non interessano le polemiche né ci sta a passare per un vescovo antisalviniano. E, di fronte all’emergenza dei fuoriusciti dal Cara, ha scelto, senza la grancassa mediatica, di agire. “Il tempo delle parole è finito. Ora bisogna passare ai fatti”, ci spiega. Poi aggiunge: “Il vero problema in Sicilia non sono gli immigrati che arrivano, ma gli emigrati che vanno via”.

Nel centro, su incarico del Vescovo di Caltagirone, assieme al direttore della Caritas, don Luciano Di Silvestro, e a un diacono, Antonino Carfì, opera una suora francescana scalza. Le suora, con l'aiuto di MeDU e di uno psicologo del Cara si è messa alla ricerca degli “invisibili” per offrire intanto una dimora temporanea, togliendoli dalla strada. Si tratta di suora francescana scalza delle Sorelle minori del Cuore Immacolato. Nella comunità religiosa sono in tre: Suor Chiara, Suor Bernarda e Suor Marta, ed ogni giorno si prendono cura delle prostitute nigeriane sulla superstrada Catania-Gela.

La Caritas sta offrendo agli “invisibili” del Cara, oltre ad un letto, anche pasti 3 volte al giorno e la possibilità di iniziare un nuovo percorso di vita grazie alla disponibilità di varie Caritas e sacerdoti sparsi in Sicilia. Sono infatti diverse le diocesi (fra queste Palermo, Catania, Caltagirone e Piazza Armerina) disposte a trovare in seguito soluzioni di accoglienza più stabili.


DOV'È CHI S’È PERSO? -Ma non tutti sono stati ritrovati. Lo racconta su Facebook Samuele Cavallone, coordinatore del Team MeDU in Sicilia. Il team di MeDU si è recato il 6 luglio scorso al Cara di Mineo, per avere notizie di tre migranti con grave disagio psichico (uno seguito da MEDU), che avrebbero dovuto essere ancora all’interno del centro. La sera prima, infatti, “uno psichiatra del DSM di Caltagirone era stato all’interno del Cara per visitare almeno uno di loro ma per nessuno è stato ritenuto necessario attivare un trattamento sanitario obbligatorio. Di qui la sorpresa del Team MeDU nel sentire, la mattina dopo, che il centro era stato ormai completamente svuotato. Che fine hanno fatto le tre persone più fragili, quelle che l'istituzione Cara ha reso "invisibili"?”. Impossibile cercare di entrare al Cara per un ultimo giro di perlustrazione. La struttura è off limits.


ADOU, L'INVISIBILE RITROVATO - Uno dei 3 “invisibili”, Adou, il paziente seguito da MeDU, è stato ritrovato, lungo la statale, seduto su un sasso sul ciglio della strada, all’ombra di un albero e in mezzo ai rifiuti. “È lì seduto – racconta Cavallone - da molte ore. Ha una ferita visibile sulla testa. Racconta di come le forze dell'ordine lo abbiano portato a forza fuori dal centro e lasciato al suo destino”.

Nelle settimane precedenti il team aveva tentato invano  di spiegare ad Adou che nel Cara non poteva più rimanere, perché a breve lo avrebbero chiuso. “Lui ascoltava e poi le sue "insalate di parole" finivano sempre allo stesso modo: lui che si allontanava per andare a nascondersi”.


Stavolta il team è riuscito a convincere Adou a salire in macchina per andare nella “casa nuova”. “La suora che, insieme ad un diacono e al direttore della Caritas locale, sta gestendo questo luogo di umana e gentile accoglienza, non riesce a dire di no all’ospite numero 26. A lui, Adou, il posto piace: grandi spazi, alberi da frutta, vista su dolci colline”.


RESURREZIONE - Adou “viene convinto a fare una doccia. È da almeno 4 mesi che lo vediamo sempre con gli stessi vestiti e le stesse scarpe. Il suo giubbotto invernale è il suo marchio di fabbrica, la sua corazza che lo difende dal mondo. Vorrei potervi descrivere – scrive commosso Cavallone - lo stupore nel vedere Adou uscire dal bagno sorridente, in camicia azzurra e pantaloni grigi. Purtroppo non trovo le parole adatte per farlo. Non ho parole per descrivere la commozione di fronte a quella che ci è parsa la risurrezione di un uomo che abbiamo visto seduto sul suo personale Golgota solo 2 ore prima, lungo la statale della sua Passione”.

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10/07/2019
È commovente questa solidarietà e umanità! Un grazie di cuore al Vescovo di Caltagirone, a Papa Bergoglio e alla sua chiesa, un grazie alle suore e al lavoro di MeDU. Ho fatto il consulente psichiatra per anni al Cara di Mineo e ho raccolto le tante sofferenze violenze abusi e torture subite dai migranti riusciti a sopravvivere al deserto,alle prigioni libiche e al mare mediterraneo prima di approdare in Italia. Delle migliaia di morti per strada rimane l'anonimato o i ricordi raccontati tra le lacrime dei sopravvissuti. Avrei tante cose da raccontare sulle dolorose storie raccolte e scritte nelle cartelle cliniche. Che rabbia la crudeltà e disumanità continuamente ostentata dal ministro Salvini che tocca la disperazione di tanti italiani trasformandola in odio e aggressività verso i più deboli, gli immigrati, criminalizzati perché colpevoli di esistere e di cercare una vita migliore sf
sunnyday10