Pubblicato il 18/04/2017
ATTUALITÀ

Mafia Capitale al Cara di Mineo, Odevaine patteggia: sei mesi



La pena inflitta oggi si pone in continuità con quella a 2 anni e 8 mesi del tribunale di Roma: e dunque il consulente multitasking del Cara di Mineo dovrà scontare complessivamente 3 anni e 2 mesi.

Sei mesi di reclusione, per turbativa d’asta e falso, a Luca Odevaine. La sentenza di condanna è stata emessa dal Gup di Catania Santino Mirabella. Il factotum del Cara di Mineo, l’uomo di Mafia Capitale, aveva chiesto il patteggiamento. Odevaine è stato già condannato a 2 anni e 8 mesi, in relazione ad un appalto del Cara di Mineo e nell’ambito dell’inchiesta romana, il 3 novembre scorso per corruzione. La pena inflitta oggi si pone in continuità con quella del tribunale di Roma: e dunque il consulente multitasking del Cara di Mineo dovrà scontare complessivamente 3 anni e 2 mesi.

ESPERTO MULTITASKING AL CARA – Odevaine al Cara di Mineo aveva un ruolo strategico: seduto sin dal 2011 in tutte le commissioni che hanno aggiudicato i tre appalti per la gestione dei servizi al centro di contrada Cucinella,  era stato in ultimo – prima di essere arrestato – incaricato dai responsabili del centro di tenere i rapporti col Ministero dell’Interno e intercettare flussi di denaro provenienti dai Fondi europei.

Al Cara di Mineo Luca Odevaine dimostra una versatilità camaleontica: ricopre, dal 2011 al 2014, alternativamente o a volte contemporaneamente, le funzioni di consulente, supervisore, responsabile dei rapporti istituzionali, dipendente part time per la gestione dei fondi europei. Ma soprattutto è stato senza soluzione di continuità membro di tutte le commissioni che hanno assegnato dal 2011 al 2014 gli appalti per la gestione dei servizi nella mega struttura menenina. Una posizione assolutamente cruciale, dunque, rafforzata dall’essere negli stessi anni seduto, come rappresentante dell’Unione Province Italiane, al tavolo di coordinamento nazionale per l’immigrazione. Con un piede saldamente a Roma e uno a Mineo, secondo l’accusa che ha portato al suo arresto per corruzione aggravata, Odevaine riusciva a orientare verso le coop di Carminati e Buzzi i flussi dei migranti transitanti da Mineo, ricevendone in cambio lauti compensi. Chi lo ha voluto al tavolo romano e al centro menenino è stato l’uomo forte di Angelino Alfano in Sicilia orientale: l’attuale sottosegretario all’Agricoltura Giuseppe Castiglione, che lo ha nominato in forza del suo duplice ruolo di presidente dell’Upi (dall’11 dicembre 2009 al 31 ottobre 2012, quando rassegna le dimissioni da Presidente della Provincia di Catania per potersi candidare alle elezioni politiche del 2013) e soggetto attuatore, dal 28 giugno 2011, del Cara di Mineo.

A Odevaine, secondo quanto dallo stesso riferito, si deve anche l’invenzione del Consorzio dei comuni, quale stazione appaltante che ha gestito l’assegnazione dell’ultimo appalto triennale del 2014, da 97 milioni, scaduto quest’anno.  

Secondo quanto risulta dai verbali dell’interrogatorio avvenuto nel carcere di Torino il 7 luglio 2015, e pubblicati dal Corriere della Sera e dal Sole 24 ore, Odevaine ha ammesso di aver intascato 10.000 euro al mese dalla cooperativa La Cascina (dalle intercettazioni risulta che avrebbe chiesto un “aumento” sino a 20.000, dato il maggior numero di migranti nel Cara di Mineo), che è una delle coop che si sono aggiudicate l’appalto milionario per la gestione del Centro richiedenti asilo di Mineo, in Sicilia. E ha rivelato i retroscena che portarono alla gara del 2011 per l’aggiudicazione del primo appalto per la gestione e le forniture al mega centro di Mineo. La madre di tutte le gare che si sarebbero susseguite in seguito, ricalcando, con alcune variazioni tattiche nel terzo appalto del 2014 che non ne cambiano la sostanza, sempre lo stesso schema: un appalto cucito su un general contractor in grado di offrire un pacchetto all inclusive, dall’immobile, alla ristorazione, ai servizi alla persona, alla sanità.

L’APPALTO CUCITO – Nel 2011 Odevaine sbarca in Sicilia e, secondo le intercettazioni dei Ros ha un incontro con Castiglione e un misterioso personaggio che avrebbe dovuto vincere la gara. Il Cara siciliano, divenuto nel frattempo una mega struttura con migliaia di ospiti, è diventato un piatto sin troppo ghiotto su cui l’organizzazione Mafia capitale intende allungare i suoi tentacoli, confidando – come rivelano le indagini di “Mondo di Mezzo” – nella sua longa manus Luca Odevaine.

Castiglione, secondo quanto afferma Odevaine nell’intercettazione col commercialista Stefano Bravo, sarebbe andato a prenderlo all’aeroporto di Catania e lo avrebbe portato a pranzo: «C’era pure un’altra sedia vuota… dico eh “chi? E praticamente arrivai a capire che quello che veniva avrebbe dovuto vincere l’appalto». Oggi si sa – da quanto emerso dall’ultimo interrogatorio – che la sedia vuota era per Salvo Calì, presidente del consorzio Sisifo.

«Castiglione – si legge nei verbali dell’interrogatorio – non mi disse esplicitamente che Sisifo doveva vincere la gara, ma io capii perfettamente anche perché accompagnandomi all’aeroporto mi disse che Sisifo era per lui il gruppo più adatto a gestire Mineo; mi disse che erano cooperative di centrosinistra, e quindi lui non aveva un interesse politico, ma li promuoveva perché li considerava capaci. Mi disse anche che vi era una esigenza politica primaria di favorire cooperative operanti sul territorio».

«In realtà – ammette Odevaine ai pm – il bando era stato scritto in modo da rendere certa la vittoria dell’Ati [associazione temporanea di imprese, ndr], in particolare inserendo un punteggio aggiuntivo per l’Ati che comprendesse cooperative operanti sul territorio». Bisognava dar conto ai “siciliani”, Sisifo e Sol Calatino, ma Odevaine propose di allargare l’affare alla Cascina, potente coop della ristorazione legata a Comunione e Liberazione. Secondo alcune intercettazioni riferite dalla stampa nazionale, Odevaine avrebbe confidato di aver fatto da mediatore per far entrare La Cascina nell’affare della gestione del Cara di Mineo, perché «se non se fa una roba che c’abbia una sua professionalità rischiamo un disastro». La “roba” fatta con professionalità sarebbe quella di «creare un gruppo forte (…) che sta roba qua vince». Il suo piano è chiaro: «Castiglione – afferma – si è avvicinato molto a Comunione e Liberazione, insieme ad Alfano, e adesso CL di fatto sostiene strutturalmente tutta questa roba di Alfano e del centrodestra (…) sono tra i principali finanziatori di tutta questa roba […], io li ho messi insieme, e si è strutturata questa roba, dopodiché abbiamo fatto questa cosa di Mineo». Una sorta di replica in salsa siciliana, del patto di ferro tra coop bianche e rosse che si spartivano al 50% gli affari nella capitale. «La decisione – si legge nei verbali del 7 luglio 2015 – fu presa congiuntamente da Paolo Ragusa, da Castiglione, da me e da Giovanni Ferrera, il quale era anche il responsabile del procedimento».

La Procura distrettuale di Catania aveva chiesto il rinvio a giudizio di 17 persone per turbativa d’asta nell’ambito dell’inchiesta sulla concessione dell’appalto dei servizi, dal 2011 al 2014, al Cara di Mineo, e per reati amministrativi del Sol.Calatino. Tra loro, oltre a Luca Odevaine, il sottosegretario all’Agricoltura, Giuseppe Castiglione, in qualità di soggetto attuatore del Cara,, il sindaco di Mineo, Anna Aloisi, ex presidente del consorzio dei Comuni “Calatino Terra d’ Accoglienza”; l’ex direttore del consorzio, Giovanni Ferrera; gli ex vertici dell’Ati interessati. La richiesta di rinvio a giudizio era stata avanzata dal procuratore Carmelo Zuccaro e dai sostituti Raffaele Vinciguerra e Marco Bisogni. Al centro dell’inchiesta le gare d’appalto per la gestione dei servizi del Cara fra il 2011 e il 2014, intervallata da sette proroghe avallate da un protocollo con la Prefettura di Catania. Il sottosegretario all’Agricoltura, Giuseppe Castiglione, ha chiesto ed ottenuto di essere giudicato dal Gup Santino Mirabella con rito immediato.

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