Pubblicato il 12/12/2018
ATTUALITÀ

Cara di Mineo, il direttore: “Basta chiacchiere. Ancora nessuno costretto a lasciare il centro”. Non ancora...



A Magnano “non piace la legge Salvini”, ma - dichiara il neo direttore del Cara di Mineo - “È inammissibile che fino a quando non si definisce una pratica l'ospite debba restare in accoglienza. Deve trovarsi un lavoro, affittarsi una casa e vivere come ogni altro cittadino”. Come possa farlo da clandestino, non è dato saperlo.

di Giacomo Belvedere

“Sostengo il buon senso per il bene comune”: è il motto con cui si autodefinisce Francesco Magnano, nuovo direttore del Cara di Mineo, al timone del centro di Contrada Cucinella da ottobre, da quando, cioè, espletata la gara d’appalto, è subentrata la nuova gestione. Ma, si sa, la strada dell’inferno è lastricata di buone intenzioni e per il neo direttore del più grande centro d’accoglienza d’Europa, i primi mesi da neofita nel centro di contrada Cucinella, se non sono stati un inferno, certo sono stati un autentico purgatorio. Il malumore all’interno dell’ex Residence degli Aranci serpeggia e cresce, tra gli ospiti e gli operatori, e già due volte si è palesato in aperta protesta: il 22 ottobre, all’indomani del cambio di gestione, e, a quasi un mese esatto, il 21 novembre scorso. “Oggi c'è un problema al campo del Cara di Mineo tra il nuovo direttore e gli stranieri - hanno scritto i migranti sui social il 22 ottobre, postando il video della protesta, in cui si vede Magnano che, scortato in tutta fretta, si dirige gli uffici interni, mentre la folla degli ospiti del centro rumoreggia e inveisce contro di lui  - Veramente siamo molto stanchi delle sue leggi”. E ancora, durante la protesta del 21 novembre: “Siamo solo migranti, non criminali - si leggeva in un cartello. Per favore, aiutateci ad avere i documenti e i nostri biglietti per il viaggio. Noi potremmo essere un bene per l'Italia.


LE PROTESTE - A scatenare le proteste la riduzione dei servizi prestati agli ospiti della struttura, a seguito dei tagli sul personale, decisi dalla nuova gestione del centro di contrada Cucinella.  Al Cara di Mineo, infatti, va di moda la spending review. La coop Badia Grande ha vinto il primo lotto a prezzi stracciati. Con conseguenze prevedibili sul personale e sulle prestazioni offerte. Con il nuovo capitolato d’appalto si risparmia, infatti, sulla voce del personale, ridotto di due terzi, con 160 dei 299 lavoratori rimasti a casa, si elimina la compresenza degli operatori in turno e si riducono tutti i servizi di integrazione sociale (l’assistenza all’infanzia, il “punto mamma” per le famiglie, il potenziamento dell’insegnamento della lingua, la frequenza nella scuola pubblica...) e di assistenza sanitaria. Si è risparmiato anche sui pasti, forniti precotti, senza tener conto delle intolleranze alimentari e della dieta più consona alle abitudini alimentari dei migranti. Era assai prevedibile che si sarebbero agitate le acque.


I migranti lamentano inoltre  il clima di criminalizzazione, che si respira nei loro confronti, e chiedono lo snellimento delle pratiche per il permesso di soggiorno, che li costringono a stare a volte per anni nel limbo del Cara. Chiedono che venga, come prima, pagato il viaggio a chi ha ottenuto i documenti, in modo che possa andare via. Le ditte che svolgevano il servizio trasporto vantano crediti di migliaia di euro dalla passata gestione, crediti che tuttavia prima o poi si ricuotevano, ma oggi chi termina la sua permanenza al Cara deve arrangiarsi da sé per spostarsi altrove.

Non è un mistero che per il titolare del Viminale la pratica Cara di Mineo vada chiusa al più presto. La strategia di Salvini appare chiara: far morire il Cara di Mineo di consunzione, prosciugando i fondi. Per tali ragioni, ad esempio,  il Ministero dell'Interno ha stoppato la procedura, già avviata di gara curata da Invitalia, per l’affidamento dei servizi di manutenzione ordinaria e degli interventi straordinari da atti vandalici relativi a tutte le strutture e gli impianti presenti all’interno del Cara di Mineo. Un improvviso e drastico intervento a gamba tesa. Si trattava, inizialmente, di un appalto non suddiviso in lotti, in ragione dell’autonomia funzionale del lotto, della durata di 36 mesi, per un importo pari a euro 4.972.985, 58 oltre Iva e oneri di legge se dovuti. Ma dopo lo stop, il Viminale ha ridotto l’appalto alla durata di un solo anno per un importo d’asta di euro 1.059.125, 27, meno di un terzo della somma inizialmente stabilita. Non è dato sapere, inoltre, se, concluso l'anno, l'appalto sarà rinnovato negli anni avvenire. Il tutto significa meno soldi e meno ossigeno per il centro menenino. L’obiettivo è  svuotarlo progressivamente, sino ad arrivare al di sotto di una soglia che non permetterebbe più la sua sussistenza.


E pazienza per chi perde il lavoro. Sulle intenzioni del Governo fa luce un'altra vicenda: i lavoratori del Cara licenziati, hanno avuto, il 12 ottobre scorso, un'interlocuzione con il sottosegretario agli Interni Carlo Sibilia, del M5S, in visita a Caltagirone. Al di là delle espressioni di solidarietà di circostanza, la risposta sembra inequivocabile e non lascia adito a illusioni: “meno migranti, meno operatori”. Come a dire: il Cara nato dall'emergenza non ha più ragion d'essere finita l'emergenza. Con buona pace per chi ha perso il posto di lavoro.

IL CARA DOPO IL DECRETO SALVINI - In questi giorni si sono rincorse le voci dei primi fogli di via, circa 90, decisi dalla Prefettura di Catania,  in applicazione del nuovo Decreto Sicurezza. Si tratta di ospiti in possesso del cosiddetto permesso umanitario che, per effetto del cosiddetto Decreto Salvini, dall’oggi al domani non posseggono più i requisiti per stare al Cara. Allontanamenti forzati dal centro di Contrada Cucinella che poi sono stati temporaneamente rinviati e che tuttavia hanno destato l’allarme preoccupato delle organizzazioni umanitarie. È intervenuto in prima persona, contro il Decreto Sicurezza, anche il vescovo di Caltagirone  mons. Calogero Peri, che si è offerto di ospitare 40 fuoriusciti dal Cara in strutture della diocesi. “In Italia – ha dichiarato il vescovo calatino al quotidiano Avvenire - specialmente prima delle vacanze estive, passa una bella pubblicità: non è civiltà abbandonare i cani per strada e chi lo fa è punito dalla legge. Invece, abbandonare per strada i migranti o, se sembra troppo forte, ‘accompagnarli’ e lasciarli per strada , è ‘sicurezza’, è legge”.  


NON MI PIACE SALVINI MA... - Il direttore Magnano, a questo punto, strattonato da tutte le parti, è insorto. “Basta chiacchiere. Ancora nessuno costretto a lasciare il Cara di Mineo”, ha sbottato seccamente sul suo profilo FB ieri. Una dichiarazione stizzita che lascia presupporre l’enorme pressione che il direttore del centro menenino sente su di sé. Tre mesi al Cara di Mineo devono pesargli come macigni. Nel suo curriculum non deve essergli mai capitata una rogna così. Magnano, con un passato di commissario cittadino dell’Italia del Valori a Siracusa,  ha già diretto due centri Sprar, un Cara per minori stranieri non accompagnati e ultimamente era stato alla direzione del Cara Don Bosco di Noto. Niente di paragonabile al mega centro menenino.


Sul decreto Salvini il neo direttore, da cultore del “buon senso” si esprime con una massima salomonica. “Voglio essere definitivamente chiaro” – ha dichiarato quest’anno, il giorno dell’Immacolata. “Non mi piace la legge Salvini sulla cancellazione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, nemmeno però mi pare giusto immaginare una permanenza in accoglienza senza fine”. Quindi ci dà la spiegazione di un’affermazione che potrebbe a prima vista apparire come il classico colpo al cerchio e alla botte: “Il cittadino straniero – continua Magnano - deve costruire un futuro di indipendenza dall'assistenzialismo. È inammissibile che fino a quando non si definisce una pratica l'ospite debba restare in accoglienza. Deve trovarsi un lavoro, affittarsi una casa e vivere come ogni altro cittadino. L'accoglienza è sacra, ma l'educazione alla vita lo è altrettanto. Dunque dopo un congruo periodo di permanenza nei centri di accoglienza, gli ospiti devono eccome intraprendere la loro strada. Questo è un sistema sociale inclusivo e maturo. Questo è il mio punto di vista”. Forse è troppo chiedergli come possano i migranti, da clandestini, “intraprendere la loro strada”, “trovarsi un lavoro, affittarsi una casa e vivere come ogni altro cittadino”. Da clandestini per legge, non per scelta. Una domanda forse troppo impegnativa, per il "buon senso" del direttore Magnano. E tuttavia, non vorremmo che con le buone intenzioni del direttore del Cara di Mineo si possa davvero lastricare la strada dell’inferno.

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